Il sole del giorno andava pagato

Viene il giorno in cui il passato di un uomo scompare come in un sogno, ma ciò che è vissuto rimane a fermentare il nostro e altrui cammino e ci porta in avanti. È questa la convinzione più profonda di Egeo Marsilii, il quale, con la sola licenza elementare, non ha temuto di prendere penna e buttar giù le pagine più significative di quel passato su cui si è innestato l’albero del presente. Ne è venuto fuori un libro intenso e di grande fascino dal titolo: Un mondo scomparso (Ed. Dagherrotipo, Pescara). Nato a San Benedetto dei Marsi nel 1936, Egeo si trasferì a due anni a Pescara dove visse un’infanzia felice. Poi la maledetta guerra. Mia madre gridava, la casa sussultava, il fragore delle bombe era assordante… poi ancora le sirene e i lunghi fischi laceranti. Mia madre affranta piangeva disperata, temeva per papà che lavorava in fabbrica e per il proprio fratello che faceva il militare nella nostra città. In bicicletta il padre lo portò per le strade della città. Lo ringrazio ancora per avermi aiutato a fissare nell’anima ogni singola tragedia. Scendemmo dalla bicicletta per avvicinarci meglio a certe macerie, ci accostammo così alla disperazione di donne inconsolabili delle cui grida era ormai disseminata ogni strada martoriata. In quel frangente, a solo otto anni, il primo scontro col genitore, duro inatteso e devastante, tanto da desiderare la morte. Cosa accade a chi si ammazza?, chiese sottovoce alla madre. E lei: Va all’inferno…. Egeo ripose a malavoglia il grande coltello da cucina, ma il rapporto col padre gli sembrò essersi irrimediabilmente spezzato. Dopo la guerra il trasferimento nel paese paterno, un primo passo per riavvicinarsi a Pescara. Qui l’incontro con i ragazzi di strada, quelli che gli si scagliavano addosso senza motivo e pretendevano la lotta. Egeo, che non aveva mai litigato con nessuno, scopre la violenza esercitata col proprio corpo, quasi una necessità per sopravvivere e sceglie quel metodo, tanto da essere giudicato a solo undici anni dal padre e dal nonno un delinquente. Interiormente sofferente per una realtà sociale gretta e meschina, Egeo avvertiva una profonda distanza dagli altri, come se fosse intimamente diverso. Nessuno riusciva a comprenderlo, né in casa né fuori casa. Allontanatosi dalla scuola, cominciò a lavorare in un’officina, rivelando ben presto doti di inventiva non comuni tanto da meritarsi tra i pochi amici che gli erano rimasti il nome di ingegnolino. Poi la prima cotta, la prima delusione d’amore e la scoperta di quanto il dolore fosse vicino all’amore. Decisivo per la sua anima, l’incontro con la ferocia dei paesani. Infatti assistette incredulo e sgomento all’emarginazione messa in atto dalla comunità verso una famiglia debole e indifesa, ritro- vandosi nell’animo il valore dell’umana pietà verso i più deboli. Finalmente la notizia da lungo attesa: il ritorno a Pescara. Gli disse il padre: Non ce la faccio a mandare avanti la famiglia con lo stipendio che prendo in fabbrica, perciò mi devi aiutare guadagnando, nella nostra officinetta, i soldi per l’affitto di casa. L’impatto con la città fu duro, segnato dalla miseria più nera ma soprattutto dall’ostilità. I giovani che cercavo di avvicinare mi chiamavano cafone perché avevo un accento e un modo di vestire paesano. Dapprima li avevo osservati con indignazione, poi con odio e infine con disprezzo. Il padre gli ripeteva continuamente che il sole del giorno andava pagato e che l’unico bene consisteva nel lavorare molto, guadagnare e risparmiare. Tra sgridate, botte e sputacchi in faccia, avevo aderito a quel bene che ora lui riscuoteva dal mio impegno. Drammatica divenne in casa la situazione quando una brutta pleurite lo costrinse per tre mesi a letto. Gli improperi paterni erano pugnalate: Delinquente, sono stato a lavorare fino a quest’ora per te!. Unico spiraglio in quel periodo l’incontro con Giorgio, un parente universitario che lo avvicinò al comunismo e alla lotta di classe, indicandogli anche alcuni scrittori da leggere: Dostoevskij, Shakespeare, Tolstoj, Cechov. Pur non avendo propensione per la lettura, Egeo si ostinò sulla pagina scritta e insisti oggi, insisti domani, quelle storie iniziarono a piacermi. Grazie ad un amico la scoperta del pugilato. La prospettiva del ring lo proiettò in una dinamica nuova: la durezza del suo lavoro quotidiano per vivere poi nella gioia le ore serali di allenamento. Il primo incontro di boxe a Sulmona per i campionati abruzzesi dei novizi. Da quel momento una serie di vittorie, e sul volto nessuna traccia di quelle azzuffate perché avevo compreso ad usar la testa più che i pugni. L’incontro con Maria, colei che sarebbe diventata sua moglie e che gli avrebbe dato otto figli, gli dischiuse l’orizzonte. Tutto non era più come prima, anche se insistente si faceva nel suo animo la domanda sul senso della vita. Prima della partenza per il militare, in bottega, l’incontro con Antonio, un giovane pescarese che, a differenza degli altri, cercò un rapporto più profondo con lui e gli presentò alcuni suoi amici che parlavano di rivoluzione, una rivoluzione d’amore però, fondata sul Vangelo: Avevo pensato a Fidel Castro e mi avevano presentato Cristo, uno sconosciuto. Io contavo di farmi strada con i cazzotti e loro… con l’amore al prossimo. Dovevano essere pazzi. Nel Centro sportivo militare, conseguendo altre vittorie, comprese che non era affatto un buono a nulla, e percepiva che la vita militare stesse sviluppando un disegno diametralmente opposto a quello sperato da mio padre. Finalmente il congedo nel 1959 e la decisione di abbandonare la bottega paterna e lavorare in proprio. Solo quattro mesi dopo, nell’aprile del 1960, il matrimonio religioso con Maria. Andai in chiesa senza fede, mentre Maria era convinta, e feci la comunione perché non strozzava. Pur rimanendo comunista convinto, Egeo comincia a leggere quel piccolo Vangelo che i nuovi amici – aderenti ai Focolari – gli hanno donato. Gesù gli appare un uomo veramente interessante, un uomo che parla di un Dio Padre, di un Dio che ama ogni essere umano. Se, allora, esiste Dio, quel Dio ama anche lui? È un’esperienza nuova, forte e prorompente, che piano piano gli cambia la vita, accrescendo il suo amore per Maria e i figli e facendogli ritrovare pienamente il rapporto con suo padre Ermanno. È un pomeriggio d’estate. Egeo, fermandosi per fare un po’ di conversazione col padre, ricorda le contestazioni che non gli ha mai risparmiato e, nel clima sereno del dialogo, sente di chiedergli scusa per non essere stato un buon figlio. Ma il padre sottovoce gli restituisce la pienezza della vita: No! No! Ho avuto

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