Il vero e il bello del quotidiano

Sono sposata e mamma di due bambini. Quando, dieci anni fa, morì mio padre, la mia matrigna andò a vivere in America, portando con sé i propri figli e lasciando in Corea me e la mia sorella. Eravamo ancora nell’età dell’adolescenza e ci ritrovammo senza un appoggio morale e materiale. Furono anni difficili, perché dovemmo affrontare da sole le scelte più importanti. Poi sono venuti tempi migliori: ciascuna di noi prese la sua strada. Io mi sposai. Sembrava che di quel triste passato non esistesse più nemmeno il ricordo, quando la nostra matrigna, dopo tanti anni, si rifece viva per telefono: diceva che aveva progettato un viaggio in Corea per festeggiare il suo sessantesimo compleanno, una ricorrenza molto sentita nella nostra cultura. Chiedeva di essere ospitata da me. Questa sua richiesta mi lasciò perplessa: non nascondo che provavo una certa difficoltà a riceverla in casa come se nulla fosse successo. La ferita era troppo recente, anche se col matrimonio avevo ritrovato la serenità. Pensai anche che i parenti e i conoscenti non avrebbero avuto nulla da rimproverarmi se le avessi detto di no. Ma fu solo un attimo: non potevo lasciare che vincesse ancora una volta l’egoismo. Potevo questa volta scegliere di amare io per prima. Presa questa decisione, tutto venne di conseguenza. Mi recai in aeroporto, cercando di accoglierla nel migliore dei modi. Dopo il primo comprensibile momento di imbarazzo, il clima si rasserenò. Le mettemmo a disposizione la stanza più spaziosa. In cucina le chiedevo sempre che cosa avrebbe gradito mangiare. Organizzammo sin nei minimi particolari la festa di compleanno, cercando di intuire cosa le avrebbe fatto più piacere. E quando si trattava di andare a trovare i parenti, io ero a disposizione. Insomma, sembrava essersi dissipata quella coltre di gelo che per anni aveva impedito e frenato ogni possibilità di dialogo. Giunto il giorno della partenza, la madrina si dimostrò visibilmente commossa e mi ringraziò, lasciando anche dei regali per me e i bambini. Era appena trascorso un anno, quando ci giunse con nostra grande sorpresa un’altra telefonata dagli Stati Uniti. Questa volta era l’altro mio fratellastro, che ci informava che la mamma voleva di nuovo venire in Corea. Chiedeva ancora a me e a mio marito il favore di ospitarla. Ricordo che in quel periodo abitavamo in un appartamento piccolo, in attesa di trasferirci in uno più grande che i muratori stavano risistemando. Presagivo quindi che non sarebbe stato semplice trovare una sistemazione adeguata per noi quattro e la matrigna. quella volta. Tuttavia dissi a mio fratello che la mia casa era a disposizione. Questa volta trovai la matrigna assai cambiata rispetto all’anno prima. La vedevo triste e silenziosa, persa in pensieri che sicuramente la tormentavano, poco desiderosa di prendere contatto con i parenti. Sino a quando, un giorno, si confidò con me, dicendomi che sua nuora la faceva soffrire a tal punto da sentirsi quasi impazzire. Pensai alle lacrime che io stessa avevo versato a causa sua, ma cacciai via quei pensieri. Ho sbagliato a trattare così male te e la tua sorellina quando eravate piccole. Ti chiedo perdono , mi disse. Era le prima volta che riconosceva il male fatto. Io, da parte mia, nei giorni in cui rimase con noi, cercai di ascoltarla, facendo mia anche questa sua sofferenza. Alla fine partì rasserenata, soprattutto da quando le dissi che la mia casa sarebbe stata sempre aperta per lei. Passarono alcuni mesi. Telefonai per chiedere sue notizie. La mamma sta bene – rispose il mio fratellastro -, ora che è nato il nipotino è molto indaffarata ad accudirlo. Pare felice. Hyeon-ji Ko La vicina di casa Avevo tanto da fare quel giorno e stavo preparando velocemente la cena, perché volevo concludere tutto prima che il bambino si svegliasse. Proprio allora venne a trovarmi una vicina di casa con la quale avevo avuto poche occasioni di incontro. Un rapido cenno di saluto quando la incrociavo sul pianerottolo, niente di più. Le diedi subito ciò che mi chiedeva, ma lei non accennava ad andar via. Iniziò a raccontare che il marito aveva perso il lavoro, che avevano tre figli e che quindi la famiglia si trovava in difficoltà economiche. Pur ascoltandola, il mio cuore correva alla lavatrice che era in cucina. E dentro di me non vedevo l’ora che se ne andasse per concludere il bucato e la cena. Ma capii subito che tutto ciò era ben poca cosa di fronte alle difficoltà della vicina che, a modo suo, con dignità e discrezione, chiedeva di essere aiutata o almeno ascoltata. E chissà quanto le costava rivelare ad estranei la sua situazione. Ciò che potevo fare subito era farle sentire la mia amicizia. Misi da parte tutto ciò che volevo fare e iniziai ad ascoltarla con tutto il cuore. Quando quella signora, ad un certo punto, scoppiò a piangere, anche a me vennero le lacrime, perché il suo dolore era diventato il mio. Parlò per quasi due ore, e quando ebbe finito mi ringraziò tanto. Sentii il desiderio di darle un piccolo regalo. Mi tornò alla mente la sua sofferenza nel raccontarmi di non aver potuto comprare un vestito nuovo alla figlia. Mi sovvenne che una mia figlia aveva un bel vestitino a cui teneva tanto. Andai da lei e le spiegai la situazione senza farmi notare dalla vicina. La ragazza acconsentì subito. Le diedi anche le pietanze che avevo preparato per la cena, e lei andò via con tanta gioia. A tavola, più tardi, ebbi modo di raccontare ciò che era successo. Tutti furono d’accordo, anche se, quella sera, si cenò con poche cose. Myuong-ju Kim Mamma è tornata a casa Un giorno, i miei genitori litigarono. La mamma, piangendo, mi disse che voleva andare dai nonni materni, ma che non ci avrebbe potuto portare con sé. A me non andava proprio l’idea di stare da sola con il mio fratellino. Ma lei insistette, spiegandomi che per lei era necessario andare ed avere un po’ di tempo per riflettere in tranquillità. Era bene che noi la lasciassimo partire superando le nostre difficoltà. Trovai la forza di lasciarla andare via senza farmi vedere piangere, ma col mio fratellino pregai perché ritornasse presto. In quei giorni, cercai di mantenere la casa pulita e in ordine, per non far sentire al babbo la sua mancanza. Dopo cinque giorni, mamma tornò da noi e fece pace con papà. La pace tornò a casa nostra.

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