Joost Willemze, la musica inizia dove finiscono le parole

Intervista al giovane musicista olandese che vinto numerosi premi e riconoscimenti, tra i quali il concorso nazionale "Principessa Cristina" all’Aia

Incontrare un artista è sempre un’avventura dello spirito capace di offrire orientamenti e sguardi nuovi sulla realtà, ancor più se questo artista è giovane. Aver conosciuto l’artista olandese Joost Willemze e partecipare ad un suo concerto ha acceso in noi una dimensione di bellezza nuova della musica.

Il concerto tenutosi a Villa Falconieri in Frascati e promosso dall’Accademia Vivarium  ci ha coinvolti a tal punto da desiderare un rapporto più ravvicinato con l’artista il quale è stato ben felice di concederci questa intervista.

Come è nata la tua passione per la musica?

I miei genitori hanno voluto dare a me e ai miei fratelli, fin da piccoli, un’educazione musicale. Avevo 6 anni quando mi portarono in un istituto della mia città che proponeva giornate aperte. Nell’istituto c’erano varie stanze, in ogni stanza uno strumento. Io entrai nella prima e vi trovai l’arpa. Ne scelsi una, abbastanza piccola adatta a me ed ho subito cominciato a far scorrere le dita sulle corde. E’ cominciata così la mia avventura della musica con l’arpa.

Non hai avuto ripensamenti?

Per la verità dopo il primo anno di studi mi venne la curiosità di provare altri strumenti, ma la mia professoressa di allora mi distolse, dicendomi che io davo risultati eccellenti con l’arpa per cui mi consigliava di andare avanti. Sono anni in cui non si può avere ancora la coscienza di una scelta definitiva. A 11 anni c’è stato un momento significativo in cui ho sentito che suonare l’arpa era quello che avrei voluto fare. Nel suonare riuscivo a dare il meglio di me e mi sentivo trasportato da quel flusso di note. Avrei capito dopo che si stava manifestando un talento e che io riuscivo a esprimerlo.

Come hai vissuto il tuo impegno artistico nell’adolescenza?

Pur avendo vissuto nell’adolescenza quel normale travaglio che vivono tutti i giovani, quando mi sentivo un po’ triste nella musica trovavo serenità, mi sentivo bene. Per cui in quegli anni essa è diventata per me il rifugio ed ho superato bene quel periodo. Aver scoperto in me questo talento e avendo cercato di corrispondergli ho trovato stabilità nella mia vita. Mettere a frutto i propri talenti riempie la vita di senso, e si superano momenti di incertezza e di difficoltà.

Oggi a soli 22 anni hai già vissuto esperienze artistiche in tanti teatri del mondo. Non avverti il peso di una carriera esplosa così presto?

L’artista se vuole vivere bene la sua esperienza deve possedere una virtù: l’umiltà. Vivere con umiltà ti impedisce di chiuderti nel proprio ego autoesaltandoti. Essere umili, sapere che anche se hai scoperto il tuo talento, ti metti a servizio di esso per cercare di donare agli altri l’armonia, la bellezza, sapendo che c’è sempre da imparare e migliore. E continui a studiare e a perfezionare le tue capacità.

Quale esperienza interiore vivi durante un concerto?

Domanda molto difficile. Non si può dire sempre quello che si sperimenta quando si suona. Si dice che la musica inizia dove finiscono le parole. Una mia professoressa mi diceva sempre: quando suoni, immagina una storia…Ci ho provato ma non funzionava…Io non avevo bisogno di una storia; era il fluire della musica che mi travolgeva ed io ero felice di essere travolto da quel fiume di note.

Che rapporto vivi con il pubblico quando suoni?

La riuscita di un concerto dipende molto dal pubblico. Se non si crea una sorta di reciprocità tra artista e pubblico, il concerto non tocca i cuori, è freddo. Come pure è molto diversa l’esperienza che fai se tu suoni per poche persone o se hai davanti a te mille persone.  Nel primo caso è qualcosa di molto personale  per cui occorre  un rapporto stretto con quelle persone che sono accanto a te, quasi una comunicazione diretta. Con mille persone invece sei chiamato a realizzare una sorta di unità fra quelle persone, e la musica può farlo. Sei tra mille ma ti senti unito agli altri…Si crea un’atmosfera particolare e tu che suoni avverti la risposta del pubblico e questa risposta è per te linfa vitale che ti stimola a dare ancora di più.

Dal punto di vista artistico che significa donarsi?

Significa suonare non per la propria gloria, non per dire vedete come sono bravo, ma per dare una gioia al pubblico cercando di essere all’altezza, cercando di dare il meglio di sé, della propria interiorità in quel preciso momento.

Oggi c’è una tendenze eccessiva alla meritocrazia, ad acquistare primati, a raggiungere posizioni eccellenti e questa tendenza nell’arte è molto spinta e nasce spesso una vera e propria lotta per raggiungere primati.

Il pericolo più grande che corre l’artista è quello di dar valore assoluto al proprio talento e porre in secondo piano i talenti altrui. Non amo la competizione, anche se come artista devo farmi conoscere e l’unico modo che oggi c’è, è quello di partecipare a questi concerti che alla fine stilano una classifica e consegnano trofei. Anch’io ho conquistato questi trofei, ma sinceramente penso che la competizione tra i talenti non è qualcosa di positivo.

Pensi che l’arte possa dare un contributo per la fraternità e la pace nell’umanità?

La musica dà pace, porta pace interiore, anche quando suoni brani turbolenti tu avverti che le emozioni interne si placano, si incanalano in una visione unitaria e pacifica. Dare più importanza all’arte, ad ogni vera espressione artistica sicuramente contribuisce alla pace.  Anche perché l’arte parte dall’anima dell’artista: donare ciò che viene dalla propria interiorità dà serenità e pace. Una grande orchestra è simbolicamente espressione di armonia e di unità e quindi di pace, e ogni componente dà il proprio contributo; diversi talenti, diverse espressioni fuse in unità.

traduzione dall’olandese di Desirée Grootartiste

 

Joost Willemze (1996) suona l’arpa sin dall’età di sette anni: nel 2008 ha iniziato gli studi con Erika Waardenburg all’Academie Muzikaal Talent. Ha vinto numerosi premi e riconoscimenti: è arrivato primo nella finale nazionale del concorso ‘Principessa Cristina’ all’Aia. Nel 2015, ha vinto il secondo premio al concorso George Gershwin international music competition a New York. Più recentemente ha anche vinto il primo premio al Portuguese International Harp Competition di Porto e Suoni d’ Arpa a Saluzzo.È anche stato diverse volte solista in concerti televisivi.

Dà concerti con grande frequenza in Olanda e all’estero: quelli più recenti sono stati al Dutch Harp Festival e al Canal festival di Amsterdam, alcuni pezzi alla radio, e al Rio harp festival in Brasile. In Italia ha suonato più volte: tra l’altro in due concerti tenuti a Roma, rispettivamente presso il Ministero della pubblica istruzione alla presenza dell’allora Ministra Stefania Giannini e presso il Ministero dei beni e delle attività culturali del turismo. Partecipa salle attività artistiche dell’Accademia Vivarium a Villa Falconieri in Frascati (Roma).

 

 

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