Jack Folla c’è

Radio Due, ore 7.00-7.05 e 13.42-14.28 dal lunedì al venerdì. Una volta ho sentito dire che coloro che si pavoneggiano nel definirsi laici sono autentici clericali. Ecco cosa Jack Folla non è: clericale… Egli è però laico. Jack Folla c’è è un programma malinconico e felicissimo (pure divertente), tutto giocato sulla consapevolezza – mai rassegnata – di vivere nel “braccio della morte”: un’Alcatraz di mediocrità e di vuoto di relazioni e di contenuti di una e mille vite di cui resta a stento una sopravvivenza disincantata, disincantata, senza slanci. “Cosa aspetti a farlo diventare un giorno speciale, questo 20 dicembre…? Coraggio, prendi il telefono e cerca quella persona vista quel giorno e lasciata andare… È lei che manca. Fa’ che non resti un giorno qualunque…”. Il messaggio di un signore scosso nella segreteria telefonica: “A 66 anni c’è ancora tanto da fare per il prossimo, mi viene di nuovo voglia di impegnarmi… “. “Io, Danila, 19 anni, dico no!”. “Ciao, Jack, sono Mario, sono radiofonico da quasi 80 anni, e non ho mai sentito uno parlare così; ascoltarti è come imparare da capo a parlare”. “Senti, mi richiami? Vorrei comprarglielo io il computer, a quel ragazzo di cui hai letto la storia…”… Jack (alias Diego Cugia, scrittore di origine sarda, già collaboratore di Paolo Conte) parla di tutti… è un po’ di tutti; ama molto parlare di chi non ha voce… E lo fa con la voce di mille anime; stralci o intere lettere, variegatissimi e curiosi interventi lasciati nella segreteria, o in dialogo con l’Autore (spesso delle vere chicche), geniali per la profondità, e per una normalità che è la vera ricchezza di una società: la foresta intera che cresce in silenzio, ricordata nella lettera di Pasquale, tempo fa, che cita anche le parole del Genrosso… “Chi ti potrà far dire quanto un uomo vale…”. Jack, come De André, si innamora di tutto; anche se non sempre, con il suo ruolo di ex galeotto, si può andar d’accordo con lui, e certune idee. È qui è la forza prima del programma e della “narrazione” del nostro (che ha avuto i primordi ancora nel ’98, con una breve parentesi televisiva nel 2000): Jack Folla c’è è uno spazio per tutti, che più aperto non si può. Si incrociano idee e punti di vista, storie di mille colori. In questo confronto e in questa condivisione, crollano muri e pregiudizi. E le labili e invalicabili frontiere millantate dall’ideologia, vera o presunta, cedono lo spazio a autentiche occasioni di dialogo e di fraternità. E spesso valide proposte o soluzioni a problemi reali di persone e comunità, da questi stessi scambi nate. Ché un altro nome del programma è “controinformazione”. Un giorno, a un anonimo che gli lascia detto “comunista di m…”, Jack, dopo avergli cantato per risposta certe “incongruenze” dei sedicenti comunisti della Repubblica Popolare Cinese, o quelle dei sovietici nel tormentato Afghanistan, ci fa sentire una risposta che è la profezia: che in questo “clamore infarcito di fustini e di maschere anti gas… il nostro sforzo di capire l’altro sarà la vera rivoluzione”. La quantità di canzoni – italiane e no – sovente vecchi pezzi, sempre indovinate, compie il collage. L’esame di coscienza è l’unico antidoto a questa indifferenza e solitudine, che – diceva Madre Teresa – è la vera lebbra. E che “sta diventando un corpo, corpi che agiranno anche a nostra insaputa… Ma che vi aveva detto nostro Signore… Che le parole sono Kinder- fetta-al-latte; o forse che sono pietre?!”. È proprio vero, insomma, come una volta Jack Folla ha fatto dire ad una canzone di Gaber, che la libertà non è questo e quest’altro. La libertà è… partecipazione.

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons