Il missile che preoccupa le superpotenze

Il governo guidato da Kim Jong-un ha effettuato con successo il lancio di un razzo missile. Le critiche di Usa, Russia e Cina e la preoccupazione dell'Onu. Cosa sta succedendo nella penisola coreana? Intervista a Pasquale Ferrara, esperto di questioni internazionali
Il lancio di un razzo dalla Corea del Nord

Alla fine Kim Jong-un ce l'ha fatta. Alle 9.49 (l'1.49 in Italia) di mercoledì 12 dicembre, dalla Corea del Nord è partito un "razzo-missile" verso Sud, che è finito nella acque dell'Oceano Pacifico, ad Est delle Filippine. Per il leader nordcoreano il lancio – dedicato al padre Kim Jong-il, il "caro leader" scomparso un anno fa – era finalizzato al trasporto nello spazio di un satellite meteorologico. Per il resto del mondo – Cina, Stati Uniti e Russia in testa – si è trattato di un test, per verificare la potenza del lancio che, essendo riuscito, sta provocando grandi fibrillazioni un po' ovunque.

«Anche perché, probabilmente, le capacità tecnologiche della Corea del Nord erano state sottovalutate: scoprire che il Paese vetero-comunista possiede strumenti di lancio di missili, che possono essere dotati di testate nucleari e sono in grado di raggiungere le coste nordamericane, è stato sufficiente a provocare un terremoto diplomatico. Immediatamente sono state avanzate critiche (anche dell'alleato cinese) e proteste formali, con il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon che ha pronunciato parole di condanna per le «conseguenze che l'atto provocatorio può avere su pace e stabilità». Ma cosa sta accadendo nella penisola coreana? Le storiche alleanze sono destinate a cambiare o le proteste della Cina vanno lette in maniera diversa? Ne parliamo con Pasquale Ferrara, politologo ed esperto di questioni internazionali.

La Corea del Nord è riuscita a lanciare un missile a lunga gittata. Perché la comunità internazionale è così preoccupata?
«Il lancio del missile è preoccupante non tanto per l'evento in sé, ma per altri due aspetti. Il primo riguarda la portata del missile che appare molto pericolosa, mentre il secondo, ancor più preoccupante, è che la Corea del Nord ha sviluppato un programma nucleare e nei fatti ha già l'arma atomica. Già il programma, da solo, è grave perché è stato realizzato in violazione delle norme internazionali; ma diventa ancora più pericoloso perché sul missile può essere montata una testata nucleare e questo diventa implicitamente una minaccia per tutti e non soltanto per i paesi vicini.

«Un altro aspetto da considerare è che la Corea del Nord è impegnata dagli inizi degli anni Novanta in un negoziato esapartito (Six Party Talks). Sono sei, infatti, i Paesi interessati: gli Usa in particolare, ma anche Corea del Sud, Giappone, Cina e Russia, che a più riprese hanno tentato di affrontare il problema del possesso dell'arma nucleare da parte della Corea del Nord, anche se con scarsi risultati».

Come sono attualmente i rapporti tra le due Coree?
«La Corea del Nord aveva firmato il trattato di non proliferazione nucleare, ma ne è uscita perché riteneva che le venisse impedito – come è effettivamente accaduto – di avere un proprio programma nucleare. Questo aspetto è estremamente preoccupante se consideriamo anche lo stallo dei negoziati con la Corea del Sud relativa alla "Sunshine policy", cioè la politica di apertura del governo sudcoreano nei confronti di quello nordcoreano, che a questo punto diventa abbastanza difficile da gestire».

Da tempo i due confini sono fortificati e ipermilitarizzati…
«La questione è che tra la Corea del Nord e i Paesi belligeranti della guerra di Corea non è mai stato firmato un trattato di pace. Esiste solo una situazione di armistizio, mai tradotto in un trattato di pace che liquidasse le questioni più controverse, ivi compresa quella della frontiera. La Corea del Sud non vuole sancire la divisione in due della penisola e si trova in una situazione simile a quella vissuta dalla Germania occidentale nei confronti della Germania dell'Est, con una comprensibile indisponibilità politica a sancire un confine per dividere una popolazione che ha vissuto unita per molti secoli. Ci sono elementi di ambiguità, ma il fatto che la Corea del Nord abbia accettato di partecipare ai negoziati esapartiti, anche se questo finora non ha prodotto risultati specifici, è di per sé positivo».

Anche la Cina sta chiedendo la fine dei test. Sta forse cambiando la mappa delle alleanze?
«Il fatto che si siano mossi i Paesi del Consiglio di sicurezza dell'Onu più importanti della regione, e in particolare Cina e Russia, con la partecipazione degli Usa, significa che c'è un forte interesse a fermare la proliferazione nucleare. La mappa delle alleanze, tuttavia, rimane invariata. Il Paese più influente con cui la Corea del Nord ha legami è la Cina, che però ha adottato un atteggiamento molto prudente, non solo per la difficoltà di scalfire la leadership granitica nordcoreana, ma anche perché teme il deteriorarsi della situazione, che potrebbe determinare un grosso problema per tutti, con notevoli afflussi di immigrati verso i confini cinesi. Nonostante tutto, comunque, anche se non sembrano esserci risultati concreti, è sempre meglio negoziare che sparare».

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