Into the wild

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Christopher McCandless, subito dopo la laurea, decide di abbandonare famiglia, affetti, sicurezza economica, persino identità (si ribattezza Alex Supertramp, il Supercamminatore), per vivere la sua vita on the road. Una scelta estrema, dettata dall’insofferenza verso le costrizioni imposte dalla società e dall’urgenza interiore di confrontarsi con sé stesso e i propri limiti. Mèta finale di questa avventura è l’Alaska, vista come archetipo della natura selvaggia e incontaminata, ultimo lembo di terra in cui poter trovare un senso alla propria vita. E che, alla fine, scoprirà, in uno splendido e drammatico epilogo. Un’avventura straordinaria che potrebbe apparire inverosimile se non fosse ispirata a una storia vera, raccontata da Jon Krakauer nel romanzo Nelle terre estreme e che Sean Penn aveva in mente di portare sul grande schermo da oltre dieci anni. Un periodo di gestazione assai lungo che ha giovato al film, uno dei meno tormentati dell’attore-regista californiano, perché la materia era difficile da trattare, il tema vecchio di trent’anni e il rischio della retorica antisociale o di un vittimismo d’accatto sempre dietro l’angolo. Ma in Into the wild la complessità e la varietà dei temi trattati (l’epica della frontiera, la sfida dell’uomo alla natura, l’estetica del viaggio interiore, la ricerca della felicità) trovano ragion d’essere e credibilità nella coerenza del protagonista, che non esita a mettere in atto scelte radicali per sfuggire non alle persone, ma all’ipocrisia delle convenzioni sociali, ai ricatti sentimentali degli affetti e a ogni regola di controllo sociale. E Sean Penn si dimostra regista maturo e brillante sceneggiatore. Ha almeno due felici intuizioni. La prima è di scompaginare la cronologia della storia, spezzando la linearità della narrazione; la seconda è di utilizzare stili e tecniche di regia differenti in sintonia con le diverse situazioni vissute dal protagonista. Scelte indovinate e ben condotte, che assicurano ritmo e compattezza al film, sostenendolo senza incertezze per tutte le quasi due ore e mezzo di durata. Il cast, a partire dal bravissimo Emile Hirsch, funziona a dovere, la fotografia è magnifica (del resto sarebbe stato difficile altrimenti, considerando gli splendidi scenari che costellano il film), la colonna sonora coinvolgente. Un film da non perdere. Regia di Sean Penn; con Emile Hirsch, William Hurt, Vince Vaughn, Hal Holbrook, Catherine Keener, Jena Malone, Marcia Gay Harden

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