Il ruggito del coniglio

Antonello Dose Marco Presta

L’ultimo rapporto Anci (Associazione nazionale comuni italiani) ci informa, come se da soli non lo avessimo già notato, che le principali città italiane sono congestionate dal traffico. Ogni italiano passa in media, nelle 15 maggiori città della Penisola, due settimane intere in automobile all’anno. Tra i pochi risvolti positivi c’è la possibilità di ascoltare la radio e sintonizzarsi con il mondo esterno. Ogni mattina su Radio 2, da 15 anni, dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 10 Il ruggito del coniglio, programma famoso che non ha bisogno di presentazioni, fornisce la sua dose di umorismo quotidiano che distende i nervi dell’automobilista perennemente irritato e ci permette di arrivare in ufficio con i livelli di dopamina innalzati e avendo, altresì, acquisito qualche battuta da rivendere ai i colleghi. In un mondo dei media, come ha ripetuto recentemente il papa, impegnato a fare da megafono al male, un programma leggero (ma non solo) come Il ruggito del coniglio legge l’attualità in modo ironico portando un piccolo contributo di ossigeno in mezzo all’aria scandalistica che respiriamo. Il male vende, si sa, e il bene non fa notizia. Eppure trasmissioni radio, come quella citata, sono campioni d’ascolti. Tra i difetti una certa caduta di stile, a volte irriverente e irrispettosa, anche verso i temi religiosi.

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