Il nostro 50° Natale

Questo che ci troviamo fra le mani è il 50° numero di Natale di Città nuova. Porta, come ogni volta, gli auguri della redazione e del Movimento dei focolari alla grande famiglia dei lettori. Natale con i tuoi… recita l’antico detto. Natale insieme, allora, come si fa in famiglia, anche sulle pagine della nostra rivista. Per alcuni, potrà essere la cinquantesima volta che questa festa si ripete. Per altri, la prima. E non ci sorprenderà il fatto che non faccia molta differenza essere i primi o gli ultimi arrivati. Il cuore è lo stesso e, se non fosse abusato il detto, potremmo aggiungere che è sempre giovane. Ma, soprattutto, la cosa ha un sapore evangelico. Per meglio interpretare questo Natale cinquantenario, cedo alla curiosità di sfogliare ancora una volta le annate di Città nuova. Procedo a ritroso per una decina di anni e mi fermo quando trovo un editoriale con gli auguri di Guglielmo Boselli. Lo sfondo è quello impresentabile del Natale consumistico – esordisce il nostro direttore -, dove quello che dovrebbe essere il ricordo dell’evento più straordinario della storia, in cui cielo e terra s’incontrano, è strumentalizzato sfacciatamente in funzione del mercato. E intanto, i mass media ci rovesciano addosso quotidianamente un altro spettacolo inverecondo: quello delle faide politiche e giudiziarie confezionate per distruggere i propri avversari. Non siamo al livello degli stermini di massa che avvengono in altri Paesi, o della fame che spegne decine di migliaia di vite. Ma certo non emerge la pace. Oggi come ieri, dunque. Ma troviamo anche notizie – prosegue Boselli – che fanno orientare persone che non si accontentano delle inadeguate consolazioni del benessere a guardare all’annuncio del Natale come a un punto di riferimento che può ridare senso all’esistenza. L’utopia dell’amore universale che esso ripropone appare allora come la cosa più reale, mentre tutto il resto sbiadisce. Sullo stesso numero trovo di seguito l’invito a guardare anche fuori di casa nostra, ai mali degli altri. Per loro non c’era posto titola un servizio che fotografa alcune fra le piaghe più dolorose di quel momento. Documenta l’esodo biblico per sfuggire alla mattanza umana scatenata fra hutu e tutsi. Si sofferma ad ascoltare il pianto per i non nati sulle cui tombe le madri giapponesi portano per anni giocattoli e dolcetti. Coglie lo sguardo spento del profugo bosniaco che insieme con la patria ha smarrito anche il proprio nome. L’invito è a trovare per tutti, almeno a Natale, un posto nel nostro cuore. Vado ancora qualche anno indietro e mi colpisce una copertina della rivista: Natale senza muri titola sotto l’eloquente foto di una famiglia che, affacciata al finestrino di un treno in corsa, saluta il proprio ingresso nella Germania unificata. Ricordo come quello del 1989 fu un Natale di grandi promesse. Pareva che indietro non saremmo tornati più. Oggi potremmo dire che fu anche un tempo di non poche illusioni. Tuttavia finalmente l’Europa si stava riunificando dentro i confini della sua più vera dimensione, con le conseguenze innegabili che ciò avrebbe comportato, in positivo, per l’intero pianeta. A questo punto mi accorgo che quella di riconsiderare i Natali di questi cinquant’anni, diventa un’impresa che esorbita dal tempo e dallo spazio concessimi. Volo dunque direttamente al Natale del ’57 e trovo il primo fra gli editoriali che Chiara stessa dedicò al Natale. Noi, Gesù, forse non scriviamo bene – dice prendendo spunto dal nostro lavoro di giornalisti improvvisati – ma un desiderio ci brucia in cuore: Oh, se fosse possibile incendiare il mondo di amore per te. Accetta ogni parola che pubblichiamo, gli sforzi che facciamo, le gioie che gustiamo nello scrivere di te. Mantieni nel nostro foglio il calore della carità, la soavità di un Natale che si perpetui nelle anime e nella società. E giacché tutti si scambiano doni in questi giorni, noi vorremmo fare un regalo a te. Siamo ormai tanti, migliaia, noi lettori di Città nuova. Ebbene, vogliamo ridarti, a nostro modo, la gioia di ritornare di nuovo nel mondo. Non vogliamo che Natale sia solo una dolcissima ricorrenza. Vogliamo che sia una divina realtà. A questo vuol concorrere anche il lavoro della redazione.

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