Katy contro Lorde, piccole guerre pop

Sul fronte del pop la conquista dell’avamposto più trendy è sempre vivacissima. Per quest’estate il nome più in vista sembrava quello di Katy Perry, una californiana trentaduenne con un curriculum da record e un nuovo album sui mercati. Ma ad insidiarla ecco l’appena ventenne neozelandese Lorde: con Melodrama, un album che ha già stregato la critica di mezzo mondo scalzando la Perry da molte top ten, Italia compresa.
Lorde all'Hurricane Festival di Scheessel, in Germania, il 24 giugno 2017. Foto: Sebastian Gollnow/picture-alliance/dpa/AP Images

Fino a ieri Katy Perry sembrava avere in pugno la leva per far saltare il banco del music-business di questa torrida estate 2017. Il suo nuovo Witness era subito balzato in testa alle classifiche, forte di un successo pregresso che l’aveva vista avvicinarsi al trono del pop a suon di record: tanto per dirne un paio, la signora vanta più di cento milioni di follower su Twitter ed ha già raggiunto la folle cifra di 18 miliardi di ascolti in streaming.

Il punto è che il suo nuovo album ha fatto storcere il naso a molti fan e a gran parte della critica: troppo banale nelle sonorità (nonostante lo stuolo di produttori che l’hanno assemblato), melodie gradevoli ma non irresistibili, l’ambizione di fare un album intriso di riferimenti socio-filosofici, fuori luogo per un prodotto così smaccatamente pop. Insomma, un album più tattico e routinario che attraversato dalla passione e dall’ispirazione. E i mercati, dopo l’ovvio boom della prima settimana, stanno reagendo con inopinata freddezza. È pur vero che la signora e i suoi spin-doctors avevano concepito l’operazione soprattutto in funzione del megatour planetario (un’infinità di date, tant’è che in Italia arriverà solo nel giugno del 2018): ovvero, per chi oggi può permetterselo, il modo migliore per far soldi con la musica.

Comunque sia, Witness non sta rispettando le promesse e le premesse, e intorno al trono femminile del pop c’è ancor più ressa del solito: oltre alle solite Madonna e Lady Gaga, le varie Shania Twain, Adele Shakira, la giovane Halsey, Ariana Grande (dal New Jersey con sangue italiano nelle vene, visto che di cognome fa Frangipane); e potremmo proseguire con la sempre agguerritissima pattuglia delle black-lady, prima tra tutte Beyoncé. Ma il nome davvero emergente è quello di Ella Marija O’Connor, in arte Lorde.

La fanciulla ha un approccio più cantautorale e minimalista rispetto a Katy, e maneggia l’elettronica e la dance in modo meno prevedibile di molte colleghe; sicché il suo nuovo Melodrama suona ben più fresco e moderno. Alle spalle aveva un album, Pure Heroine, col quale appena sedicenne avevo debuttato alla grande: cinque milioni di copie vendute in tutto il mondo. Benedetta addirittura dall’endorsement di David Bowie, questa giovane neozelandese ha tuttavia fatto non poca fatica a gestire un successo tanto eclatante senza lasciarsene travolgere; ma questo nuovo lavoro dimostra che ha saputo reagire, riprendendosi la propria vita e pensando con la calma necessaria il delicatissimo second-out. Una scommessa vinta grazie a un sound sempre più maturo e personale, dove si canta di un amore finito e di nuove gioie, in un pugno di nuove canzoni che certamente fanno ballare, ma funzionano bene anche in auto, sotto l’ombrellone, o come sottofondo d’atmosfera.

Lorde insomma rilancia, mentre la Perry dà più l’impressione di voler soprattutto monetizzare consolidando la propria popolarità. Ma sotto i lustrini del pop la ripetitività paga di rado, e nonostante la tournée monstre non è affatto detto che tra qualche mese non sia costretta a ripensare la propria carriera su nuove basi. Staremo a vedere, e a sentire.

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