In silenzio sul tetto d’Europa

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Mancano pochi minuti all’inizio della finale a squadre dei campionati europei di ginnastica artistica femminile. Enrico Casella, uno dei tecnici della nazionale italiana, ci crede. Anche se ai più sembra pura utopia riuscire a battere la Romania e la Russia, le due più grandi scuole al mondo insieme a quella statunitense, Enrico sogna che le sue ragazze possano riuscire a compiere l’impresa. Così, prima di uscire dagli spogliatoi, le esorta a non lasciare nulla di intentato, a dare il meglio di loro per provare a vincere il primo oro europeo di un paese occidentale. Spinte dalla carica della capitana Monica Bergamelli, le altre quattro componenti della nostra squadra, un gruppo di ragazzine tra i 15 ed i 16 anni in gran parte all’esordio in una competizione internazionale, superano le difficoltà legate alla loro scarsa esperienza e, dimostrando uno spirito di squadra fuori dal comune, si laureano campionesse d’Europa tra lo stupore generale. Un risultato straordinario, che insieme alla medaglia d’argento conquistata da Vanessa Ferrari al corpo libero, a quella di bronzo di Andrea Coppolino agli anelli, ed alle tante finali individuali raggiunte dai nostri rappresentanti, pongono il nostro Paese ai vertici di questo sport. Questi brillanti risultati contrastano però fortemente con la scarsa cassa di risonanza mediatica ad essi collegati. Solo un piccolo accenno nelle prime pagine dei quotidiani sportivi nazionali, troppo impegnati a parlare quasi esclusivamente di calcio. Pochissime le immagini televisive mostrate della Rai, che deteneva i diritti della manifestazione. Un fenomeno che incuriosisce… Eh sì, perché non stiamo parlando di discipline come la scherma od il canottaggio, tanto per fare qualche esempio, sport che tanta gloria sportiva hanno dato e continueranno a dare al nostro Paese, ma che obiettivamente non vantano un numero rilevante di praticanti. Parliamo invece di una disciplina che in Italia risulta essere la più diffusa nella fascia d’età tra i 5 ed i 10 anni. Parliamo di uno sport che più in generale, dati Istat alla mano, risulta secondo solo al calcio, con oltre quattro milioni di praticanti nelle sue varie espressioni (dall’artistica alla ritmica, dall’aerobica al fitness). Numeri importanti, determinati anche dal fatto che, nell’immaginario collettivo, la ginnastica viene spesso percepita come una disciplina senza apparenti controindicazioni, che privilegia la partecipazione a scopo di benessere fisico più che agonistico. Insomma, uno sport… per tutti. Uno sport che peraltro risulta anche tra i più popolari per numero di spettatori alle Olimpiadi estive. Basti pensare che ad Atene 2004 i due avvenimenti più seguiti dai telespettatori italiani tra gli sport individuali sono stati proprio la finale di Jury Chechi agli anelli e quella della sbarra che ha visto trionfare il nostro Igor Cassina. Ma nonostante tutto ciò, gli onori della cronaca riservati ai nostri ginnasti continuano ad essere davvero pochi. Peccato, perché sarebbe interessante scoprire cosa c’è dietro i successi ottenuti dai nostri rappresentanti in questo sport. Cosa li ha spinti così in alto, nonostante si debbano arrangiare allenandosi spesso in palestre d’emergenza, nella maggior parte dei casi prive anche delle pedane per il corpo libero. Sarebbe davvero curioso scoprire come in una disciplina individuale, che stimola la sfida, si possa al tempo stesso riuscire ad esaltare lo spirito di squadra. Siamo un gruppo di amiche e ci aiutiamo l’un l’altra, è la risposta più diffusa delle nostre ginnaste a questo interrogativo. Ed è vero. Basti pensare a come l’ambiente azzurro è stato vicino in questi mesi a Francesca Benolli, medaglia d’oro al volteggio durante i campionati europei del 2005, al momento lontana dalle gare a causa di un brutto infortunio al ginocchio. Nessuna forzatura a bruciare i tempi di recupero, anzi. Tornata in palestra, è stata circondata dall’affetto delle compagne e dei tecnici, a cominciare da Federica Macrì, che dopo la vittoria ai Giochi del Mediterraneo dello scorso anno ha subito pensato di dedicare la vittoria alla sfortunata compagna che, con gesso e stampelle, era a bordo pedana a tifare per le proprie compagne. E non è certo questo il solo episodio che dimostra l’elevato spirito di gruppo presente in squadra, frutto dell’ottimo lavoro svolto dai tecnici e dell’atteggiamento costruttivo dei nostri ginnasti e delle nostre ginnaste. Tra le ragazze, ad esempio, un ruolo importante lo svolge Monica Bergamelli che, nonostante la giovane età (solo ventidue anni), ha un atteggiamento molto protettivo nei confronti delle compagne più giovani, elemento questo che risulta fondamentale per formare una squadra vincente. Un atteggiamento fatto anche di gesti concreti, di scelte difficili. Come quando, durante i Giochi del Mediterraneo del 2005, Monica ha lasciato il posto a Vanessa Ferrari, l’astro nascente della ginnastica azzurra, che non aveva ottenuto la qualificazione per disputare la finale individuale alla trave dove poi ha conquistato la medaglia d’oro. Monica è qualcosa di più di una compagna ed una amica – spiega Vanessa -. Mi ha insegnato tantissimo di questo sport e proprio attraverso il suo esempio ho capito che difficilmente si può diventare campioni nello sport se non lo si è anche nella vita. Sono cose che fanno parte del gioco di squadra – si schermisce Monica -.Vanessa aveva maggiori possibilità di ambire alla zona medaglie e, anche se non sono stata obbligata a farlo, sentivo che era giusto farmi da parte. Già, è questa l’atmosfera che, lontano dalle luci della ribalta, caratterizza il mondo della ginnastica italiana. È questo il vero segreto alla base dei più recenti successi di questo gruppo. Pechino 2008 non è poi così lontana. Che quella cinese sia l’Olimpiade della ginnastica di casa nostra?

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