Intervista ad Andrea Carfi, responsabile dei vaccini di Moderna

La distribuzione dei vaccini dell'azienda americana Moderna e le vaccinazioni sono appena iniziate negli Stati Uniti, mentre l'Ema accelera i procedimenti per l'approvazione nell'Ue. "Tutti i test sin qui condotti mi hanno confermato la sicurezza e l’efficacia", afferma Carfi, che guida il team di ricerca sui vaccini di Moderna. È originario di Vittoria, in provincia di Ragusa (Sicilia), e si è formato come chimico e biologo alle Università di Pavia, Grenoble e Boston.
Andrea Carfi, guida del team di ricerca di Moderna

Per far fronte all’emergenza sanitaria causata dal coronavirus, i ricercatori di diverse aziende mondiali si sono concentrati in una corsa per trovare quanto prima una cura contro questa malattia che ha già colpito oltre 84 milioni di persone in tutto il mondo, e ha lasciato circa due milioni di vittime. Lo scorso 8 dicembre il Regno Unito è stato il primo Paese a vaccinare la popolazione, iniziando dai settori con maggiore rischio di contagio. In Italia, la somministrazione dei vaccini anti Covid-19 ha avuto il via ufficiale lo scorso 27 dicembre. Sebbene il vaccino di Pfizer e Biontech sia stato il primo a essere autorizzato nell’Unione europea, non è l’unico che sarà messo a disposizione. L’Agenzia europea per i medicinali (Ema) potrebbe approvare nei prossimi giorni il vaccino dell’azienda di Cambridge, in Massachusetts (Usa), Moderna, che ha mostrato un’efficacia del 94,1% nel prevenire la malattia e del 100% contro le forme gravi, e la quale distribuzione è già iniziata negli Stati Uniti. A capo del centro di ricerca su vaccini e malattie infettive di Moderna, c’è lo scienziato italiano Andrea Carfi, originario di Vittoria, in provincia di Ragusa (Sicilia).

Carfi, qual è il percorso che l’ha portata a diventare il responsabile della ricerca per le malattie infettive di Moderna?
Dopo un percorso di studi che mi ha portato a Boston per un post-dottorato, ho sempre coltivato un certo interesse di tornare negli Stati Uniti per lavorare e vivere lì. L’occasione si è presentata nel 2010, quando sono stato assunto da Novartis Vaccini per occuparmi proprio di vaccini. Da lì ho proseguito il mio percorso in GlaxoSmithKline, per approdare a Moderna nel 2017, quando ancora era un’azienda relativamente piccola. A Moderna ho iniziato come Program Leader e nel 2019 ho preso il ruolo attuale.

Quando avete iniziato a lavorare al nuovo vaccino contro il Coronavirus?
Abbiamo cominciato a lavorare sul vaccino a gennaio 2020, dopo i primi casi di polmonite virale in Cina. Abbiamo coinvolto da subito i nostri collaboratori al Istituto Nazionale della Salute degli Stati Uniti (Nih) e ci siamo lanciati in una serie di studi preclinici per confermare che il vaccino fosse portettivo e sicuro. Il primo studio clinico è stato avviato dopo soli 63 giorni da quando le autorita cinesi hanno reso nota la sequenza del virus.

Il vaccino è già pronto?
La produzione del vaccino è già stata avviata da qualche mese. Ancora prima di avere i dati di efficacia. Da poco più di due settimane abbiamo avuto l’autorizzazione d’urgenza della Fda (l’ente di controllo statunitense). Dal 17 novembre abbiamo cominciato ad inviare tutta la documentazione all’Ema, l’Autorità europea del farmaco, e ad inizio gennaio si discuterà l’approvazione per uso del vaccino in Europa. Negli Stati Uniti abbiamo  appena cominciato a distribuire il vaccino e le vaccinazioni sono iniziate. In Europa penso si comincerà tra circa un mese. La Commissione europea ha recentemente firmato un accordo per l’acquisto di ulteriori 80 milioni di dosi portando il numero totalte a 160 milioni.

