Il ricordo di un amico: don Tonino Bello

Il 20 aprile è stato il ventesimo anniversario della scomparsa del vescovo di Molfetta, per il quale nel 2007 è stato avviato il processo di beatificazione. Lo ricordiamo attraverso le parole di una persona  che lo ha conosciuto bene
don Tonino Bello

Con la mia macchina andavo da Lecce a Leuca, percorrendo un tratto di superstrada. Poi la strada si stringeva e attraversava vari paesini, con un paesaggio che cambiava continuamente e passava da una bellezza all'altra, come in un gioco. In giro si vedeva poca gente. Arrivai dopo due ore e mezzo al rettilineo finale che portava a Leuca. Era una tarda mattina di maggio. Una giornata piena di sole che faceva rispecchiare tutti colori della macchia mediterranea.

All'improvviso si apre davanti a me una vasta distesa di mare di un blu intenso. Come al solito venni catturato da tale bellezza. Un mare sterminato mi dava la dimensione dell'infinito… Pian piano, poi, comparirono le poche case che erano sulla sinistra della strada e infine vidi davanti una costruzione, sulla punta sinistra del piccolo golfo di Santa Maria di Leuca. Era il santuario, nascosto per chi arrivava dalla terra, nel blocco dei vari edifici contigui, di “Santa Maria de finibus terrae”. Questo punto dell'Italia era sempre stato nei miei desideri: fin da bambino, quando studiavo la geografia, desideravo poter visitare il “tacco d’Italia”.

Arrivato nella piazza del Santuario, mi affacciai nel piccolissimo porto. Un mare limpido, si vedeva il fondale. Come sempre l'azzurro visto da lontano lasciava il posto alla “trasparenza”, segno che l'acqua era pulita. L’impressione fu molto forte. Veramente qui finisce la terra, mi dicevo, e continuavo a guardare il mare che si stendeva a perdita d’occhio. Mare nel quale ero passato più volte con la nave, ma che non avevo mai visto dalla terra.

La visita fu molto bella e oltre a vedere un magnifico panorama scoprìi che era un centro di spiritualità. Sulla sinistra della porta d'entrata, ancora oggi c'è una lapide che ricorda l'ultimo congresso Mariano, che si tenne nel maggio del 1949 per volere di Papa PioXII, per vedere il popolo cosa pensava sull'Assunzione di Maria al cielo.

Fu un immersione nella “marianità”, di cui il luogo parlava. La giornata passò tra emozioni intensamente spirituali e vari impegni e appuntamenti di lavoro. Così cominciai a frequentare spesso Santa Maria di Leuca. Tra l’altro conobbi la signorina Elisa, con la quale nacque una collaborazione di lavoro. Una donna molto semplice e buona di cuore, come le donne semplici del Sud Italia, dove la fede seppure semplice era molto radicata. Ogni volta che andavo, gli piaceva raccontarmi i piccoli fatti che in erano successi nel santuario, in particolare quelli dell'estate. Piccoli episodi, ad esempio la visita di qualche personalità… oppure di qualcuno del mondo del cinema o della televisione ecc., che per la sua fede umile e semplice erano cose di una certa importanza.

Però la cosa che più la prendeva era un sacerdote della diocesi, che secondo lei era un santo. Quando lo nominava, vedevo che il suo volto si illuminava tutto e ne parlava con foga e gioia. Era talmente coinvolgente, che ogni volta mi toccava fermarmi per poterla ascoltare ed evitare errori di conteggio. Veramente erano momenti commoventi… E spesso mi raccontava della notte del primo sabato di ogni mese, quando don Tonino Bello la sera partiva da Alessano, il suo paese nativo, e percorrendo i vari paesi arrivava all’alba con un nutrito gruppo di persone al Santuario di Leuca per il pellegrinaggio mensile.

