Il filosofo che pensava con il cuore

Raimon Panikkar, inclassificabile, un uomo portato a costruire ponti. Al di là di certi “dubbi teologici” è stato un grande del dialogo.
Varanasi

Ognuno di noi – raccontava Raimon Panikkar – è come una goccia d’acqua. Quando cade nell’acqua del mare la goccia sparisce, ma all’acqua della goccia non succede niente. Si unisce a tutto il mare, a tutto il divino, ma non perde la sua vera natura. Così avviene con la morte. Non andiamo persi, quello che sparisce sono le difficoltà di comunicare, di abbracciarsi, di amarsi, che nascono dal nostro individualismo.

Raimon Panikkar, filosofo e teologo catalano è tornato al mare infinito a fine agosto, concludendo i suoi giorni terreni all’età di 91 anni. Chi l’ha conosciuto non potrà dimenticare il suo sorriso saggio, la raffinata eleganza del suo saio indiano, gli occhi da bambino cerchiati da occhialini rotondi, le mani affusolate in movimento, il parlare equilibrato che all’improvviso prendeva fuoco… con una battuta di spirito e una gentile risata.

 

Nato a Barcellona da madre cattolica e padre induista, sacerdote cattolico, aveva una cultura vastissima, lauree in chimica, in filosofia e lettere, in teologia. Padroneggiava con facilità una ventina di lingue antiche e moderne. Autore di circa 80 libri, ha insegnato nelle più grandi università d’Europa, dell’India, degli Stati Uniti. A 36 anni la permanenza per studio e meditazione presso la città santa indù di Varanasi, sul Gange, costituisce l’inizio di un nuovo percorso. Amava ricordare questo passaggio come un viaggio senza ritorno: «Sono partito cristiano, mi sono scoperto indù e ritorno buddhista, senza cessare per questo di essere cristiano». Un’identità quadruplice che diverrà il tratto specifico della sua esistenza: cristiana per nascita ed educazione, indù per origine e riscoperta, buddhista per «risultato del lavoro interiore» e, infine, secolare per quel contatto sempre vivo e aperto con la cultura contemporanea e il mondo occidentale. Panikkar amava i ponti e odiava i muri, immaginava il mondo come una rete di strade che si intersecano e si incrociano.

 

Al centro del suo pensiero filosofico vi è il dialogo fra diverse tradizioni religiose. Un dialogo che arriva al cuore dopo che tutti gli interlocutori hanno relativizzato le proprie credenze e abbattuto i propri muri interiori. Un dialogo che nasce solo dall’incontro vero tra le persone; «Se gli occhi non si parlano, se non si dicono quello che non si può dire, non può cominciare un dialogo». L’altro è tutto: è l’altera pars di noi stessi, è per noi «rivelazione» nel senso che può diventare fonte inesauribile di sapere e di comprensione della realtà. A patto che si abbandonino modalità dialettiche e di contrapposizione per intraprendere il cammino di un “dialogo dialogale” improntato alla fiducia reciproca e all’ascolto profondo. «Il campo del dialogo dialogale non è l’arena logica della lotta fra le idee, ma piuttosto l’agorà spirituale dell’incontro di due esseri che parlano e si ascoltano». In tal senso, anche la filosofia di Panikkar non è solo “amore della sapienza”, quanto piuttosto “sapienza dell’amore”. Un pensiero che si fonde con il sentire, perché non esiste amore senza conoscenza e conoscenza senza amore.

 

Panikkar riteneva che tutto quello che riceviamo, la vita e la cultura, non è nostro, possiamo solo condividerlo e contribuire in questo modo alla creazione continua. La sua vita è stata, così, aperta a condividere con molti la conoscenza ma anche la gioia e l’amore per la vita. La felicità che ha coltivato non apparteneva al tempo, non era un ricordo, né un’attesa, né una astrazione. Non affondava nella ragione né nella volontà. Nella sua filosofia «felicità e divinità sono la stessa cosa. Se tu sei felice, sei già divinizzato. Anche la Trinità che non è esclusiva della religione cristiana ma presente simbolicamente in ogni religione, ci ricorda che un Dio da solo sarebbe un triste Dio, senza felicità».

Il suo pensiero sarà presto interamente pubblicato in Italia dall’editrice Jaca Book, le ceneri del suo corpo disperse nel Gange secondo l’antico rito indù, il suo spirito libero continuerà ad accompagnare chi vorrà seguirà le sue orme.

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