La gente ha paura di vaccinarsi e ha bisogno di sentire da parte di uno dei massimi responsabili ricercatori che il vaccino è fidabile e sicuro. C’è qualche ragione fondata per la paura? Cosa direbbe a quelli che non vogliono ricevere il vaccino?
Tutti i test sin qui condotti mi hanno confermato la sicurezza e l’efficacia. Da quando abbiamo iniziato abbiamo generato dati in modelli animali e allo stesso tempo abbiamo condotto tutti gli studi clinici. L’ultima fase di test da poco terminata, la cosiddetta “Fase 3”, ha previsto un test esteso su 30.000 volontari (15.000 vaccinati e 15.000 trattati con un placebo), variamente distribuiti in termini di età, sesso, etnia, in modo da essere quanto più possibile rappresentativi della popolazione a cui è destinato il vaccino. La Fase 3 è stata molto importante per valutare l’efficacia del vaccino nel proteggere dallo sviluppo della malattia generata dal virus COVID-19 e più avanti anche per vedere se il vaccino può bloccare l’infezione e quindi la trasmissione. Continueremo a valutare la sicurezza del vaccino durante il suo utilizzo.

Come si è riuscito ad avere un vaccino in così pochi mesi se di solito ci vogliono anni per trovarlo?
La tecnologia utilizzata da Moderna, come anche quella del vaccino Pfizer/Biontech, permette tempi di sviluppo più rapidi rispetto ai vaccini tradizionali. Inoltre, il governo americano ha investito in maniera massiccia su questo fronte, consentendoci di anticipare tappe del percorso che di solito, per non correre eccessivi rischi economici, si avviano solo al termine della fase precedente. Quindi, è bene chiarirlo, nessuna tappa del processo è stata saltata, ma abbiamo potuto lavorare in parallelo su diversi fronti con maggiori certezze rispetto a una ricerca tradizionale. Tutta l’attività di sviluppo del vaccino ha goduto dei vantaggi della procedura d’urgenza richiesta dal governo americano alla luce dei gravi rischi legati alla pandemia.

Che differenza c’è tra questo e il resto dei vaccini?
I vaccini “tradizionali” sono preparazioni costituite da agenti patogeni opportunamente trattati o frammenti del virus o batteri prodotti con tecnologie recombinanti, mentre il vaccino sviluppato da Moderna è basato su una molecola che tutti noi abbiamo nelle nostre cellule, l’RNA messaggero. L’RNA messaggero del vaccino Moderna permette alle cellule della persona vaccinate di produrre una proteina del virus, la cosiddetta proteina Spike. Questa proteina, una volta vista dal sistema immunitario, porta alla generazione di anticorpi che impediscono al virus di attaccare l’organismo qualora i due venissero in contatto.

Come scegliere quale usare in Italia?
L’Unione europea e l’Italia hanno fatto o stanno facendo accordi con i produttori di vaccino nel mondo. Quindi avremo nel tempo una pluralità di vaccini a disposizione della popolazione, ma quale sarà il vaccino che ciascun italiano riceverà dipende da scelte interne dei Paesi.

Recentemente alcuni operatori sanitari che erano stati vaccinati con altri vaccini hanno riportato delle allergie. È probabile che ci siano degli effetti avversi più severi come conseguenza alla vaccinazione?
Come ho detto, il vaccino Moderna di per sé è molto sicuro e nei test su un gran numero di persone non è stata evidenziata nessuna reazione significativa. Adesso che il vaccino verrà dato a milioni di persone si vedrà se ci sono casi rari di reazioni avverse e la loro natura. Ma, appunto, anche se si dovessero verificare, questi sono eventi molto rari, che non cambiano sostanzialmente il profilo di sicurezza del vaccino e che non mettono in discussione la necessità di vaccinarsi.

Cosa significa per lei questo vaccino?
Aver avuto la possibilità di dare il mio contributo a questa ricerca è un motivo di grande soddisfazione personale e l’importanza del vaccino per uscire dalla pandemia dà una prospettiva diversa al lavoro fatto. È importante che ci siano anche altre aziende che stanno lavorando per raggiungere lo stesso obiettivo, in modo da vaccinare quante più persone possibile nel minor tempo possibile. A Moderna stiamo lavorando anche su altri vaccini importanti. Questo successo ci spinge ancora di più a dare il massimo nella lotta contro malattie che colpiscono tante persone. È una grande soddisfazione ma anche una grande responsabilità.

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