Questo pellegrinaggio era molto sentito e la gente accorreva. Ogni volta quando aveva finito il suo racconto dell’anno, sempre mi chiedeva: “Lo conosci don Tonino?” Elisa era uno spettacolo, anche perché quando aveva finito, si rendeva conto che mi ero fermato nel lavoro e mi rimproverava perché avrebbe fatto tardi ad andare a casa. In genere era il mese di novembre e le giornate erano corte…

Passato qualche tempo, finito il consueto controllo e regolato tutto, mi disse: «Ti devo dire una cosa molto importante. È passato il mese scorso don Tonino e mi ha detto che vuole conoscerti. Se vai a Tricase lo trovi nella Chiesa madre, oppure nella piazza dove ha aperto un centro culturale per i giovani. Non puoi sbagliare, anche perché tutti lo conoscono».

Finito con Elisa, devo dire che sono andato a Tricase anche con un po’ di curiosità. Pensavo: finalmente potrò conoscere questo don Tonino, di cui sempre mi parla Elisa. Era un pomeriggio e arrivato in piazza, alla prima richiesta subito mi indicarono un Centro culturale teologico, all’altro lato della piazza.

Entrai e vidi un sacerdote con uno sguardo dolce e due occhi profondi, dissi: «Padre, mi scusi, cerco don Tonino» e mi presentai. Incontrai così per la prima volta don Tonino. Un uomo distinto, delicato, con gli occhi semplici e profondi. Appena mi fui presentato subito mi mise a mio agio e volle offrirmi un caffè al bar.

Parlammo un po’ di vari argomenti, poi lui mi diede dei cataloghi sui quali c’erano delle opere che voleva comprare. Ci mettemmo d’accordo sulle condizioni di pagamento e andai via. Qualche settimana dopo tornai per portargli i libri. Il rapporto fra noi fu cordiale e sereno come la prima volta. Parlammo di tante cose, ma le realtà che gli premevano erano lo studio e i poveri.

Consegnai i libri insieme ai nuovi cataloghi, regolammo tutto e andai via. Un mattino mi arrivò una telefonata in ufficio a Bari: era don Tonino che mi chiedeva quando sarei passato per Tricase. Dovendo andare a Lecce era facile arrivare a Tricase, così ci mettemmo d’accordo in fretta. Non ricordo dopo quanti giorni andai, ma questa volta la visita fu molto simpatica.

Don Tonino voleva comprare una grande opera (un dizionario) di circa 30 volumi che gli sarebbe costato molto. Per le mie conoscenze nel campo, avendo amici specializzati, sapevo che quell’opera era ritenuta poco scientifica. A me avrebbe fatto comodo vendere un opera che costava vari milioni, ma mi fermai e gli dissi: «Don Tonino, se compra quest’opera spende molto e io guadagno molto. Però so con certezza che scientificamente vale poco, mentre c’è quest’altra che costa meno, è vero che è più piccola, ma è di alto valore».

Mi guardò a lungo, poi mi disse: «Cosa mi consigli di fare?» Risposi: «Compra quest’opera! Risparmi e avrai in Biblioteca un opera di valore». Mi consegnò i cataloghi chiedendomi se avesse dovuto pagare subito tutto alla consegna dei libri. Risposi: «Don Tonino, tra noi ci aggiusteremo sempre».

Vidi il suo sguardo profondo. Da allora il nostro rapporto non fu più lo stesso. Qualcosa era cambiato, ma non capivo cosa e in che senso finché un giorno mi telefonò e mi chiese di passare da lui, se potevo. Lo trovai nel suo centro e come sempre andammo al bar. Era uno spettacolo vedere come la gente lo salutava mentre passavamo, con cordialità e affetto. Affetto vero della povera gente…

Dopo il caffè mi chiese se avevo un po’ di tempo e dopo avermi dato l’elenco dei nuovi acquisti ci avviammo verso la chiesa. Cominciò ad aprirmi il suo cuore, con la sua voce ferma e serena, con la sua cadenza marcatamente leccese: «Stanotte ho fatto un'altra nottata ad un vecchietto che è solo ed è moribondo. Cosa significa essere cristiani, se non si ama. Se non si aiuta il prossimo in particolare gli ultimi. Diciamo che siamo cristiani. Parliamo di Gesù Cristo, ma poi quando c’è qualcuno nel bisogno tutti scappano. Verso le due mi sono affacciato sulla piazza dal suo terrazzo e guardavo il paese silenzioso. Tutti dormono. Tutti sono tranquilli. Questi non sono pecore del Signore, sono pecoroni che pensano solo a pascere bene se stessi. Quanta sofferenza c’è e quanto amore è richiesto, ma noi cristiani che facciamo?»

