Il senso della malattia

Iniziamo con un passo un po’ enigmatico: …perché chi mangia e beve senza discernere il corpo (del Signore), mangia e beve la propria condanna. È per questo che tra voi vi sono malati e infermi, e un buon numero sono morti (1 Cor. 11, 29-30). È un brano di difficile interpretazione, poiché non conosciamo esattamente cosa vi fosse dì sconveniente nella celebrazione eucaristica a Corinto. C’è chi intende le parole di Paolo come condizionate da una mentalità dell’epoca, e quindi prive di valore; altri invece vedono la malattia e la morte precoce come un intervento di Dio, sia punitivo che risanante. Questa seconda interpretazione mi sembra più giusta, in quanto salva il testo. …a uno la fede, per lo stesso Spirito; a un altro il dono delle guarigioni nell’identico Spirito (1 Cor 12, 9). Paolo pone chiaramente, tra i doni dello Spirito fatti alla chiesa, il dono delle guarigioni. Certo, se volessi vantarmi non sarei insensato, perché direi solo la verità; ma evito di farlo, affinché nessuno mi giudichi di più di quello che vede o sente di me. E perché non insuperbissi per la grandezza delle rivelazioni, mi è stato messo un pungiglione nella carne, un emissario di Satana che mi schiaffeggi, perché non insuperbisca (2 Cor 12, 6-7). Non si sa esattamente in che cosa consista questo pungiglione nella carne. Gli scrittori latini, fondandosi sulla versione della Vulgata, stimulus carnis, hanno pensato che consistesse in tentazioni contro la castità, mentre il testo greco dice: pungiglione nella carne. Oggi si pensa generalmente ad una malattia cronica diversamente diagnosticata. Le due ipotesi più attendibili sono che si tratti di febbri malariche contratte in Asia Minore o di un’oftalmia acuta, frequente in Oriente a causa della polvere turbinante sotto i raggi del sole. L’attribuzione di tale tormento o malattia a Satana è propria della mentalità ebraica che ascriveva all’intervento del diavolo le sofferenze fisiche, il dolore, le disgrazie. Troviamo così un apostolo che compie miracoli di guarigione, mentre è a sua volta ammalato. È lui stesso, Paolo, che chiede al Signore di essere guarito, ma egli gli risponde: Ti basti la mia grazia; la mia potenza, si esprime infatti nella debolezza (2 Cor 12,9). Siamo in una nuova dimensione della malattia, nella quale si vede l’efficacia dell’opera della grazia di Dio più delle capacità umane, più dell’attività; e l’opera della grazia agisce più facilmente in strumenti deboli e infermi. È la legge della croce, che attraverso la morte e risurrezione di Gesù diventa la legge di vita della chiesa. Dopo la croce e la risurrezione di Gesù, la malattia e il dolore diventano in qualche modo strumenti di vita e di risurrezione. Così in Paolo: completo nella mia carne ciò che manca alla passione di Cristo, a favore del suo Corpo, cioè la chiesa. È qui chiaramente espresso tale significato salvifico della malattia. Non per niente questa frase di Paolo è posta proprio in apertura della lettera apostolica Salvifici doloris, e vi ritorna come una chiave di volta. Dice il papa: Queste parole sembrano trovarsi al termine del lungo cammino che si snoda attraverso la sofferenza inserita nella storia dell’uomo e illuminata dalla parola di Dio. Esse hanno quasi il valore di una definitiva scoperta, che viene accompagnata dalla gioia; per questo l’Apostolo scrive: Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi… Una tale scoperta, anche se vi partecipa in modo personalissimo Paolo di Tarso che scrive queste parole, è al tempo stesso valida per gli altri. L’Apostolo comunica la propria scoperta e ne gioisce a motivo di tutti coloro che essa può aiutare così come aiutò lui a penetrare il senso salvifico della sofferenza (SD, 1). L’unzione degli infermi nell’epistola di Giacomo C’è qualcuno ammalato? Chiami gli anziani della comunità ed essi preghino su di lui, dopo averlo unto con olio nel nome del Signore. La preghiera della fede lo salverà nella sua difficoltà; il