Italia e guardia costiera libica, la Camera conferma l’accordo

Larghissima maggioranza politica a favore del rifinanziamento della guardia costiera libica. Inutili gli appelli di una vasta rete di associazioni. Emersa, nel dibattito parlamentare, la disponibilità ad un confronto aperto sulla strategia di contenimento delle migrazioni fuori dai confini dell’Unione europea.
Italia. Manifestazione contro rifinanziamento guardia costiera libica Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

Italia – Libia. Come previsto la Camera ha approvato, nella seduta pomeridiana del 15 luglio 2021, con una larghissima maggioranza, l’autorizzazione delle missioni militari all’estero, nonostante il dissenso interno al centrosinistra sul rifinanziamento della guardia costiera libica e la pressione di numerose associazioni della società civile che contestano il Memorandum siglato da Gentiloni e al Sarraj nel 2017.

Contrariamente ad altri temi divisivi, come ad esempio il Ddl Zan, non si registra una spaccatura tale da mettere in difficoltà la maggioranza governativa che, in questo caso, ha registrato, anche il sostegno dell’unico partito di opposizione, Fratelli d’Italia.

La “scheda 48”, relativa alla questione libica, rappresenta, in realtà, solo un dettaglio di un importante impegno complessivo che, come ha riferito il leghista Roberto Paolo Ferrari, relatore per la commissione Difesa della Camera, «prevede lo schieramento in teatri di crisi e nelle acque adiacenti di un numero massimo di soldati superiore ai 9 mila effettivi coinvolti in 40 operazioni differenti per un costo di oltre 1,2 miliardi di euro».

Come ha ricostruito compiutamente la deputata Elisabetta Ripani, esponente di Coraggio Italia, neonata formazione di centro destra, il provvedimento governativo sulle missioni internazionali «fa riferimento al concetto di Mediterraneo allargato e autorizza, complessivamente, 40 missioni per il 2021, confermando 38 missioni internazionali già in essere nell’anno 2020 in tre continenti – Europa, Africa, quadrante mediorientale asiatico e nella regione del Golfo Persico – e l’avvio di due nuove operazioni nello Stretto di Hormuz e in Somalia».

Il dibattito parlamentare si è mantenuto dentro le consuete dichiarazioni di fedeltà atlantica e la gratitudine verso l’operato dei militari italiani impegnati in prima linea su fronti difficili. E non privi di pericolo, come testimoniano le 53 vittime cadute durante la ventennale missione in Afghanistan, esauritasi a fine giugno 2021, come ha fatto notare il deputato di FdI, Davide Galantino, senza un riconoscimento pubblico del servizio svolto dalle nostre truppe. Un segnale del fatto, come ha sottolineato Galantino, che «non si affronta mai in maniera significativa un dibattito reale e concreto sulla politica estera del nostro Paese», se non nell’occasione del finanziamento delle missioni internazionali. E proprio in tale sede sono emerse posizioni radicalmente contrapposte nonostante l’approvazione nelle commissioni esteri e difesa della Camera di un emendamento di compromesso, voluto dal Pd, che «impegna il governo a verificare, dalla prossima programmazione, le condizioni per verificare il superamento» del finanziamento e della cooperazione con la guardia costiera libica, trasferendo la catena di comando all’Unione europea.

Secondo Giuditta Pini, tra i deputati dem dissidenti, «la Guardia costiera libica non esiste. Esistono una serie di milizie private che gestiscono i campi, che sono stati definiti da organizzazioni internazionali e dall’ONU, lager, e pattugliano contestualmente il mare di fronte a quei lager». Finora, nel 2021, la «cosiddetta Guardia costiera libica ha intercettato 15 mila persone e le ha riportate a terra; di queste, 8 mila sono scomparse», vendute come schiave o eliminate in altri modi.

L’ex presidente del Pd, Matteo Orfini, contesta duramente l’attuale segretario del suo partito, «Letta non può dire facciamoli torturare ancora un anno», mentre Giuditta Pini ricorda che «l’anno scorso (nel 2020, ndr), questo Parlamento ha votato il rifinanziamento di questa missione con la sacra promessa che si sarebbe modificato il Memorandum Italia-Libia (del 2017, ndr) che, lo ricordiamo, non è mai passato per queste Camere».

È invece pieno di lodi per quell’accordo, che ha posto fine ad un intollerabile flusso migratorio, Francesco Berti, deputato del M5S, il quale riconosce la lungimiranza dell’artefice di quel Memorandum, l’allora ministro degli Interni, il dem Marco Minniti, mentre boccia ogni paventato ripristino dell’operazione Mare Nostrum, promosso dal governo Letta per il salvataggio in mare dei migranti, perché costituirebbe un fattore di spinta dei flussi migratori «trascinando ancora più persone verso la sofferenza, la violenza e la morte». Tesi ribadita dal deputato della Lega Paolo Roberto Ferrari che ha aggiornato sulla decisione del governo italiano di potenziare, invece, «il contingente in Libia, ora forte di 400 effettivi, che contribuiscono al rafforzamento delle istituzioni di Tripoli, mentre tengono sotto controllo anche i flussi migratori diretti verso l’Europa».

