Il sangue scorre all’aeroporto

Drammatica operazione terroristica a Mosca Domodedovo. La matrice sembra proprio cecena
attentato all'aeroporto di Mosca

Non si conoscono ancora nei dettagli i contorni della vicenda drammatica scatenatasi il 24 gennaio all’aeroporto moscovita di Domodedovo, il maggiore della capitale russa. Erano da poco passate le 13, quando un kamikaze, la cui testa e stata ritrovata ed avrebbe caratteri arabi, si è fatto esplodere nella zona degli arrivi. Nessuna rivendicazione finora è stata avanzata, ma quasi tutti gli osservatori evocano la pista nord-caucasica, cioè quella di Cecenia, Inguscezia, Daghestan e Cabardino-Balcaria, per intenderci.

 

Alcuni osservatori arrivano ad ipotizzare un coinvolgimento dei servizi segreti dell’Fsb, eredi del Kgb sovietico, in una feroce lotta che starebbe opponendo il premier Putin al presidente Medvedev (il primo vorrebbe mostrare alla Russia e al mondo che il suo delfino-concorrente non sarebbe all’altezza della situazione, incapace di mantenere l’ordine in patria). Ipotesi, tuttavia, che non raccoglie molti consensi tra gli addetti ai lavori. Mentre la pista del jihad caucasico raccoglie molti più consensi.

 

Il fatto è che la presunta pacificazione messa in atto con il terrore dal presidente ceceno Ramzan Kadyrov, con l’appoggio politico e soprattutto economico di Putin (il Pil ceceno è debitore per più del 70 per cento ai contributi in arrivo da Mosca), non è riuscita ad eliminare le frange estremiste del nazionalismo ciscaucasico. Morto un leader se ne fa un altro. L’irredentismo ceceno è passato dalle mani di Samil Basaev, carismatico capo dei combattenti ceceno-musulmani (ma mai dimenticare che l’elemento religioso conta poco nelle guerre caucasiche), a quelle, altrettanto decise e carismatiche, di “Dokka” Khamatovich Umarov. E i combattimenti continuano, come testimonia la ripresa degli attentati nella regione ciscaucasica.

 

A 150 anni dalla russificazione della regione ciscaucasica, la zona rimane in gran parte ostile alla “madre patria russa”, perché la russificazione non ha saputo integrare a sufficienza le centinaia di etnie diverse che da sempre popolano la regione (il greco Stabone ne aveva enumerate più di cento ancor prima dell’era cristiana).

 

Senza un coinvolgimento autentico delle popolazioni locali, spesso forti di poche migliaia di unità, non sarà possibile mai pacificare il Caucaso. Terra straordinariamente ricca e bella, ma anche conflittuale più di ogni altra al mondo. L’attentato di Domodedovo pare voler perpetuare ulteriormente la lotta di popolazioni schiacciate da secoli e in perenne conflitto tra di loro. Sperando che non riprenda la serie di attentati che dal 2002 sostanzialmente non si è più interrotta in Russia, in particolare nella capitale moscovita.

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