Jacques Le Goff, l’uomo che ha raccontato l’alba dell’Europa

È scomparso a novant'anni lo storico francese che con i suoi studi e la sua passione ha riempito di luce e di colore il Medioevo
Lo storico Jacques Le Goff

È scomparso a novant'anni Jacques Le Goff, storico francese che con i suoi studi e la sua passione ha riempito di luce e di colore il Medioevo. E se l’espressione “per ogni anziano che muore, è una intera biblioteca che brucia” è vera per ogni essere umano, lo è straordinariamente per Le Goff, intellettuale di grandissima cultura e di generosa umanità, studioso dell’École pratique des hautes ètudes di Parigi, uno dei più grandi storici contemporanei.

Difficile pensare di fare a meno della sua intelligenza, della vastità della sua cultura, del suo amore per il nostro tempo. Perché Jacques Le Goff era tutto fuorché un topo di biblioteca ripiegato a coltivare carte, date e dettagli storici. Era un narratore di storie, un disegnatore di ritratti, un ricercatore di nessi di senso in grado di spiegare all’uomo contemporaneo la propria origine, di quale storia faccia parte, dove stia andando.

Gli siamo debitori per avere infranto il pregiudizio di un Medioevo come età oscura, terra di mezzo tra la fine dell’Impero Romano e i fulgori del Rinascimento. È grazie ai suoi studi in controtendenza che oggi siamo in grado di collocare la singolare nascita della città europea – e dunque dell’Europa – proprio nel frangente di dissoluzione del grande impero e l’alba del Medioevo. Il magistrale racconto delle origini che ne fanno rispettivamente Jacques Le Goff nel libro Il cielo sceso in terra. Le radici medievali dell’Europa e negli stessi anni Leonardo Benevolo nel libro La città nella storia d’Europa prende le mosse esattamente da questo momento insieme tragico e di rinascita. Da una fine, un nuovo inizio. Nel Medioevo questi studiosi collocano la nascita, l’infanzia e la giovinezza d’Europa.

«Come un’araba fenice, la città medievale risorge dalle ceneri dell’impero romano devastato dalle invasioni barbariche. La rinascita arriva con il cristianesimo: intorno ai vescovi si ricostituisce un centro di autorità e di potere. Con la rivoluzione agricola e commerciale dei primi secoli del secon­do millennio, la città vede moltiplicarsi monumen­ti, case, strade e piazze per accogliere una popola­zione sempre più numerosa che affluisce dalle campagne» (La città medievale, 2011).

Solo ripercorrendo le sue strade tortuose e imbat­tendosi negli uomini e nelle donne che la popolano si comprende come questa figlia del Medioe­vo, la città, sia stata davvero la madre dell’odierna coscienza europea, il luogo dove sono nate le libertà civili, il mercato, le banche, le prime università, le arti e i mestieri.

Formatosi alla scuola degli «Annales» francesi dove avevano lasciato il proprio segno maestri come Ferdinand Braudel, Maurice Lombard, Lucien Febvre con uno sguardo sempre attento al quotidiano e non solo ai grandi fatti, capaci di tenere insieme storia e geografia integrandole con un approccio sociologico e antropologico, attenti al modo in cui nascono le idee, i modi di vivere, le economie, gli ordinamenti giuridici ed economici. Sensibili al dato materiale, alle forme degli spazi e dei luoghi di vita, come alla dimensione psicologica e culturale della vita delle persone.

Le Goff aveva grande consapevolezza che un popolo non può restare privato del racconto della propria storia, una memoria «che gli storici si sforzano, attraverso lo studio dei documenti, di rendere oggettiva, la più veritiera possibile: ma è pur sempre memoria. Non proporre ai giovani una conoscenza della storia che risalga ai periodi essenziali e lontani del passato, significa fare di questi giovani degli orfani del passato, e privarli dei mezzi per pensare correttamente il nostro mondo e per potervi agire bene».

Un esercizio serio di memoria che contemplava sempre una forte tensione e responsabilità per il presente. Per questo Le Goff usava un registro divulgativo, in grado di farsi comprendere da tutti, dallo storico di professione, come dal cittadino curioso, dallo studente come dal politico.

Per questo da storico aveva a cuore il destino dell’Europa e la sua crescita umana e culturale, oltre che politica. Tra le iniziative culturali che hanno saputo immaginare una riflessione sull’Europa di ampio respiro è bello ricordarne in particolare una che ha profondi legami con l’Italia. All’inizio degli anni Novanta, Vito e Giuseppe Laterza ebbero l’idea di una collana di libri di storia pubblicata simultaneamente in diversi Paesi europei insieme ad altre prestigiose case editrici, (Beck a Monaco di Baviera, Basil Blackwell a Oxford, Crítica a Barcellona, Laterza a Roma e Bari, Seuil a Parigi), collana denominata Fare l’Europa.

I primi testi uscirono nel 1993: un libro di Leonardo Benevolo dedicato alla storia della città in Europa, uno di Umberto Eco sulla lingua, uno di Ulrich Im Hof sull’illuminismo e di uno Michel Mollat sull’Europa e il mare, il contributo di Jacques Le Goff sulle radici medievali d’Europa, del 2003.

Nell’introduzione Le Goff dichiarava le ragioni di questa operazione: «Nella sua tensione verso l’unità, il continente ha vissuto discordie, conflitti, divisioni, contraddizioni interne. Questa collana non li nasconderà. L’impegno nell’impresa europea deve compiersi nella conoscenza del passato tutto intero e nella prospettiva dell’avvenire (…). E la nostra ambizione è di apportare elementi di risposta alle grandi domande che stanno dinanzi a coloro che fanno e che faranno l’Europa, e a quanti nel mondo s’interessano all’Europa».

Entro questa prospettiva la conoscenza della storia d’Europa non è fine a sé stessa, non risponde solo ad una domanda di tipo storico interpretativo – anche, naturalmente – ma ha un’ambizione politica: la formazione dell’habitus del cittadino europeo di oggi e di domani, chiamato a misurarsi con i dilemmi e le contraddizioni della storia, ma anche con le grandi domande di senso del presente e del futuro.

In Le Goff la grande storia e la piccola storia avevano sempre intrecci profondi, basti pensare al libro Con Anka, scritto in ricordo della moglie dopo oltre 40 anni di vita insieme, nel quale la storia di un amore si trasforma in un affresco sull'Europa contemporanea. «Vorrei mostrare come i sentimenti e la vita quotidiana di una famiglia si articolano con l'ambiente e la storia che hanno vissuto – vita privata e vita collettiva – in un momento in cui si profila un'Europa più unita».

Jacques si è spento in giorni delicati per l’Europa e ci lascia migliaia di pagine, di intuizioni storiche e politiche, ma soprattutto il sogno che quell’Europa delle origini, nata dal collasso del grande impero, mescolanza di differenze, plurale e meticcia, amante dell’imperfezione e della coralità di voci, tra le somiglianze, possa continuare a crescere.

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