Io mi fido. E tu?

Oggi c’è un bisogno diffuso di fiducia: fiducia nella vita, nella gente, nelle istituzioni, in sé stessi.
Padre e figlio mano nella mano

Più di qualcuno si fida di Mario Monti. I senza lavoro si fidano dei sindacati, mentre i ricchi si fiderebbero di Montezemolo. Quasi nessuno, penso, di Scilipoti. Molti si fidavano di Obama: oggi meno. Alcuni si fidano ancora della pubblicità, pochi ormai delle banche. Molti si fidavano della Costa Crociere. Pochi si fidano di Trenitalia. Molti si fidano delle previsioni meteo. Moltissimi si fidano di Facebook; da quando vi ho trovato scritto: «Io mi fido solo di due persone: una sono io, l’altra non sei tu», io mi fido meno. Alcuni devono fidarsi, loro malgrado, solo della mafia. Alcuni si fidavano del Tg1, altri solo del Tg3. Alcuni si fidano di Celentano e della sua idea (mutuata da Dostoevskij) che la «bellezza salverà il mondo», meno della sua beneficenza esibita. Pochi, purtroppo, si fidano ancora dei vecchi. Molti, senza clamore, si fidano di quanti, senza clamore, fanno il bene. Quelli che amano lo sport non si fidano della scelta di appaltare l’antidoping dei Giochi olimpici di Londra a una casa farmaceutica. Quelli che pensano che il calcio non si compera in farmacia si fidano di Zeman. Molti, troppi, si fidano degli oroscopi e dei chiromanti. Troppi (17 milioni almeno una volta l’anno), in Italia, si fidano delle slot machine, del videopoker e del gratta e vinci e affidano il loro futuro al gioco delle probabilità, spendendo, nelle 400 mila sale da gioco italiane, 76 miliardi di euro l’anno.

Oggi c’è un bisogno diffuso di fiducia: fiducia nella vita, nella gente, nelle istituzioni, in sé stessi. Quando ho sollevato in aria Alice, la mia nipotina di quattro mesi, rideva felice, fidandosi delle mie mani. Quando ho preso sotto braccio mia madre, si fidava, abbandonandosi col suo peso. Quando ho visitato Emanuela, tetraparetica dalla nascita, mi ha sorriso, con sguardo furbo, e mi ha detto: «Mi fido di te». Le persone fragili, le “pietre scartate”, le persone con disabilità si affidano quotidianamente all’aiuto di altre persone. «Affrontando e superando gli ostacoli della sorte ripongono fiducia nelle impensabili risorse della vita – mi spiega Roberto Nicolis, operatore socio-sportivo che promuove, a Verona, “La grande sfida”, un evento che da anni tesse relazioni e fiducia reciproca fra disabili e normodotati –. Lottando per il riconoscimento dei diritti civili esprimono fiducia nelle istituzioni e nella giustizia. Chi vive relazioni di fiducia le genera intorno a sé: le persone con disabilità ne sono generatrici per tutta la comunità. Spesso sono considerate persone da integrare: la quotidianità accanto a loro ci dice che, se considerate e valorizzate, divengono soggetti integranti per la comunità, promotori di aggregazione, di cultura della prossimità, di fiducia che, quando è reciproca, costruisce la fraternità».
Dalla radio arrivano le note e le parole di Jovanotti: «Mi fido di te: cosa sei disposto a perdere? La vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare».

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