In natura vince la generosità

I vantaggi e gli  svantaggi della cooperazione rispetto all’egoismo. Nuovi risultati dal modello del "dilemma del prigioniero" nella teoria dei giochi
Cooperazione

«Si potrebbe pensare che essere generosi sia una cosa da stupidi», ma quando le persone altruiste sono tante, allora «tutti guadagnano dalla generosità altrui».

Così Alexander J. Stewart, dell’università della Pennsylvania a Philadelphia, sintetizza i risultati dei suoi studi sui vantaggi dell’altruismo. Per dimostrare che la generosità aiuta, anche dal punto di vista della teoria dell'evoluzione, Stewart è partito, assieme al suo collega Joshua B. Plotkin, da un problema classico della teoria matematica dei giochi: il cosiddetto «dilemma del prigioniero», che studia i vantaggi e gli  svantaggi della cooperazione rispetto all’egoismo.

Il dilemma, originariamente formulato nel 1950 dai due ricercatori americani Merrill Flood e Melvin Dresher, analizza i ragionamenti di due carcerati che si trovano separati in celle non comunicanti tra loro. I due sono complici, e a ciascuno di loro il giudice ha offerto uno sconto di pena in cambio della confessione. Nessuno dei due, però, conosce la decisione dell’altro. Se entrambi confesseranno, potranno godere di un piccolo sconto di pena, ad esempio una condanna a quattro anni. Se uno solo dei due collaborerà, questi riceverà uno sconto di pena maggiore (due anni), ma la condanna del complice che non confessa aumenterà, raggiungendo i sei anni. Se, infine, entrambi decidessero di non parlare, le porte della prigione non si aprirebbero se non dopo tre anni. In altre parole, a cooperare entrambi ci si guadagna, ma lo sconto di pena maggiore si ha quando ci si comporta da “egoisti”, ammettendo le proprie responsabilità senza cooperare con l'altro carcerato, nella speranza che anche quest’ultimo non confessi.

Una versione più elaborata del dilemma del prigioniero analizza una serie di decisioni iterative: cosa avviene se i prigionieri effettuano più scelte successive? Lo scorso anno William H. Press e Freeman J. Dyson dimostrarono l’esistenza di una strategia “estorsiva” particolarmente efficace che permetteva a uno dei due prigionieri-giocatori di “imbrogliare” l’altro. Quello studio dimostrava come la strategia vincente è quella dell’egoismo e della non cooperazione, soprattutto quando uno dei due contendenti non analizza i risultati via via ottenuti con le diverse scelte.

L’egoismo come tattica vittoriosa? Stewart e Plotkin non ne erano però convinti, soprattutto se si applica il dilemma del prigioniero a una popolazione composta da migliaia di giocatori, così come avviene nel mondo biologico. È proprio Plotkin a ricordare che, «fin dai tempi di Darwin, i biologi sono rimasti sconcertati dal fatto che in Natura la cooperazione, la generosità o l’altruismo siano così diffusi».

I risultati, pubblicati questa settimana sulla rivista scientifica Proceedings of the national academy of sciences sembrano spiegare perché gli esseri viventi scelgano spesso la strada della cooperazione. Stewart e Plotkin hanno infatti dimostrato che, nel caso di dilemma del prigioniero con tanti giocatori proposto in forma iterativa, le strategie “generose” – nelle quali i giocatori cooperano tra loro – risultano più efficaci di quelle basate sull’estorsione. Tenere conto di ciò che potrebbe decidere l’altro giocatore, cercando di favorirlo, aiuta la popolazione nel suo complesso ad ottenere un risultato migliore e ad evolvere positivamente. Non solo: la strategia basata sulla generosità prevede anche una sorta di “perdono”, ossia risulta più efficace quando ciascun giocatore è capace di cooperare anche con chi non vuole, “dimenticando” gli sgarbi subiti.

Secondo Plotkin, i risultati ottenuti con la matematica dimostrano che «nessuna strategia fondata sull’egoismo avrà successo evolutivo. Le sole strategie evolutivamente robuste sono quelle generose».

Una scoperta che aiuterà non solamente a capire perché in natura vi sono tanti esempi vincente di cooperazione, a partire dal mondo degli insetti o dai batteri, ma anche a comprendere che il meccanismo della selezione del più forte non è l’unico motore dell’evoluzione.

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