Il nome dei peccati

A proposito dell’articolo “Vivere da separati in nuove unioni” di Giulio Meazzini apparso sul n. 6/2010.
Famiglie

Giudicare? «I titoli: “Cattolici irregolari?” e “Adulterio?”, sono domande retoriche. Forse non avete usato la parola peccato, per timore di giudicare. Non si giudicano i peccatori, ma i peccati si devono chiamare col loro nome. Gesù non ha condannato l’adultera, ma le ha ordinato di non peccare più. Invece nell’articolo si legge: “Anche senza Comunione, queste persone trovano comunque Dio nell’amore reciproco, nella lettura del Vangelo, nell’amore al dolore, nell’avere Gesù in mezzo a loro”. A questo punto pare che il problema della Comunione non si ponga».

Bruno Petino

 

Soli «Figlio di una coppia che non si è mai formalmente separata, sono stato sottoposto a liti, manifestazioni di disprezzo, depressione di mia madre, un padre che passava meno tempo possibile a casa. Ancora adesso ne porto i segni psicologici. Forse se i miei si fossero separati avrei visto mio padre un po’ di più. Quello che ho imparato è che, in queste cose, non si può mai dare nulla per scontato.

«Un bambino ha bisogno di due figure di riferimento adulte, maschile e femminile. Nelle famiglie regolari queste figure sono quasi sempre il papà e la mamma. In casi estremi, un padre o una madre affidataria possono dare a un bambino ciò che il genitore naturale non vuole o non può dare, pur senza perdere mai il ruolo del genitore. Lo stesso può accadere con il compagno della mamma. Certo non è facile, i separati riuniti incontrano molte difficoltà. La Chiesa prevede momenti di aiuto per le coppie “regolari” in difficoltà, mentre una coppia di separati si trova spesso lasciata a sé stessa».

Graziano Lo Russo

 

Dolore «Dopo lo scandalo dei preti pedofili la Chiesa sta correndo ai ripari ammettendo al sacerdozio solo chi, dopo un’accurata selezione, è ritenuto idoneo. Perché non si dovrebbe fare altrettanto con i candidati al matrimonio? Se la Chiesa fosse più severa nell’ammettere le coppie al rito religioso, avremmo meno persone che poi si lamentano perché non sono ammesse alla Comunione».

Rosario Ninfa

 

Pubblichiamo tre interventi “critici” – su un articolo che peraltro ha suscitato molti echi estremamente positivi – perché riteniamo che essi dimostrino quanto delicato sia il problema dei separati in nuove unioni. Al sig. Petino in particolare vorrei ricordare quante croci pesino sulle spalle di chi, credente, si trova a ricominciare un’avventura di coppia dopo il fallimento del primo matrimonio: c’è chi ha il compito di ricordare il “peccato”. A noi è chiesto di non “scagliare la prima pietra”. (mz)

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