Nelle sue parole si sentiva tutta la sensibilità evangelica imparata alla scuola di Gesù, e nello stesso tempo il dramma per un Chiesa borghese.

In occasione dell'incontro che i sacerdoti che aderiscono al Movimento dei Focolari fecero in Vaticano nella aula Paolo VI – erano settemila -, fu invitato anche don Tonino, che partecipò molto volentieri. Ci fu la concelebrazione con il papa e don Tonino fu molto toccato da Chiara Lubich, dalla sua personalità e dalla profonda spiritualità…

Negli incontri successivi, non fece accenni particolari a questo momento di grande intensità spirituale, diceva solo: «È stata un esperienza profonda e unica». Notai però, che aveva ancora cambiato il suo atteggiamento nei miei confronti. Era più premuroso, più fraterno… In ogni incontro mi coinvolgeva calorosamente nel suo (direi oggi) “Carisma” per i poveri e l’annuncio di Gesù ai poveri. La Chiesa doveva fare uno sforzo per annunciare Gesù Cristo ai poveri, perché il Vangelo è per i poveri…

Dal nostro primo incontro era passato poco più di un anno, quando un giorno, ai primi di settembre, il giornale radio della Puglia annunciò la nomina a nuovo Vescovo di Molfetta di don Tonino Bello.

Nel pomeriggio, verso le cinque, con un po’ di timore, pensando a quante persone si sarebbero fatte vivo, prendo il telefono e lo chiamo. Dopo qualche tentativo il telefono è libero e subito risponde. «Eccellenza, sono Enzo volevo fargli gli auguri per la nomina a vescovo». «Enzo grazie della telefonata e per favore non chiamarmi Eccellenza, dimmi piuttosto quando vieni a trovarmi? Vorrei che venissi quanto prima. Ho bisogno che tu venga quanto prima, per favore». Fui sorpreso e risposi con un po’ di incertezza: «Forse domani». «Fai tu, però vieni il prima possibile».

Mi organizzai con il lavoro e verso le sette di sera lo richiamai per informarlo che sarei andato il giorno dopo, nel pomeriggio. Dalla reazione alla risposta si sentiva che era molto soddisfatto. Arrivo ad Alessano intorno alle cinque e chiesi dov’era la sua casa. La piazza era piena di persone, il pomeriggio di ottobre era tiepido e gli uomini a quell’ora erano soliti andare in piazza a raccontarsi la giornata.

Mi avvicinai ad un gruppetto, tutti subito si misero a disposizione per darmi l’indicazione richiesta con delicatezza, dignità ed esattezza. Ringraziai. Arrivato a casa sua, il nuovo vescovo era con qualcuno e stava telefonando. Si sbrigò subito e prego la persona di lasciarci soli. Ero accompagnato da un giovane di Corsano, un paesino vicino, Biagio.

Al primo saluto «Eccellenza come sta?» Subito mi disse: «Enzo, chiamami don Tonino e dammi del tu».

Replicai: «Eccellenza, Chiara…» non mi fece finire e subito mi disse: «Senti Enzo, facciamo un patto. Tu mi chiami don Tonino e mi dai del tu, quando vedrò Chiara gli spiegherò io come stanno le cose…». Ci fu un caloroso scambio di saluti, come non c’era mai stato. Si vedeva un uomo diverso…

