Il governo alla Lega Nord?

Il Carroccio ha preso le distanze dal Pdl, Maroni da Bossi. Fatti inediti che minano il già traballante esecutivo.
Manifestazione del popolo leghista

Le Camere stanno per chiudere ma la politica difficilmente andrà in vacanza. Per fortuna, il salvataggio della Grecia deciso dal vertice europeo, può fruttare l’assestamento dei mercati e quindi far tirare un sospiro di sollievo sulle sorti dell’euro.

L’Italia ha già avuto modo di saggiare il proprio coinvolgimento nei destini dell’eurozona e la maxi manovra varata in una settimana rimane a monumento del pericolo corso. Oltre a ciò, in casa nostra non cessano le turbolenze politiche, elemento non di poco conto anche sotto il profilo della buona riuscita degli sforzi collettivi per il risanamento del bilancio pubblico.

 

Un fatto – che ha tutto il sapore di un evento-simbolo – è sopravvenuto a incrinare la già debole tenuta della maggioranza: il voto della Camera che ha dato il via libera all’arresto, chiesto dai magistrati di Napoli, dell’on. Alfonso Papa. Un fatto che non molto tempo fa sarebbe stato inconcepibile, visto che dal presidente Berlusconi era venuta la direttiva senza mezzi termini di votare contro. Eppure la Camera ha concesso gli arresti con 26 voti di scarto: un “ribaltone” che ha avuto la Lega come protagonista. Anzi, non esattamente la Lega, bensì il ministro Maroni in veste di leader del gruppo.

 

L’assordante assenza di Bossi e la presenza di Maroni, seduto tra le fila del gruppo come un deputato qualunque, anziché ai banchi del governo, danno il senso di qualcosa di nuovo che si può esprimere solo dicendo che la Lega non è più la Lega. Certamente è presto per archiviare Umberto Bossi, ma il vecchio leader comincia a cedere il passo e, a quanto sembra, non riesce a pilotare completamente la successione, come invece fa Berlusconi nel Pdl. Lo avevamo già visto estremamente debole a Pontida, dove aveva sparato cartucce a salve; poi i tentennamenti (inauditi, per uno come lui!) su varie questioni, inclusa quella dell’arresto a Papa, fino alla sceneggiata (costosa per di più) di aprire tre sportelli ministeriali in area “padana”, sono stati tutti annunci di una parabola che vede la fine.

 

Invece, il successo ottenuto come ministro dell’Interno ha reso Roberto Maroni forte e audace. Un successo, per dirla tutta, incentrato soprattutto sul fronte della lotta alla criminalità organizzata, perché per il resto non si possono dimenticare le sue decisioni, discutibili e spesso sconfessate dalle Corti, in materia di immigrati e di ordine pubblico. Fatto sta che il gradimento di Bobo Maroni presso l’opinione pubblica è molto alto e lui ha cominciato a credere in se stesso come candidato premier. Magari già da questa legislatura.

 

Si può allora cogliere l’occasione per riflettere un po’ in profondità sul significato della presenza di una forza come la Lega in una compagine governativa, esperienza che l’Italia fa ormai da molti anni a ogni livello politico-amministrativo. Conosciamo tutti alcuni tratti che caratterizzano la Lega Nord e ne determinano il successo elettorale. Accanto a una grande capacità di essere costruttivamente presente nella micro dimensione amministrativa (dalla buca da riparare alla raccolta dei rifiuti…), è l’ispirazione di fondo a conquistare: la chiusura difensiva nel proprio territorio, che si traduce in originario localismo secessionista (poi incanalato nel “federalismo” ma sempre in agguato) e nell’approccio intollerante verso gli “stranieri” (e tali sarebbero anche gli italiani del Sud) e verso la pluralità delle fedi religiose.

 

Il richiamarsi al “sentire del popolo” come sequela dei suoi umori istintuali e fatalmente non elevati rende la Lega un fornitore di risposte altrettanto istintuali e di corto respiro, con grande sacrificio del necessario spessore culturale e di una visione storica e profetica.

In una parola, si sacrifica la politica. Infatti è proprio della politica (e dei partiti! E infatti la Lega è un “movimento”) raccogliere le domande, traendole magari dalla “pancia” di un popolo, soppesarle ed elaborare risposte adeguate alla loro dimensione, a volte addirittura epocale (vedi il tema dell’immigrazione).

 

Se invece ci si accontenta di risposte all’ingrosso, si ottiene consenso nell’urna, ma alla lunga si paga un prezzo. Ci sono cose che fanno la civiltà di un popolo e gli conferiscono grandezza sulla scena della storia. Per noi, i valori della solidarietà (ma più esattamente bisognerebbe dire della fraternità) e dell’unità politica della nostra terra, costata tanto sangue, da tante parti. Questi valori sono davvero usciti indenni dalla propaganda leghista di questi anni?

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