Inflazione e stagflazione, di cosa parliamo?

Una chiara spiegazione di questi termini e dell'impatto sulle famiglie. Dalla rivista Città Nuova n. 6/2022
Aumento dei prezzi alla pompa della benzina (AP Photo/Luca Bruno)

Inflazione significa “gonfiamento” dei prezzi. Per misurarlo, dato che i vari prezzi si muovono in modo diverso, si fa riferimento a un “paniere” di beni (una certa quantità di pane, un certo numero di calze e così via, dosati in base ai consumi medi degli italiani). Ora, quanti euro in più ci vogliono per comprare quel paniere ai prezzi di oggi rispetto a un anno fa? Il dato di aprile 2022 è 6,2% in più, e questa è la misura dell’inflazione.

Cosa l’ha provocata? La guerra ha la sua parte di responsabilità, perché ha bloccato le esportazioni di molti prodotti, in particolare cereali e semi di girasole, ma prima ancora si era avuto un forte aumento dei prezzi di gas e petrolio, e quindi dell’energia elettrica (che si ottiene bruciandoli); anche il Covid ha contribuito, rallentando le forniture di merci e il loro trasporto dall’Asia.

Oggi l’inflazione non è causata da un aumento della domanda di beni a cui la produzione non riesce a star dietro. Se così fosse, l’inflazione sarebbe lo scotto da pagare alla piena occupazione. Questa volta la spinta sui prezzi viene da un aumento di costi, in gran parte proveniente dall’esterno, che appesantisce i conti delle imprese. Anche per questo l’attività economica ha iniziato a rallentare (un’altra ragione sono le aspettative negative causate dalla guerra).

Quello che si prospetta, quindi, è di avere insieme inflazione e “stagnazione” dell’attività economica. Da qui “stag-flazione”, un fenomeno che le nostre economie avevano sperimentato a seguito delle crisi petrolifere degli anni ’70, ma di cui dagli anni ’90 in poi ci si era dimenticati. Il primo effetto dell’inflazione sulle famiglie è una minore capacità di spesa.

Un dato disponibile è quello dei salari contrattuali, che nell’ultimo anno sono saliti solo dello 0,6%, il che colloca la perdita media di potere d’acquisto ad oltre il 5%. Così si annulla buona parte dell’aumento che i salari erano riusciti a rosicchiare dal 2015. A perdere potere d’acquisto sono anche i pensionati (soprattutto quelli con pensioni medio-alte, meno protette da aumenti automatici), mentre per chi ha redditi da capitale o impresa l’esito non è ovvio.

L’effetto complessivo, proprio perché l’inflazione è stata innescata da una specie di “tassa”, è comunque una riduzione della capacità di spesa, solo parzialmente contrastata dai provvedimenti governativi (come il bonus di 200 euro).

Le famiglie, individualmente, non hanno molte possibilità per limitare i danni. Dove possibile, possono fare una scelta più attenta dei beni da acquistare, evitando di lasciarsi portare dalle abitudini.

Un tema a parte è quello dei mutui per la casa. Quello che è iniziato e che proseguirà è un aumento dei tassi di interesse, che comporterà un aggravio per chi ha scelto mutui a tassi flessibili. Per chi sta per stipularne di nuovi o ha possibilità di ricontrattarli suggerirei tassi fissi, ancora abbordabili.

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