Interrogativi costituzionali

La vicenda di Eluana ha suscitato dubbi dal punto di vista giuridico. Ne parliamo con il giurista Cesare Mirabelli.
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La sentenza 21748/2007 della Corte di Cassazione che ha autorizzato, ma non obbligato, Beppino Englaro, in qualità di tutore, a mettere in atto il protocollo sanitario per staccare il sondino dell’alimentazione e idratazione di sua figlia Eluana, si basa sull’accertamento dell’irreversibilità della condizione clinica della paziente e sulla ricostruzione della volontà della malata. Le questioni sono molte, complesse e hanno suscitato nel dibattito pubblico un ginepraio di polemiche. Ci aiuta il professor Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, a sciogliere alcuni nodi. L’articolo 32 della Costituzione italiana specifica che nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. Qual era lo spirito originario dei padri costituenti? L’articolo 32 anzitutto impegna la repubblica a tutelare la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. La tutela della salute presuppone anzitutto la tutela della vita. Il divieto di trattamenti sanitari obbligatori nasce avendo fatto esperienza delle offese alla dignità della persona, trattata come cavia per sperimentazioni scientifiche o pseudoscientifiche. Nasce, quindi, nei padri costituenti, la necessità di un bilanciamento dell’interesse individuale. Lo spirito originario e positivo consisteva nel fatto che ogni persona accetti volontariamente le cure. Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario. Il principio costituzionale stabilisce, quindi, la libertà di scegliere la cura e le modalità. Nell’interesse, poi, generale della comunità, come, per esempio, nel caso delle vaccinazioni, lo Stato può imporre per legge la cura, nei limiti imposti dal rispetto della persona umana. La prima sentenza sul caso Englaro della Cassazione del 4 ottobre 2007 rispetta i princìpi costituzionali? La Cassazione afferma che esiste la libertà di scelta delle cure. Questo è esatto perché ogni persona può rifiutare le terapie in base alla Costituzione. Ma il presupposto è un’informazione adeguata. Nel caso di Eluana Englaro si pongono alcuni problemi. La volontà della persona, rispetto ai trattamenti sanitari è legata al dialogo con il medico e ad un consenso informato che in questo caso mancano. Non può essere presunta sulla base dello stile di vita o dedotta da elementi indiziari ed espressioni occasionali. Inoltre il consenso informato è legato all’attualità della situazione. Non è possibile fare ipotesi per il futuro perché muta nella concretezza delle situazioni la condizione e l’atteggiamento della persona. D’altra parte, la stessa Cassazione, ha ritenuto che, anche chi è in pericolo di vita ed ha un foglio scritto nel quale dichiara che non vuole trasfusioni di sangue, queste si possano eseguire ugualmente perché il consenso deve essere dato dopo l’evento e non prima. Ma se una persona è incapace di esprimere la propria volontà? Secondo me sono diritti personalissimi in cui non ci può essere sostituzione di terzi nelle scelte. La ricostruzione della volontà è un elemento fragile e rischioso. In altri campi perché la volontà deve essere formale ed esplicita? Per disporre dei miei beni, per esempio, devo fare un testamento scritto, in forme che la legge prescrive, altrimenti non vale nulla. Se questo vale per disposizioni patrimoniali e per il destino di beni materiali, tanto più deve valere per scelte che mettono in gioco la vita. Si tratta, ripeto, di diritti personalissimi che non possono essere surrogati.

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