Kirghizistan in rivolta

Gravi scontri nella giovane repubblica centroasiastica. L'opposizione, guidata dalla signora Roza Otunbayeva, sembra avere preso le redini del Paese. Intervista al nostro console onorario, il dott. Giorgio Fiacconi.
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«Quando il troppo è troppo, la rivolta scoppia inevitabilmente. Vi erano stati due aumenti delle tariffe nel settore energetico ed era previsto un terzo aumento, dell’ordine del 100 per cento! La gente non ce la faceva più, per una questione di sopravvivenza economica. La miccia è stata certamente accesa dall’opposizione, ma la ragione è stata sostanzialmente economica».

 

Il dott. Giorgio Fiacconi è console onorario italiano in Kirghizistan. L’abbiamo raggiunto qui in Italia, dove è di passaggio. Conferma la situazione di confusione che esiste nel Paese (si parla di un centinaio di morti) e l’incertezza sulla sorte dei governanti. «Le manifestazioni sono concentrate nel nord e ad est – spiega a Città Nuova –, mentre il sud è tranquillo. Guarda caso è la regione da cui viene il presidente. Maxim Bakiev, l’onnipotente figlio del presidente Kurmanbek, e diversi ministri sono negli Stati Uniti, perché oggi ci doveva essere un incontro a Washington, ma gli americani lo hanno cancellato ieri sera. Dove sia il presidente nessuno lo sa, probabilmente è fuggito al sud, la sua regione».

 

Le radici del problema sono lontane: «Il Paese non sa veramente cosa sia la legge, e le istituzioni si confondono con gli interessi privati e di clan. Lo spirito nomade e l’atavica cultura del clan e dell’interesse personale è sempre prevalsa su tutto. Si spera finalmente che la legge possa una volta per sempre prendere il sopravvento e trasformare il Paese in una repubblica moderna».

 

Fiacconi non ha dubbi: «Alla fine la base americana rimarrà, le decisioni verranno prese fuori del Kirghizistan e probabilmente la situazione vedrà un nuovo avvicinamento tra Russia e Stati Uniti nel nome del terrorismo e della guerra in Afghanistan. Se gli Stati Uniti perdono a Kabul, anche la Russia perde, e questo non lo vuole certamente nessuno».

 

Il quadrunvirato che guida attualmente lo schieramento che ha preso il potere è composto da Roza Otunbayeva, nota personalità politica del Paese; da Tekebayev, che potrebbe diventare il nuovo presidente, già speaker del parlamento, poi accantonato con false accuse, un insegnante non ricco e non compromesso; Atambaev, ripescato tempo fa da Bakiev, che attirava gente dell’opposizione nel suo girone, e che così è stato premier per un anno prima di cadere nuovamente in disgrazia; Saariev, altro elemento molto attivo, la figura forse più oscura dei quattro. «Le tendenze filo americane e filo russe sono presenti in questo quadrunvirato, e c’è la chiara prospettiva di un compromesso, che potrebbe fare il bene del Paese».

 

Come al solito si parla molto della Russia. L’avvicinamento tra la Nato e la Shanghai cooperation, sancita recentemente anche dalle Nazioni Unite, non piace troppo a Mosca , che rivendica la regione come una sua zona d’influenza. «Alla fine gli americani rimarranno con la loro base e i russi continueranno ad esercitare la loro influenza, perché il Kirghizistan è un piccolo Paese senza risorse ma geopoliticamente è ben piazzato».

 

Continua Fiacconi: «La rivoluzione chirghisa (io l’ho chiamata “Easter Revolution”, rivoluzione di Pasqua) non è ancora una guerra civile, ma lo potrebbe diventare se non ci si muoverà in fretta». Il dott. Fiacconi ha numerosi contatti in tutto il Kirghizistan per via delle sue attività. Registra così un pericolo: «A Jalal Abad, dove ho un cantiere, la situazione è normale; ma c’è già chi dice che i Bakiev, padre e fratello, stiano ammassando 50 mila persone per marciare su Bishkek. Non credo che questo sia possibile, ma i tentativi non mancheranno e le destabilizzazioni sono sempre possibili».

 

Ma ora c’è da guardare avanti: «Diamo alla nuova opposizione qualche settimana e speriamo che la situazione si normalizzi. Nel frattempo saccheggi e distruzioni sono andati avanti, ma presumo che entro questa settimana ci si fermerà».

 

Ho cercato di contattare amici e conoscenti in Kirghizistan. In tutti ho avvertito una grande paura per le violenze scoppiate, per i saccheggi che continuano, per l’incertezza del futuro. C’è reticenza nel parlare al telefono, i trascorsi comunisti incutono ancora timore… Mi dice ad esempio un artista locale: «Siamo immersi in una notte pericolosa. Siamo stanchissimi e non riusciamo a dormire, con questa gente che uccide senza ragionare. Ci sono molti morti nella zona dove abito, temiamo pogrom notturni. E non abbiamo nulla con cui difenderci. Siamo nel XXI secolo o nel Medio Evo?».

 

Ma, come sempre, il Kirghizistan si risolleverà: ha risorse notevoli e insospettabili.

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