Sulla stessa linea il deputato di Forza Italia, Matteo Perego di Cremnago, che ha ribadito l’importanza della continuità dei rapporti con la guardia costiera libica da parte dell’Italia per evitare di «consegnarla nelle mani di altri Paesi – e cito la Turchia, in particolare – che sicuramente non hanno l’attitudine a tutelare i valori e l’etica, come l’abbiamo noi». D’altra parte, il 7 luglio lo stesso ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, nell’audizione presso le commissioni difesa ed esteri della Camera, ha esplicitato l’obiettivo di «cercare di mantenere o recuperare una nostra prevalenza» nei rapporti con «la Guardia costiera libica, che nel recente passato ha visto invece una forte presenza turca». Dato di fatto confermato da fonti Ue riportate dal quotidiano Avvenire: «Le prime immagini dell’addestramento sulle motovedette donate dall’Italia ad opera degli ufficiali di Ankara risalgono all’ottobre 2019».

Sorprende questa preoccupazione per la presenza turca in Libia, secondo Erasmo Palazzotto, deputato di Leu, che invita a chiedersi il perché «non ci siamo spaventati quando abbiamo sottoscritto l’accordo Unione europea-Turchia per respingere i rifugiati siriani».

«Siamo tutti d’accordo con il processo di stabilizzazione della Libia», afferma Palazzotto, che chiede di fare più ospedali «invece di attrezzare bande di criminali che si sono organizzati nella Guardia costiera libica e che gestiscono contemporaneamente il traffico di esseri umani, la cattura di persone e la detenzione nei centri di detenzione di uomini, donne e bambini» che «vanno svuotati», facendo il paragone con l’operazione compiuta durante la seconda guerra mondiale da parte degli inglesi, che «organizzarono Dunkerque per salvare le persone che cercavano di sfuggire dal nazismo» e non «una missione di contenimento dei profughi che scappavano dalla tragedia del nazifascismo!».

Secondo Piero Fassino, deputato del Pd ed esperto del Centro studi internazionali, la questione della disumanità della guardia costiera libica deve far aprire gli occhi sulla questione più ampia: «il problema vero è che dobbiamo fare i conti e chiederci se è stata ed è efficace una gestione dei flussi migratori fondata sul contenimento dei migranti ai confini esterni dell’Unione. Io penso che questa strategia si sta dimostrando del tutto inefficace».

Fassino invita perciò ad affrontare «un,a discussione in questo Parlamento su quale strategia porre in essere per gestire i flussi migratori che vada al di là semplicemente di un contenimento alle frontiere esterne dei migranti. Io sono pronto a farla. Siamo pronti a farla tutti questa discussione e a trarne le conseguenze?».

Invito che ha ricevuto la disponibilità durante il dibattito in aula, da parte di altri parlamentari, tra i quali Salvatore Deidda di FdI e Riccardo Magi, di +Europa, che ha messo in evidenza la necessità di saper affrontare la questione delle missioni internazionali e delle migrazioni assieme alla «lista dei Paesi in cui esportiamo più armi e raffrontarla con i nostri obiettivi di favorire la stabilizzazione e una transizione ordinata». Secondo Magi la strategia adottata dall’Italia «ha stabilizzato i peggiori poteri e le peggiori forze che ci sono in Libia».

Di diverso e opposto parere l’intervento di Maria Tripodi, di Forza Italia, che ha voluto invece ringraziare il governo Draghi «perché per la prima volta si vede come il nostro Paese investe non solo nella difesa, non solo nelle Forze armate, ma anche in quello che è un fiore all’occhiello del made in Italy nel mondo: le nostre aziende nazionali della difesa, che non sono, come ha detto qualcuno, quelle che smerciano armi, sono quelle che garantiscono migliaia di posti di lavoro e hanno un fatturato di miliardi, che consentono anche di rafforzare la nostra postura internazionale».

Elementi di un dibattito che merita proseguire fuori dal Parlamento, al di là del voto della Camera che ha respinto con schiacciante maggioranza (376 deputati contrari, 40 a favore e 21 astenuti) la mozione contraria al rifinanziamento della missione di cooperazione con la guardia costiera libica. Mai come questa volta, infatti, si è riscontrata una forte adesione di molte associazioni di diversa estrazione che hanno chiesto ai parlamentari di non chiudere gli occhi davanti ai crimini che avvengono in Libia. Si attende a giorni la relazione della missione Onu in Libia davanti al consiglio di sicurezza, mentre Amnesty ha diffuso proprio il giorno della votazione alla Camera il rapporto “Nessuno verrà a cercarti: i ritorni forzati dal mare ai centri di detenzione della Libia”. Un dossier incentrato sulle conseguenze della cooperazione in corso tra l’Europa e la Libia in tema d’immigrazione e controllo delle frontiere.

Qui il resocontro integrale del dibattito alla Camera

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