Ingres e Kelly, artisti in dialogo

Linguaggi diversi per una ricerca di armonia. La mostra a Roma, a Villa Medici.
E. Kelly

Quando, nel 2009, la Galleria Borghese mise l’uno di fronte all’altro Francis Bacon e Caravaggio, più di uno si chiese cosa avessero in comune due pittori tanto distanti nel tempo e dalla personalità così diversa. Sembrava, quella rassegna, nata più dal gusto di stupire, che dalla possibilità di un effettivo punto di contatto fra i due grandi.

Forse la stessa domanda qualcuno se la pone anche oggi, osservando le tele e i disegni del francese Jean-Auguste Dominique Ingres, morto nel 1867, e quelli di Ellsworth Kelly, l’americano di 87 anni ancora in attività creativa.

Ingres è un maestro della forma perfetta. Lo dicono i suoi ritratti, stesi con un atteggiamento di compostezza negli uomini e nelle dame della borghesia; e poi l’universo femminile indagato con una sontuosità che richiama Raffaello e Correggio.

Kelly disegna con linee sinuose e nervose, predilige stesure “informali” squillanti di blu, viola, verde o rosso che tagliano in due la tela. Spazi di colore puro, senza traccia di pentimento, dove la figura umana è assente. È affascinante il mondo di Kelly. Una realtà astratta, solo in apparenza: il calore di questi oli, impregnati di una luce che si schiude solo quando noi ci avviciniamo, ha qualcosa di magnetico. Come alcuni dei suoi 28 disegni esposti: petali di fiori segnati da una linea arricciata, ritratti di uomini e donne di una bellezza si direbbe “scolpita”. Gente normale, che si trova lungo la strada o nei bar, ma con una nobiltà di portamento e di sguardo che supera il “tipo umano” e la fa universale.

 

Non diversamente dai personaggi di Ingres. Il ritratto di Jean-Baptiste Desdéban, da Besançon, mostra un giovane di profilo come un busto antico, e la dama ignota in un altro ritratto, buona signora della borghesia ottocentesca, sono figure costruite da una linea che le rende compatte come delle sculture. Così la serie di disegni – ritratti o studi – manifesta un amore per le superfici curvilinee, per la modellazione dei volti e dei corpi, che le fanno immagini superiori al loro tempo, anch’esse universali.

È dunque la ricerca di una perfezione armonica, pur con pensieri e mezzi diversi, ad unire i due artisti. Ed è la curva a delineare in entrambi, come una melodia, gli spazi ampi dove inserire colori e corpi.

Osservando le Blue Curves del 2009 di Kelly, un olio su tela dove il blu diventa quasi una persona tutta calore, una forma-non forma che si esprime sul bianco della parete, il ricordo va subito a certi nudi femminili di Ingres, costruiti con il solo colore luminoso. In entrambi i casi si arriva ad una presenza di qualcosa di monumentale. Certi ritratti di Kelly che fissano lo spettatore dagli occhi socchiusi o scavati, alcuni spazi dilatati nelle tele “astratte” hanno un fare vasto, così come la spiccata grandiosità nei dipinti del maestro francese.

Certo, il mondo di Ingres resta diverso da quello di Kelly. E credo che la differenza stia nell’atteggiamento spirituale con cui si osserva il mondo e la vita. Kelly esprime una specie di febbre palpitante sia sotto le superfici traslucide degli oli che nella bellezza talora irrequieta dei personaggi.

Ingres, pur essendo artista in ricerca di luoghi ed emozioni nuove, resta in una serenità di fondo che gli fa amare le forme ben tornite e le luminosità abbaglianti. Kelly ricerca l’armonia con un cammino che conosce le tensioni, la tristezza anche di alcuni volti o di certi fiori che si sfaldano.

Eppure, ad unire i due diversi temperamenti è la voglia, aperta nell’americano e sottintesa nel francese, di superare il dolore. Catturando la luce e costruendo con essa il mondo.

 

Ingres/Kelly. Roma, Accademia di Francia a Villa Medici, fino al 26/9 (catalogo Drago).

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