India, il pericolo di una hinducrazia

L’India, un tempo la più grande democrazia del mondo, sta sempre più percorrendo la strada verso una forma di pseudo-democrazia che, se il corso degli eventi nei prossimi anni non cambierà direzione, potrebbe sfociare in una sorta di hinducrazia
India
I sostenitori del partito del Congresso di opposizione gridano slogan di protesta contro l'espulsione del loro leader Rahul Gandhi dal Parlamento a Nuova Delhi, India, lunedì 27 marzo 2023. (Foto AP/Deepanshu Aggarwal

Il governo Modi continua nella sua marcia progressiva di induizzazione dell’India, un fenomeno che, sebbene assai diverso, in qualche modo richiama la sinicizzazione che Xi Jinping rivendica per l’altro colosso asiatico.

Gli ultimi due passi compiuti da Modi su questa via nuova per il gigante del sub-continente, sono stati in due settori chiave: quello parlamentare e quello educativo. Partiamo da quest’ultimo perché gli studenti che si avviano a iniziare il nuovo anno scolastico (in India è ora tempo di vacanza e l’anno scolastico comincia a fine maggio o inizi giugno) troveranno dei nuovi libri di scuola. Soprattutto i testi di storia e politica sono stati induizzati, o forse purificati da tutto quanto l’attuale governo del Bharatya Janata Party, che da sempre ha sposato l’ideologia dell’Hindutva (India Paese degli indù), ritiene inutile, sbagliato o fuorviante nella prospettiva del nazionalismo arancione (il colore simbolo dell’ideologia dell’Hindutva).

Per rendersi conto della portata dell’intervento sulla lettura storica da impartire alle giovani generazioni si sono modificate le narrative di momenti chiave della storia recente e remota del Paese. Al centro dell’attenzione dei circoli che hanno provveduto alle “correzioni” sono stati il rapporto fra l’estremismo fondamentalista indù e l’assassinio di Gandhi, il fondamento secolare (laico) dell’India post indipendenza e post-coloniale. Non dobbiamo dimenticare che Godse, che sparò al Mahatma, era un ardente sostenitore dell’Hindutva e che il secolarismo indiano nehruviano (del pandit Nehru) ha sempre cercato di trattare ogni gruppo religioso con pari diritti e dignità. Inoltre, non si fa menzione delle stragi nello Stato del Gujarat perpetrate da fondamentalisiti indù quando, nel 2002, l’attuale primo ministro Modi era il chief minister dello Stato del Gujarat.

Ma, in un certo senso, ancora più gravi sono le interpolazioni operate sui periodi storici che hanno visto il formarsi e l’affermarsi della cultura Moghul (nel XVI-XVII secolo), raro esempio di ricchezza maturata dall’incontro con l’islam da parte del mondo delle religioni del sanatana dharma (quelle originarie nel sub-continente indiano). I Moghul, sebbene musulmani, hanno dato vita ad una espressione culturale e, anche, d’incontro religioso ricchissime. Si tratta di uno dei momenti più prolifici di ricchezza culturale e spirituale dell’umanità, non solo dell’India. È un esempio di come, sia pure con tensioni e problemi spesso anche sfociati nella violenza, si sia comunque creata una cultura dell’incontro che ha arricchito l’umanità.

Il tutto è ignorato o minimizzato dalla lettura storica che si propone ora alle giovani menti del sub-continente. I danni saranno incalcolabili. L’India che si propone, a ragione, come una delle potenze mondiali della globalizzazione rischia di formare le sue nuove generazioni ad una chiusura mentale e culturale che potrebbe alienarle dalla scena mondiale del futuro. Oggi, sempre più siamo chiamati, come dicevano alcuni profeti dello scorso millennio, a formare degli uomini e donne mondo, degli uomini e donne universali. La nuova didattica della storia e della politica della più grande democrazia del mondo rischia di diventare nel giro di una o due generazioni un pericoloso boomerang con serie conseguenze per quello che sarà il Paese più popoloso del mondo nel giro di qualche mese.

Allo stesso tempo, il governo Modi ha compiuto un pericoloso atto parlamentare, con l’espulsione dal Lok Sabha, la Camera dei deputati della Federazione indiana, di Rahul Gandhi, di fatto il vero leader della debole opposizione allo strapotere del Bjp. Gandhi era stato accusato di aver rilasciato in passato delle dichiarazioni diffamatorie ed offensive nei confronti del primo ministro Narendra Modi. Il leader del partito del Congresso, figlio di Sonia Maino Gandhi e di Rajiv Gandhi, figlio di Indira Gandhi, era stato condannato a due anni di carcere per le sue dichiarazioni, considerate come un insulto nei confronti del primo ministro e, quindi, lesive della dignità del Paese. Subito rilasciato su cauzione, è stato comunque ritenuto non avente più diritto ad essere membro del Parlamento e a legiferare in nome del popolo indiano. Sebbene il partito del Congresso continui ad arrancare per ritrovare una posizione credibile di fronte allo strapotere del Bjp, Gandhi rappresenta la famosa dinastia che dal bisnonno Nehru ha governato il Paese, dopo l’indipendenza. Dunque, al di là della sua posizione politica attuale piuttosto debole e, senza dubbio, priva del carisma che invece mostra di avere Narendra Modi, è, tuttavia, un simbolo della democrazia indiana.

Molti osservatori considerano la sua rimozione forzata come un atto arbitrario dell’attuale governo, che con la sua politica assolutamente discriminatoria contro le minoranze, in particolare i musulmani, e gli oppositori politici rischia di hinducratizzare l’intero Paese.

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