Ci sedemmo e disse: «Non siete voi che mettete in comune tutto? Voglio fare anch’io come voi». Era sereno, profondo come al solito… ma c'era qualcosa che voleva dirmi. Cominciò chiedendomi come stavo, come andava il lavoro e come era andato il viaggio da Bari ad Alessano. Delicatamente mi disse: «Devo farti una confidenza». Poi corresse: «Devo fare comunione. Ti devo raccontare una cosa. Quattro anni fa, mi hanno chiamato a Roma e mi hanno chiesto: "Don Tonino, come va? Come va il suo apostolato, è contento? Noi le vorremmo proporre di diventare vescovo, che ne dice?". Risposi: "Sono contento di fare il parroco, sto bene. Per favore fate un altro più degno di me. Ho i miei poveri, a chi li lascerei?" "Lei chiediamo scusa se l’abbiamo importunato. Le dobbiamo dare qualcosa?" mi dissero. "A Roma si viene sempre volentieri c’è sempre qualche servizio da fare, noi siamo alla fine del mondo”, risposi. Ci salutammo. Questo è avvenuto per tre anni. Mi hanno chiamato quest’anno e quando sono arrivato ho detto: "Sono qua ditemi cosa devo fare”. Non potevo continuare a rifiutare, Gesù Cristo si sarebbe dispiaciuto. Allora ho accettato. Ma io non volevo fare il Vescovo… ho paura dell’ipocrisia… i poveri sono sempre veri. Gli altri non si sa. Sarò vescovo! Chissà quanti verranno a venerarmi per falsità». Queste parole, dette con il suo accento leccese, assumevano un certo peso.

Cercavo di stare in silenzio affinché potesse dire tutto e sentirsi amato. Eravamo nel pieno della conversazione e fu interrotto da una persona, giunta per chiarire un particolare della funzione di Consacrazione che stavano preparando, al che disse: «Vedi? Non ho più un minuto per un amico. L’agenda è ormai piena, fitta. Credimi, se non fosse per tutti i poveri che verranno a salutarmi, farei la funzione in privato…».

Si vedeva che aveva il volto sempre luminoso, ma quest’ultima esternazione fece trasparire un qualcosa di doloroso… Rimanemmo soli. Ci fu un momento di silenzio. Poi cominciai: «Don Tonino, vorrei dirti una cosa». «Così va bene. Mi devi dare del tu. Dimmi!» «È un po’ difficile, perché sei un vescovo e io sono un povero laico…”

«Dimmi, dimmi!» Fu la risposta. «Se ricordo bene, Chiara all’incontro dei settemila sacerdoti, ha legato il sacerdozio alla figura di Maria sotto la croce “Donna ecco tuo figlio…”, non può essere che Gesù ti sta dicendo: “Don Tonino questa è tua madre Maria! Non una Maria giovane, bensì Maria “Desolata” sotto la croce?» Si raccolse un momento che sembrò un eternità. Era come estraniato, quasi in contemplazione… e venne fuori con un espressione densa: «Chiara! Chiara! Che donna! E che carisma». Poi poco dopo aggiunge: «Hai ragione! Hai ragione! Devo accettare quanto Chiara ci ha detto a quell'incontro». Aggiunse ancora: «Nella vita è bello conoscere certe persone… Ora che farai, non verrai più a trovarmi?» Fu come un espressione di tristezza che mi colse d’improvviso. Al che risposi: «No, no!»

«Va bene! Allora ti aspetto a Molfetta. La Parola di Dio, amata e vissuta certamente, va anche studiata». «Don Tonino, il giorno della tua consacrazione ho un incontro a Roma, come devo fare?» «Devi fare la volontà di Dio. Andare all’incontro. Se ti vedessi alla messa, sarei dispiaciuto perché non staresti facendo la Volontà di Dio».

Ci invitò al bar tra una telefonata e l'altra. Passando tra un ala di persone che lo salutavano, finalmente arrivammo. Consumammo, ma quando chiese il conto il barista disse: «Don Tonino è già pagato». «Ragazzi, non si fa così. È il vostro lavoro», rispose. Il barista aggiunse: «Don Tonino, non sono io ad offrire, ma è la gente. Non ti avremo per sempre e la gente ricambia perchè la vuoi bene». Un grazie a tutti, lo accompagnammo a casa e io tornai a Bari.

Nel frattempo la vita continuava e le voci giravano. Come sempre prima quelle negative, di derisioni e canzonature, poi le voci positive. Nel mio lavoro era facile sapere certe cose. Ogni volta che sentivo qualcosa di negativo mi dispiaceva e pregavo per lui. Quando sentivo le cose positive era sempre una gioia.

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