Signore lo rialzerà; e se avrà commesso dei peccati, gli saranno rimessi (Gc 5,14-15). Quando Giacomo descrive questo rito per gli ammalati, non ci troviamo più nei primissimi anni della vita della chiesa. Questo rito è chiamato oggi dalla chiesa il sacramento dell’unzione degli infermi. L’esempio di Giacomo è quello di un malato, impossibilitato a muoversi di casa, che richiede una speciale preghiera rituale. Le istruzioni di Giacomo si possono così riassumere: richiesta del malato perché vengano da lui i presbiteri della chiesa; preghiera dei presbiteri accompagnata dall’unzione con olio nel nome del Signore; promessa dì efficacia alle preghiere fatte con fede per l’intervento del Signore. La chiesa prega per ottenere la salvezza del malato; il suo ristabilimento, il perdono dei suoi peccati. Non si tratta qui di guarigioni sempre miracolose o del carisma delle guarigioni; si tratta piuttosto di un potere dato alla chiesa e che la chiesa conferisce ai presbiteri. La chiesa chiede che il malato sia salvato, e questo in un senso spirituale come in un senso fisico. È usato il verbo rialzare, che ricorre nei contesti di guarigioni per indicare il pieno ristabilimento del malato. Per un certo periodo storico, la chiesa ha chiamato questo sacramento estrema unzione, perché esso veniva conferito ai moribondi. In realtà, è meglio denominarlo unzione degli infermi, perché viene in aiuto degli ammalati più gravi. Vedremo in seguito l’odierna formulazione del sacramento. Abbiamo preso in esame questo brano di Giacomo per evidenziare il fatto che nella chiesa stessa è inserito un rito sacro per la salute spirituale e fisica dei malati. Nell’Antico Testamento erano previsti riti e formule particolari, nel caso di malattie, con l’intervento dei sacerdoti; e ciò non deve meravigliare, perché nell’ambiente giudaico, come abbiamo visto, il malato e la malattia avevano un significato religioso. Nella tradizione rabbinica è raccomandata la visita al malato da parte del rabbino, con lo scopo di pregare Dio per lui. Nel brano di Giacomo la cosa è un po’ diversa. Si tratta per la chiesa di un sacramento, non di una semplice preghiera; si tratta di qualcosa che fa parte della struttura sacramentale della chiesa stessa: e i sacerdoti pregano nel nome del Signore. Ciò mostra come sia profonda la connessione tra la trasformazione di tutto il negativo umano assunto da Gesù nella sua incarnazione e morte, e vinto nella risurrezione , e quindi anche della malattia, e la missione stessa della chiesa. Nella vita della chiesa Dopo aver approfondito nei suoi aspetti principali il rapporto tra l’avven- to del Regno di Dio in Gesù e la malattia alla luce del Nuovo Testamento nei cui scritti tale tematica è ampiamente presente, ci chiediamo ora quale sia il pensiero della chiesa in proposito. Nella storia della chiesa non è stata sviluppata una vera e propria spiegazione dogmatica della realtà della malattia e delle sue cause generali; né si è approfondito in questo senso il significato delle guarigioni. Esaminando tuttavia i documenti della Tradizione, specie le fonti liturgiche, troviamo lungo i secoli una medesima fede della chiesa, che ha sempre pregato per i malati e sempre ne ha invocato la guarigione, in modo particolare nel sacramento dell’unzione degli infermi. C’è inoltre tutta l’opera immensa di servizio e di impegno sociale in favore dei malati che la chiesa ha sempre svolto nell’arco della sua storia. Riportiamo, fra le tante, alcune preghiere di invocazione a Dio per la guarigione delle malattie, riprese dalla Tradizione della chiesa lungo i secoli, prima di offrire alcune riflessioni generali sul rapporto tra la chiesa e i malati. La malattia nelle fonti liturgiche Benedizione dei malati (IV secolo): Signore, Dio delle misericordie, distendi la tua mano e concedi che tutti i tuoi malati siano guariti; concedi che siano fatti degni della salute, liberati dalla presente malattia; concedi che siano guariti nel nome del tuo