Il dono nascosto

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Cerano una volta un’ape, una farfalla e un piccolo ragno. No, c’era una volta un fiore. Non fa differenza perché l’ape, la farfalla e il ragno abitavano tutti nel calice dello stesso fiore. Il ragno Taddeo era un bravo musicista. Con i fili della sua ragnatela costruiva delicate arpe dalle quali traeva dolci melodie. Sulle note della sua musica, la farfalla Clarissa danzava leggera, sfiorando i fili d’erba e le corolle dei fiori. L’ape intanto dipingeva le foglie del prato. Il suo soggetto preferito erano le nuvole. Come parecchi artisti, l’ape era molto distratta: si era dimenticata persino il nome che le avevano dato alla nascita, per questo tutti la chiamavano ape Ape, con la a maiuscola. Nel prato, non tutti amavano i nostri tre amici. Qualcuno li trovava un pochino stravaganti e i più li giudicavano degli scansafatiche. Da che mondo è mondo – osservava contrariato un vecchio ragno – con i fili di ragnatela si costruiscono ragnatele che sono molto utili per procurarsi bocconcini prelibati, perché sprecarli per costruire delle arpe?. Io dico che è una vergogna buttar via così il proprio tempo, per dipingere delle foglie, quando si ha la fortuna di saper preparare del buon miele – aggiungeva una formica, indignata. Io invece – diceva una formica – non riesco a sopportare la farfalla Clarissa. Ma guardatela, si pavoneggia da un fiore all’altro, mentre noi stiamo qui a faticare!. Lasciate dire a me che sono qui da tanti anni – concludeva un albero di mele – sul prato si sta per lavorare, per rendersi utili, per compiere il proprio dovere. Quei tre lì invece non fanno proprio nulla e non sono utili a nessuno. Per me potrebbero anche sparire che non me ne accorgerei nemmeno!. E un giorno Ape,Taddeo e Clarissa sparirono veramente. Una scolaresca era venuta sul prato in cerca di foglie, fiori e piccoli insetti da portare a scuola, per poterli studiare. Un bambino aveva visto il fiore, dentro al quale stavano il ragno, l’ape e la farfalla e lo aveva strappato esclamando: Che fortuna, quattro in un colpo solo!. In un primo momento, nessuno si accorse che l’ape, la farfalla e il ragno erano scomparsi. La vita nel prato continuava a svolgersi normalmente, secondo i suoi ritmi antichi. Fu una formica la prima a rendersi conto che qualcosa non andava. Gettò per terra il carico che trasportava e si sdraiò su una foglia di primula, pensando: In vita mia, non ho mai fatto così fatica a portare a casa una briciola di pane: credo proprio di essere ammalata. Poco dopo arrivò un’ape e si sdraiò anche lei sulla primula. Oggi non si lavora?, chiese, vedendo la formica sulla foglia. Se è per questo, neppure tu hai l’aria di darti molto da fare – replicò la formica -! Sei arrivata qui e ti sei stesa, come su una poltrona di velluto!. È vero – disse l’ape risentita – ma io ho una buona scusa: credo di essere ammalata. Oggi non ho la forza di succhiare nemmeno un grammo di nettare!. Anche tu sei ammalata? – chiese la formica, improvvisamente gentile -.Allora sarà meglio andare tutte e due dal grillo Ireneo, che è un bravo medico. Davanti alla tana del grillo, l’ape e la formica trovarono una lunghissima fila di insetti, in attesa. Ma la cosa più incredibile era che sulla porta dello studio del grillo c’era un cartello che diceva: CHIUSO PER MALATTIA. Un altro gruppo di insetti era radunato sotto al grande albero di mele: tutto il lavoro nel prato si era fermato, tutti si sentivano ammalati.Anche il melo gemeva: Oh, povero me, mi sembra che i miei rami si spezzino! Questo carico è troppo pesante!. Mentre tutti si lamentavano dei loro dolori, una piantina d’ortica piangeva in silenzio. Sei ammalata anche tu?, le chiese un ragno, trovando la sua ragnatela inzuppata di lacrime. Non so se sono ammalata. Io piango perché mi mancano tanto i disegni di Ape sulle foglie. Se è solo per questo – brontolò il ragno – non hai che da guardare in alto: lì è pieno di nuvole, identiche a quelle della tua ape!. Ci ho provato, ma non è la stessa cosa. Quelle là sono troppo lontane, non si abbassano ad accarezzare le mie foglie come quelle che dipingeva Ape. Una lumaca, che aveva ascoltato il discorso dell’ortica, improvvisamente esclamò: Forse è proprio questa la causa dei nostri mali: ci mancano l’ape Ape, la farfalla Clarissa e il ragno Taddeo. Può darsi… – ammise una formica – io devo confessare che, mentre trasportavo i miei carichi, ascoltavo sempre le melodie di Taddeo e, forse non me ne accorgevo, ma era proprio la loro dolcezza che mi faceva dimenticare il mio peso. E anch’io – disse a bassa voce un ragno – ammetto che seguivo le danze di Clarissa, mentre tessevo le mie ragnatele e questo rendeva meno monotono il mio lavoro. Quanto a me – aggiunse l’albero di mele – mentre seguivo (magari borbottando!) i disegni che Ape tracciava sulle mie foglie, dimenticavo il carico di frutti che dovevo sostenere. Ma su questo non avevo mai riflettuto. Ah, se non avessi queste robuste radici che mi tengono legato al suolo, correrei in capo al mondo a ricercarli! . Io posso andare a cercarli – propose un’allodola – Ma da dove potrò incominciare?. Forse li hanno portati via i bambini che sono venuti sul prato con la loro maestra – disse il melo – prova ad andare alla scuola. L’allodola volò fino alla scuola e, sul davanzale di una finestra, trovò un bicchiere dentro al quale c’era il fiore in cui stavano Taddeo, Clarissa e Ape, tranquillamente addormentati. Forse non si erano accorti di nulla. L’allodola, reggendo delicatamente il fiore, lo riportò nel prato, riaffondò le radici nella terra. Quando si svegliarono, Clarissa, Ape e Taddeo ripresero, come ogni giorno, a danzare, a dipingere, a suonare. E, dovunque si muovessero, venivano accolti da un coro riconoscente di Grazie! Grazie!. I tre amici si guardarono commossi e un po’ stupiti. Non capisco – disse Ape – noi stiamo facendo solo il nostro dovere, come tutti i giorni. Non sapevano che, mentre loro dormivano, tutto il prato aveva imparato una grande lezione.

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