Il timbro dei veri cristiani
Iniziamo con questo numero la pubblicazione di brani, anche inediti, che evidenziano uno dei capisaldi della spiritualità dell’unità: la volontà di Dio.
La volontà di Dio m’è entrata nell’anima come un marchio. Mi sembra che nessuno possa togliermi ciò che ho sentito per essa. Capivo come una grande santa – mi sembra Maria Maddalena de’ Pazzi –, al solo sentire questa parola: “Volontà di Dio”, andasse in estasi. Il motivo, la causa forse sta qui: che la volontà di Dio e Dio coincidono.
Vorrei, durante quest’anno, far di tutto perché tutti siano convinti della sua enorme importanza, e perché si decidano a viverla con tutto l’impegno.
Vedremo il mondo cambiarsi.
Tutti tenderebbero alla santità.
I problemi si risolverebbero, uno dopo l’altro, in tutti i campi umani. Regnerebbero la pace, la felicità, la salute anche fisica.
La terra sarebbe un cielo.
Lo so che molto resterà come prima, ma almeno quelli che sono in contatto con noi, vorrei fossero sigillati da questa idea, che è il timbro dei veri cristiani.
Vorrei che come l’universo ubbidisce all’ordine che il Creatore vi ha impresso, gli uomini facessero altrettanto.
Allora veramente Dio sarebbe amato e l’amore trionferebbe fra gli uomini perché è soprattutto qui la volontà di Dio.
(Collegamento CH del 2.10.1980)
Sono in ammirazione d’una parola di Gesù: «Mio cibo è fare la volontà del Padre mio». Dunque Gesù nutriva la sua anima, attimo dopo attimo, della volontà di Dio.
Vedo come la mia anima sia spesso investita, nell’attimo presente, da due, tre cose da fare che poi la lasciano come inquieta. Vedo come spesso il desiderio di arrivare a tutti, di far tutto, di abbracciare il mondo, viene da me interpretato praticamente in modo non giusto. È un’avidità spirituale che appartiene sempre all’uomo vecchio, anche se tinta di zelo.
Questo non è il modo di vivere cristiano. Anche chi sta in un negozio di commestibili, se lo desidera, mangia una cosa o l’altra, ma non tutte assieme e non tutto il negozio. Occorre cibarsi, e quindi accontentarsi, di ciò che Dio vuole da noi nel presente.
Ho provato a far così in questi ultimi giorni: è un’esperienza meravigliosa. Troncando con violenza tutto ciò che non è volontà di Dio, per inabissarmi solo in quella, ho provato cos’è la sazietà dell’anima: è pace, gaudio, felicità! Una sorta di beatitudine.
Ora capisco quanto sono vere e sapienti le parole di papa Giovanni XXIII: «Io devo far ogni cosa, recitar ogni orazione, eseguire quella regola come se non avessi altro da fare, come se il Signore mi avesse messo al mondo solo per far bene quell’azione e al buon esito di essa stia attaccata la mia santificazione, senza pensare al dopo e al prima».
(Diario inedito, 30.9.1980)
Qualche volta, pensando all’impegno di fare la volontà di Dio, ci sembra di dover ridurre la nostra vita soltanto ad una serie di atti perfetti. Ma non è proprio così.
Sappiamo come Gesù abbia preso il posto che nell’Antico Testamento aveva la Legge. E qual è allora la volontà di Dio che Gesù manifesta? Qual è ora la Legge? Essa è sintetizzata nel comandamento nuovo.
Dunque vivere la volontà di Dio è vivere soprattutto quel comando, che va messo a base di tutta la vita del cristiano. (…)
Una serie di atti più o meno perfetti può essere la vita spirituale di chi non conosce la nostra spiritualità, per noi (che abbiamo avuto questa grazia) è un’altra cosa: dobbiamo certamente attuare la volontà di Dio nel presente con tutto il cuore, l’anima e le forze, ma nel clima del comandamento di Gesù, sulla base dell’amore reciproco. Questo vuole Gesù da noi.
(Diario inedito, 26.10.1980)