Unigenito; il suo santo nome sia per loro un vero mezzo di guarigione e di buona salute, poiché per lui viene a te la gloria e la potenza nello Spirito Santo ora e per tutti i secoli dei secoli. Preghiera contro le malattie (V secolo): …il Dio dei secoli che è asceso al settimo cielo, che è alla destra del Padre, Agnello benedetto; per il suo sangue le anime sono state liberate, per lui sono state aperte le spranghe di bronzo delle porte benedette; egli che ha spezzato le catene di ferro, ha liberato i prigionieri dalle tenebre, ha fatto uscire la morte. Il nemico apostata è stato da lui stravinto e precipitato nelle sue dimore. I cieli sono pieni di esultanza e la terra è allietata dal gaudio, perché il nemico è stato cacciato. Tu hai dato la libertà alla creatura che cercava il Signore Gesù. Egli stesso è la voce che scioglie i peccati ogni volta che invochiamo il suo Nome Santo. I principati, le virtù, le dominazioni delle tenebre, lo spirito immondo, gli assalti del demonio nelle ore vespertine, la febbre fredda, ardente o intermittente, la malizia degli uomini o la virtù del nemico siano private di ogni potere di corrompere l’immagine divina fatta dalle tue mani. Perché tua è la virtù e la compassione verso il mondo, tu che domini i secoli. Preghiera per l’unzione degli infermi e indemoniati (VIII secolo): Signore, che hai dato la forza della tua benedizione allo studio della salute della creatura umana, affinché la salute nei nostri giorni si spendesse per la santificazione delle anime e per il servizio dei corpi delle tue creature, infondi in questo olio la tua santificazione, affinché essa allontani l’infermità da coloro le cui membra saranno unte con questo olio, dopo aver allontanato le insidie della potenza avversaria, e alla malattia si sostituisca la piena salute, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo. Formula dell’unzione degli infermi (X secolo): Ti ungo con l’olio santificato nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo come Samuele unse David re e profeta, affinché in te non si nasconda lo spirito immondo né nelle membra, né nelle midolla, né in alcuna altra parte del corpo. Ma la virtù di Cristo altissimo e la virtù dello Spirito Santo inabitino in te, affinché per l’operazione di questo mistero e per questa unzione con l’olio sacro, e per le nostre suppliche, medicato e rinvigorito per l’opera della santa Trinità, tu meriti di ricevere una rapida e migliorata salute. In sintesi possiamo dire – prendendo spunto da un significativo passaggio della seconda preghiera riportata sopra (V secolo) – che, come risulta in queste fonti, la chiesa prega perché la virtù del nemico (cioè la forza del principe di questo mondo) sia privata di ogni potere di corrompere l’immagine divina, impressa da Dio nella creatura umana. Quest’immagine, che è il vero progetto integrale di Dio sull’uomo, è in qualche modo offuscata non solo dal peccato, ma anche dalla malattia. La chiesa prega quindi perché tale immagine sia ristabilita pienamente: perché si realizzi, cioè, l’uomo nuovo ricreato da Cristo, sia nello spirito che nel corpo. Il sacramento dell’unzione degli infermi Se dunque siamo malati o anche se curiamo dei malati dobbiamo certamente utilizzare tutte le arti mediche che conosciamo e che ci sono accessibili; ma dobbiamo soprattutto aver fiducia in Dio che può supplire anche all’insufficienza della medicina. E questo lo possiamo fare attraverso la fede e la preghiera, che in particolare nella vita della chiesa si esprimono in un sacramento: l’unzione degli infermi. In tal modo eviteremo di sopravvalutare la medicina; e d’altra parte non correremo il rischio di cadere nell’idolatria o nella superstizione come già diceva san Giovanni Crisostomo ai suoi fedeli che, di fronte ai limiti della medicina, si lasciavano talvolta attrarre da stregoni o fattucchiere per guarire sé e i loro figli, dimenticandosi della fede della chiesa (cf. Commento all’epistola ai Colossesi, 8,56). Cenni storici