Stralci di un comunicato Ansa di martedì 5 agosto 2025: «il primo ministro [israeliano, Netanyahu] sottoporrà la decisione di occupare interamente Gaza all’approvazione del governo, probabilmente giovedì [7 agosto] alle 18. L’ordine “del primo ministro è di conquistare i campi centrali della Striscia e Gaza City”, vale a dire proprio quelle aree dove l’intelligence militare ritiene che siano tenuti gli ostaggi, di cui solo 20 su 50 sarebbero ancora in vita».
Tradotto in un linguaggio meno formale, significa che Netanyahu è determinato a imporre all’esercito israeliano (Idf) l’ordine di assalto a ciò che resta della Striscia di Gaza con l’evidente intenzione di “annientare” Hamas, il suo chiodo fisso. Poco importa se questa operazione provocherà un ulteriore massacro di palestinesi e metterà fortemente a rischio la vita degli ostaggi.
Come valuta questo ordine imminente il capo dell’esercito Eyal Zamir si intuisce dalla disposizione che ha dato lunedì 4 agosto in tarda serata: ha annullato la proroga di 4 mesi dello stato di emergenza bellica che era in vigore dal 7 ottobre 2023, vale a dire la mobilitazione obbligatoria dei militari di leva e dei riservisti, i veterani dell’esercito. Il generale Eyal Zamir era stato scelto meno di 6 mesi fa come Capo di Stato Maggiore dell’Idf perché ritenuto vicino alle idee del primo ministro. Ma ora potrebbe rischiare il licenziamento, come altri prima di lui.
Anche i familiari degli ostaggi nelle mani di Hamas si oppongono all’assalto di ciò che resta di Gaza, che ritengono “una condanna a morte per i loro cari”.
Ma il generale Zamir non è l’unico tra le alte sfere a dissentire. Nelle stesse ore il movimento Csi (Comandanti per la sicurezza di Israele), un gruppo composto da 600 ex generali dell’esercito, del Mossad, dello Shin Bet, della polizia e di corpi diplomatici equivalenti, ha rivolto al presidente statunitense Donald Trump un appello: «A nome del Csi (…) vi esortiamo a porre fine alla guerra a Gaza. L’avete fatto in Libano. È ora di farlo anche a Gaza». E proseguono: «L’Idf ha da tempo raggiunto i due obiettivi che potevano essere raggiunti con la forza: smantellare l’esercito e il governo di Hamas (…). Il terzo, e il più importante, può essere raggiunto solo attraverso un accordo: riportare a casa tutti gli ostaggi».
Da parte sua, l’ammiraglio in pensione Amihai Ayalon, ex direttore dello Shin Bet, ha rincarato la dose affermando di persona in un video diffuso dallo stesso Csi: «Questa guerra non è più una guerra giusta e sta portando lo Stato di Israele a perdere la sua identità». Ed ha aggiunto: «Questa guerra sta plasmando la nostra identità ogni giorno e ogni giorno la democrazia scompare».
Prima che trapelassero le intenzioni del governo di dare l’assalto a ciò che resta di Gaza e dei suoi abitanti, il 3 agosto si era levata la voce molto autorevole e profondamente inquietante di David Grossman, il mito, lo scrittore e intellettuale israeliano famoso in tutto il mondo. Intervistato da Francesca Caferri per Repubblica, Grossman ha detto fra molto altro a proposito della situazione a Gaza: «Per anni ho rifiutato di utilizzare questa parola: “genocidio”. Ma adesso non posso trattenermi dall’usarla, dopo quello che ho letto sui giornali, dopo le immagini che ho visto e dopo aver parlato con persone che sono state lì… E ora, con immenso dolore e con il cuore spezzato, devo constatare che sta accadendo di fronte ai miei occhi. “Genocidio”. È una parola valanga: una volta che la pronunci, non fa che crescere, come una valanga appunto. E porta ancora più distruzione e più sofferenza».
Parole intollerabili, inaccettabili per chi sostiene l’ultrasionismo di Netanyahu, Ben Gvir, Smotrich, Katz e altri ministri del governo. Infatti alla Knesset, il Parlamento israeliano, un furibondo parlamentare del Likud ha attaccato così il deputato di sinistra Ofer Cassif, che ha letto all’assemblea proprio il passaggio di Grossman in cui compare la parola “genocidio”: «Non è una citazione, è tutto inventato!», ha gridato il collega del Likud.
Subito dopo a Cassif è stato tolto il microfono ed è stato allontanato con la forza dal podio, negandogli la possibilità di continuare il suo intervento, sebbene lo stesse facendo dopo aver regolarmente ricevuto la facoltà di parlare.
Infine, come ha risposto all’appello del Csi il presidente Trump? Ha dichiarato che non interferirà con i piani israeliani di occupare l’intera Striscia di Gaza. Ha solo aggiunto che il suo obiettivo principale è quello di sfamare gli abitanti di Gaza: «che evidentemente non se la passano molto bene con il cibo».