Il federalismo degli sperperi

Deve oramai appartenere ad una sorta di anti-cultura collettiva lo smarrimento del senso della cosa pubblica.
Al Consiglio regionale laziale con la Polverini

Deve oramai appartenere ad una sorta di anti-cultura collettiva lo smarrimento del senso della cosa pubblica e delle stesse istituzioni come luoghi dove persone e partiti sono al servizio, attraverso la rappresentanza democratica, di un’intera popolazione. Non si spiega altrimenti la normalità con cui nella Regione Lazio tutti (sottolineo: tutti) i gruppi politici che compongono il Consiglio regionale tranquillamente continuavano a spendere e spandere somme ingenti di danaro pubblico.
Cifre che si contano in milioni di euro, lievitati – pare – da 1 a 14 in poco tempo. Certo, poi arrivano i distinguo: «Ma noi li abbiamo usati bene, gli altri male; noi abbiamo fatto politica, gli altri clientele e affari personali». E sia; non si può fare di tutt’erba un fascio. Ma neppure si può sminuire la portata paradossale di ritenere normale (è bene insistere su questo concetto) auto-assegnarsi migliaia e migliaia di euro, senza regole né controlli. La vicenda della Regione Lazio, poi, è servita a scoperchiare il pentolone degli sprechi su scala regionale; dopo le disfunzioni nazionali dei “rimborsi elettorali”, scopriamo altri 20 canali di finanziamento pubblico ai partiti e un'altra rete di vitalizi, doppi incarichi, segreterie faraoniche, rimborsi gonfiati e via dicendo. In Campania, Calabria, Piemonte e Lombardia sono in corso vecchie e nuove indagini giudiziarie.

Ma come siamo arrivati a normalizzare tanto sperpero? Con la progressiva e inarrestabile sostituzione dell’interesse pubblico con l’interesse privato, dal partito alla corrente fino all’estremo del singolo politico e del suo clan familiare-clientelare. Con una tale malattia, un organismo che vive di democrazia semplicemente si avvia a morire. Esiste una cura? Esiste, e sta nella riscoperta di una bellezza: quella dell’agire pubblico che realizza sé stesso guardando al bene comune, dove la sobrietà è stile spontaneo. Nuove e drastiche regole possono aiutare e per invertire la rotta sono oggi indispensabili, vedi la legge anti-corruzione. Ma deve cambiare il Paese: uomini e donne, eletti e cittadini, senza distinzione, siamo tutti chiamati a rifondare il nostro rapporto con la cosa pubblica su nuove e più civiche basi.

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