Il Gruppo di Visegrád preme sulla Ue

La riunione del V4 propone un nuovo muro che isoli la Grecia dalla Bulgaria e dalla Macedonia. Il 18 febbraio l’Unione europea rischia grosso. Una lettera dalla Polonia
Biennale Venezia - Visegrad © Michele Zanzucchi 2015.JPG

Il V4 (Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia) si è riunito ieri a Praga in vista del summit europeo sulle migrazioni previsto per giovedì e venerdì prossimi a Bruxelles. Erano stati invitati anche i premier di Bulgaria e Macedonia, allo scopo di auspicare la costruzione di una barriera che separasse la Grecia, considerata inadempiente nel non filtrare gli immigrati provenienti dal Medio Oriente, dai Balcani settentrionali. D’altra parte il summit auspica che l’Europa sappia prendere decisioni condivise ma radicali per frenare l’immigrazione.

 

Qui in Europa occidentale spesso si fatica a capire l’atteggiamento del V4. Credo che una lettera ricevuta in redazione da un amico polacco, persona sensibile e non reazionaria, possa aiutare a capire l’atteggiamento del Gruppo di Visegrád, spingendo a una più decisa presenza della Unione nel grande scenario mediterraneo.

 

«L'atteggiamento dei governanti attuali – ci scrive il lettore polacco, un libero professionista – non è contrario all'accoglienza di profughi che hanno perso tutto a causa della guerra. Ne sono pianificati 7.000». Il realtà proprio ieri il premier polacco ha minacciato di ridurre il numero a 400. Continua il nostro lettore: «Il governo è contrario al modo con cui la questione è stata gestita soprattutto dalla Germania con un generale willkommen non concordato con tutti gli altri Paesi della Ue, a cui si vuol poi far seguire il dovere di tutti di accoglierli». Quindi l’auspicio: «Se si vuol fare qualcosa insieme occorre farlo già dall'inizio e non a cose fatte. Devo dire che il popolo polacco è uno dei più ospitali, come dimostrano i milioni di ebrei che vivevano in Polonia prima della II guerra mondiale. In Polonia, invece non ci sono le condizioni sociali per accogliere immigrati in cerca di guadagni, perché i polacchi stessi spesso non trovano lavoro ed emigrano in Inghilterra o in America. Gli emigranti lo sanno e in Polonia non vogliono venire. Vogliono andare nei Paesi che garantiscono loro un minimo sociale e prospettive di lavoro».

 

La lettera poi passa alla questione delle geurre in Medio Oriente: «Qui si pensa, poi, che i problemi del Medio Oriente e dell'Africa non si risolvono con l'emigrazione di massa, ma intervenendo politicamente ed economicamente sul posto, come continuano a ripetere i rappresentanti delle Chiese cristiane. La Polonia ha già offerto un contributo importante per far questo. Mi domando: ma i Paesi della Ue, per non parlare degli Usa, che sono stati la causa principale di destabilizzazione del Medio Oriente, non dovrebbero cercare di impegnarsi di più proprio in questo senso?». E conclude citando il mio articolo di ieri: «Sono perfettamente d'accordo con te nell'auspicare che la Ue sappia riallacciarsi ai principi dei suoi fondatori, che erano veri cristiani».

 

Se posso permettermi di sintetizzare la lettera dalla Polonia, quel che viene detto dal nostro lettore, che riporta in modo efficace il pensiero dei suoi connazionali, è sostanzialmente riassumibile in quattro punti: a) la Ue deve prendere decisioni condivise e non ogni Paese per conto proprio; b) certi Paesi dell’Est temono di perdere la loro identità (cristiana) accogliendo troppi immigrati senza avere la possibilità economica e culturale di integrarli nella loro società; c) la Ue deve impegnarsi di più negli scenari di guerra in Medio Oriente per risolvere i problemi alla radice; d) in mancanza decisioni condivise meglio blindare le frontiere della Ue. Credo che in queste affermazioni vi siano stimoli molto utili per la discussione del prossimo summit di Bruxelles. Non tutto quanto affermato dal V4 appare condivisibile, ma sarebbe utile andare oltre le richieste del momento per capire le ragioni di tali proposte.

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