sulla dottrina del sacramento Testimonianze relative all’unzione degli infermi si trovano fin dai tempi antichi nella Tradizione della chiesa, segnatamente in quella liturgica, sia in Oriente che in Occidente. Anche la dottrina che afferma che il sacramento dell’unzione – oltre ai benefici spirituali – può avere, allo stesso tempo, se Dio lo vuole, degli effetti sulla malattia, rientra nella Tradizione della chiesa fin dai primissimi secoli. Ad esempio, il Sacramentarium Serapionis (IV secolo) nomina l’unzione come farmaco di vita e di salvezza destinato alla salute e all’integrità dell’anima, del corpo e dello spirito. Tra i mali che l’olio deve cacciare, il rito enumera le malattie, i dolori vari, la febbre, le piaghe. Cesario di Arles afferma che l’unzione data alla chiesa è a beneficio sia del corpo che dell’anima. I documenti della liturgia provenienti dall’alto medioevo nominano per lo più insieme il corpo e l’anima come destinatari dei benefici dell’unzione. Tale formulazione si trova, ad esempio, nei Sacramentari Gelasiano e Gregoriano. La dottrina circa la sacra unzione è, inoltre, esposta nei documenti dei Concili ecumenici, in particolare del Concilio fiorentino e soprattutto del Tridentino e del Vaticano II. Dopo che il Concilio fiorentino ebbe descritto gli elementi essenziali dell’unzione degli infermi, il Concilio di Trento ne definì la divina istituzione, indicando tutto ciò che intorno alla sacra unzione è tramandato dall’epistola di Giacomo, in particolare per quanto riguarda la realtà e l’effetto del sacramento. Questa realtà è, infatti, la grazia dello Spirito Santo, la cui unzione lava i delitti che siano ancora da estirpare, toglie i residui del peccato e reca sollievo e conforto all’anima del malato, suscitando in lui una grande fiducia nella misericordia del Signore, per cui l’infermo, così risollevato, sopporta meglio i fastidi e i travagli della malattia e più facilmente resiste alle tentazioni del demonio e riacquista talvolta la stessa salute del corpo, quando ciò convenga alla salute dell’anima. Per quanto riguarda il ministro competente, il Concilio dichiarò che ne è ministro il presbitero. Da parte sua, il Concilio Vaticano II contiene queste ulteriori affermazioni: L’Estrema Unzione, la quale può essere chiamata anche o meglio Unzione degli infermi, non è il sacramento soltanto di coloro che si trovano in estremo pericolo di vita. Perciò, il tempo opportuno per riceverlo ha certamente già inizio quando il fedele, per malattia o per vecchiaia, cominci ad essere in pericolo di morte (SC, 73). E che l’uso di questo sacramento rientri nelle sollecitudini di tutta la chiesa è dimostrato da queste parole: Con la sacra Unzione degli infermi e con la preghiera dei presbiteri, tutta la chiesa raccomanda gli ammalati al Signore sofferente e glorificato, perché rechi loro sollievo e li salvi (cf. Gc 5, 14- 16), anzi li esorta a unirsi spontaneamente alla passione e alla morte di Cristo (cf. Rm 8, 17; Col 1, 24; 2 Tm 2, 11-12; 1 Pt 4, 13), per contribuire così al bene del Popolo di Dio (LG, 11). Notiamo brevemente come queste affermazioni del Vaticano II sviluppino la dottrina sul sacramento in una prospettiva più a corpo mistico connessa all’idea paolina del significato salvifico della malattia, rispetto alla concezione più individuale e spiritualizzata del Tridentino. La Costituzione Apostolica Sacram Unctionem infirmorum, emanata da Paolo VI il 30 novembre 1972, specifica che il sacramento dell’Unzione degli infermi si conferisce a coloro che sono ammalati con serio pericolo, ungendoli sulla fronte e sulle mani con olio d’oliva o, secondo l’opportunità, con altro olio vegetale, debitamente benedetto, pronunciando per una sola volta queste parole; Per questa santa unzione e per la sua misericordia pietosa il Signore ti aiuti con la grazia dello Spirito Santo affinché, liberandoti dai peccati, ti salvi e nella sua bontà ti sollevi.

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