Il ministro (turco) che fa ridere le donne

In Turchia il vicepremier Arinc ha elargito una serie di consigli alle donne "per tutelare la propria compostezza", dall'abbassare lo sguardo di fronte agli altri al non ridere in pubblico in modo rumoroso. Consigli a cui le donne del suo Paese stanno rispondendo postando sui social network foto e video in cui se la ridono di gusto
Donne turche ridono per protesta

Non è bene che le donne ridano in pubblico in modo troppo sonoro. Non sta bene andare in bicicletta. E comunque mai andare con la gonna. Vietato stare in pubblico a capo scoperto, i capelli delle donne debbono restare nel nascondimento delle case. Le gonne mai sopra il ginocchio. L’abito bianco è universale segno di riconoscimento dell’onesta e illibata sposa. Nei giorni del ciclo le donne non possono avvicinarsi ai luoghi di culto. Abbassare lo sguardo sempre e mai per ultime. Le donne non possono guidare. Un trucco troppo vistoso è segno di poca serietà. Quando si ride meglio non far vedere i denti…

Da sempre le donne si sentono rivolgere, solitamente da uomini potenti e garanti dell’ordine religioso o politico, ammonimenti di questo tenore. Ultimo di una lunghissima serie di raccomandazioni – quando non si tratti invece di veri e propri divieti -, è arrivato in questi giorni il monito del vice-primo ministro turco Arinc. In occasione della festa della fine del Ramadan, si è prodigato in consigli alle donne su come tutelare il proprio onore e la propria compostezza. «Dove sono le nostre ragazze che arrossiscono, abbassano la testa e volgono lo sguardo lontano, quando guardiamo il loro viso, diventando un simbolo di castità? La castità è importante. Non è solo una parola, si tratta di un ornamento [per le donne]. Una donna dovrebbe essere casta. Dovrebbe conoscere la differenza tra pubblico e privato. E non dovrebbero ridere in pubblico in modo rumoroso».

Affermazioni che gli hanno tributato l’epiteto di “ministro che ha fatto ridere le donne”. Il discorso, pronunciato con viva apprensione dal ministro per la perdita di moralità pubblica, ha suscitato ripercussioni sui social network in Turchia, dove centinaia di donne hanno condiviso foto piene di sorrisi e pubbliche risate. Il substrato emotivo e culturale che alimenta simili affermazioni in luoghi geografici e tradizioni religiose e culturali diverse merita attenzione.

La femminilità ha sempre destabilizzato i contesti religiosi e tradizionali. Il corpo delle donne con la sua capacità di accendere emozioni e passioni ancestrali, la capacità dei gesti di muovere attenzione e curiosità, attraverso un sorriso, il tono della voce, il movimento delle mani, lo sguardo, sono spesso stati visti nel loro aspetto più oscuro e ambiguo, e demonizzati.

Così in molti Paesi le donne hanno imparato a contenere la propria femminilità, come fosse un nemico da cui difendersi, da controllare e sottoporre a regole sociali. Regole che nessuna cultura si sognerebbe di imporre agli uomini. Fatico persino a inventarli divieti simili per gli uomini: niente baffi, per carità, e guai a chi porta i bermuda, nascondere sempre polpacci e peli, meglio il cappello sempre sulle ventitré, soprattutto quando sono in ufficio, occhi bassi e un filo di voce dopo il tramonto e nei luoghi pubblici, divieto di pancetta per gli uomini sposati.

Facile cadere nel…ridicolo! E, infatti, le donne turche hanno scelto di farsi una bella e sonora risata. In maniera pacifica e ironica hanno restituito alla risata il suo vero potere, quello di sovvertire le regole, di spiazzare le convenzioni, di portare un po’ d’irriverenza nei confronti di chi vorrebbe tenere chiuse le donne dietro vetrinette di sicurezza. Per non fare i conti con la forza generativa e sovversiva dello spirito femminile.

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