Il giardino d’inverno

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In una città come tante altre, in una strada come tante altre, c’era una casetta a due piani che non assomigliava affatto a tutte le altre. Mentre le altre case, ogni mattina, spalancavano le loro finestre per accogliere la luce del giorno, questa teneva le imposte ostinatamente chiuse, come palpebre abbassate su un viso corrucciato. Se ne stava là, imbronciata, da diversi anni e si poteva pensare che fosse disabitata, ma non era così. Dalle persiane chiuse, infatti, filtrava spesso il suono di un pianoforte. Era una melodia struggente e malinconica e dava l’impressione che la casa avesse una voce e chiamasse qualcuno, con tono accorato. A suonare era un bravo compositore,Tristano. Molti anni prima, egli era stato famoso e i teatri facevano a gara, per mettere in cartellone le sue opere. A quel tempo, la casa non aveva le imposte chiuse e dal suo giardino, in primavera, proveniva un intenso profumo di rose. Ma un giorno una composizione di Tristano era stata fischiata da un gruppo di giovani, in un grande teatro della città. Il musicista ne era rimasto molto amareggiato e aveva pensato: Se il pubblico non capisce più la mia musica, non suonerò più per nessuno. D’ora in avanti, la mia musica sarà soltanto mia!. Si era rifugiato in casa e aveva sbarrato tutte le imposte. Da allora, in primavera, non si era più sentito il profumo delle rose. Ogni anno, quando la Primavera veniva a dare il cambio all’Inverno, suonava il campanello di Tristano. E, ogni anno, si svolgeva lo stesso dialogo: Chi è? domandava il musicista da dietro le imposte. Sono la Primavera. Via, via, qui non entra nessuno!. Ma è tutto freddo lì da te, lasciami entrare a far rifiorire il tuo giardino e il tuo cuore. Ti ho detto di andare via, non mi piacciono le novità. È proprio perché il pubblico corre dietro alle novità che non ha più apprezzato la mia musica!. E così la Primavera se ne andava, mentre il giardino del musicista rimaneva ricoperto da una spessa coltre di neve. In mezzo al giardino, una pianta di calicanto innalzava i suoi rami spogli, come braccia levate verso il cielo. Tristano viveva nel suo passato e nella sua casa, tutte le lancette degli orologi, giravano in senso contrario. Guardandole indietreggiare, il musicista diceva a sé stesso: Ecco, stanno andando verso le ore della felicità!. Allora, seduto davanti al grande pianoforte a coda, eseguiva i brani composti nella sua giovinezza, che avevano portato dovunque calore e allegria. La gioia però sembrava essere misteriosamente scomparsa dalle note che uscivano ora dal pianoforte. Il vecchio musicista non riusciva a capire come mai la sua musica non fosse più quella di un tempo. E le ore della felicità, anziché avvicinarsi, si allontanavano sempre di più. Un giorno in cui Tristano era particolarmente concentrato sulla sua esecuzione, il campanello suonò. Era la metà di gennaio, un po’ presto perché potesse trattarsi di Fata Primavera. Ma allora, chi poteva essere? Il musicista si levò dal suo sgabello e si avvicinò alla finestra. Chi è?, chiese, senza scostare le imposte. Antonella!. Antonella e poi?. Antonella, basta. Tristano scostò un pochino le imposte: giusto per mettere il naso fuori e dare una sbirciatina. Sul marciapiede c’era una bimbetta che, sicuramente, non aveva più di cinque anni. Guardava verso la finestra sorridendo e scuoteva una bellissima cascata di riccioli rossi. Il musicista socchiuse le imposte. Cosa vuoi? domandò, sforzandosi di dare alla sua voce un tono gentile. La musica… posso entrare a sentirla?. La stavi già sentendo? disse Tristano, un po’ contrariato. Poi si accorse che la bambina aveva le scarpine affondate nella neve. Ma sì, forse è meglio che tu venga dentro, potresti prenderti un raffreddore. Antonella entrò e andò a sedersi su un divano di raso bianco, di fianco al pianoforte.Tristano riprese a suonare. Le note sembravano folletti che uscivano dallo strumento dopo essere stati a lungo prigionieri e riempivano la stanza di risate e di allegria. Antonella batteva le manine, entusiasta e il vecchio musicista comprendeva che si può gioire veramente soltanto di quello che si dona. Quando smise di suonare, Tristano vide che le lancette dell’orologio, posto sopra al pianoforte, avevano ripreso a girare nel senso giusto.Anche Antonella guardò l’orologio e chiese: Che ore sono, signore?. È l’ora della felicità! rispose commosso il musicista. Poi promise alla bimba che, tutti i giorni, avrebbe potuto ascoltare la sua musica. E tra qualche mese coglieremo insieme le rose nel mio giardino. Il giardino! Posso vederlo?. Tristano accompagnò la bambina in giardino.Anche qui una sorpresa lo attendeva. I rami spogli del calicanto si erano ricoperti di fiorellini gialli che emanavano un profumo intensissimo. Come sono belli! – esclamò Antonella, accarezzando i fiori a forma di stella -. Sono i fiori del cielo. Sì – disse Tristano accarezzandole i riccioli -, davvero, oggi, un pezzettino di cielo è sceso nel mio giardino.

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