Il “secondo giorno” a Kabul

L’Afghanistan, a cinque anni dall’intervento militare internazionale che ha posto fine al regime dei talebani, rimane ancora una promessa non mantenuta. È certamente vero che si è insediato un presidente, Karzai, e costituito un Parlamento, entrambi con piena legittimazione democratica. Ma questo non si è tradotto né in un miglioramento delle condizioni di vita né in un’affermazione irreversibile della democrazia. Si sa, in primo luogo, che il governo afghano controlla in realtà solo una parte del Paese. Inoltre il grave problema della produzione di oppio non solo non si è risolto, ma ha fatto registrare un netto aggravamento. Ma ciò che preoccupa di più è che l’Afghanistan si trovi nel bel mezzo di un’area di crescente instabilità, che coinvolge alcune regioni del Pakistan, l’Iran, talune repubbliche che appartenevano allo spazio geo-politico ex-sovietico. Una democrazia nuova e fragilissima si trova confrontata con spinte esogene ed endogene che rischiano di minarne dalle fondamenta la sostenibilità. È in questo contesto che la missione internazionale militare per l’Afghanistan (Isaf), che indossa un cappello Nato, ha compiuto una saldatura con le operazioni di contro-terrorismo, piuttosto robuste, condotte dalla spedizione americana (Enduring Freedom). Ma ciò avviene senza che si siano sinora registrati cambiamenti strutturali nella stessa natura delle azioni terroristiche, ed anzi in un quadro di crescente audacia di formazioni talebane che danno per giunta segni di rinnovata vitalità. Dinanzi a questo scenario non incoraggiante, e dopo le dolorose perdite subite anche dal nostro contingente, non è fuori luogo porre il problema di un ripensamento della natura stessa e dell’efficacia dell’impegno internazionale in Afghanistan. Non è un caso che anche il presidente degli Stati Uniti, George Bush, abbia voluto riunire alla Casa Bianca due leader-chiave quali lo stesso Karzai e il presidente pakistano Musharraf. Si è forse puntato finora in modo prioritario sullo strumento militare, che rappresenta solo una parte, per quanto importante, del grave dilemma della sicurezza in Afghanistan. Un rilancio dell’iniziativa politica è urgente. L’obiettivo è quello di rendere irreversibile il cammino dell’Afghanistan verso la democrazia, ma senza forzature occidentaliste, promuovendo un partecipazione più ampia e convinta del popolo afghano. Un proverbio afghano dice: Quando incontri qualcuno, il primo giorno siete amici; il secondo giorno, fratelli. La speranza è che il secondo giorno spunti presto, e non solo a Kabul.

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