Il dolore che genera la vita

«Chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo». (Sal 126 (125),5). Questa Parola di vita è tratta da un Salmo che canta l’intervento decisivo e potente di Dio che libera il suo po-polo dall’esilio di Babilonia e che continua a intervenire, lungo la sua storia, ogniqualvolta lo vede abbattu-to, scoraggiato, insidiato dal male. È la storia di ciascuno di noi, con-densata in un’immagine efficace: da una parte l’incertezza, la trepidazione del seminatore che affida alla terra il seme (sarà buona la stagione? spunte-rà il frumento?), dall’altra la gioia del-la raccolta della mèsse sospirata. Quando pensiamo la nostra vita, ha scritto Chiara Lubich, spesso la im-maginiamo tutta armoniosa, come «una serie di giornate che ci propo-niamo una più perfetta dell’altra, col lavoro compiuto bene, con lo studio, col riposo, con le ore trascorse in famiglia, con gli incontri, i convegni, lo sport, con i tempi di ricreazione… svolti nell’ordine e nella pace (…). C’è sempre nel cuore umano la spe-ranza che le cose vadano così e solo così. «In realtà, il nostro “Santo viaggio” poi si dimostra diverso, perché Dio lo vuole diverso. E pensa lui stesso a introdurre nel nostro programma altri elementi da lui voluti o permessi, perché la nostra esistenza acquisti il vero senso e raggiunga il fine per cui è stata creata. Ed ecco i dolori fisici e spirituali, ecco le malattie, ecco mille e mille sofferenze che parlano più di morte che di vita. Perché? Forse perché Dio vuole la morte? No, ché anzi Dio ama la vita, ma una vita così piena, così feconda che noi – con tutta la nostra tensione al bene, al positivo, alla pace – non avremmo mai saputo immaginare». Ed ecco l’immagine del seminatore che getta un seme destinato a morire, quasi segno delle nostre fatiche e del nostro patire e l’immagine del mieti-tore che raccoglie il frutto della spiga germogliata da quella morte: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto». «Dio vuole che durante la vita noi sperimentiamo una certa morte o, a volte, molti tipi di morte – ma (…) per portare frutto, per fare opere degne di lui e non di noi semplici uomini. Questo è per lui il senso della nostra vita: una vita ricca, piena, sovrabbondante, una vita che sia un ri-flesso della sua». Come vivere questa Parola di vita? Ce lo suggerisce ancora Chiara, che ci guida nella attuazione della Parola di Dio: «Occorre valorizzare il dolore, piccolo o grande, prenderlo in rilievo (…). Dar valore in particolare alla fa-tica, al sacrificio che comporta l’amare il prossimo: è il nostro tipico dovere». È un dolore che genera la vita! E questo senza mai arrendersi, anche quando non vediamo il risultato, ben sapendo che a volte «uno semina e uno miete». Quale sarà il futuro dei figli che cerchiamo di educare il me-glio possibile? Chi vedrà gli effetti del mio impegno sociale e politico? Non stanchiamoci mai nel fare il bene, i frutti ci saranno comunque, forse molto più tardi, forse altrove, ma ci saranno. Una speranza, una certezza, una mèta sicura ci sta davanti nel cammi-no della vita. Le difficoltà, le prove, le avversità, dalle quali a volte ci sentiamo oppressi, sono un passaggio ob-bligato che ci apre alla beatitudine e alla gioia. «E allora avanti! Guardiamo al di là di ogni dolore. Non fermiamoci solo a quella sospensione, a quella prova… Guardiamo alla mèsse che verrà». Patricia, 22 anni, studentessa di di-ritto, da un po’ di tempo ricopre la carica di assistente di un direttore di dipartimento. «Fin dall’inizio – ci confida –, mi sono proposta di cercare sempre di migliorare il lavoro e di curare il rapporto con i miei colleghi, facendo in modo che ognuno si senta apprezzato». Ma spesso si tratta di andare con-trocorrente nel difendere i propri princìpi, fino alle ultime conseguenze, come lei stessa racconta: «Una perso-na importante nel mio ambiente di lavoro, che godeva di certi privilegi, aveva un comportamento chiaramen-te disonesto. Dovevo dirglielo». Per aver manifestato le sue convinzioni, Patricia perde però il lavoro. «Ho sofferto terribilmente, ma allo stesso tempo ero tranquilla, perché sapevo che avevo agito in modo giusto». Non si dispera poiché è forte in lei la coscienza di avere un Padre a cui tutto è possibile e che l’ama oltre mi-sura. Sembra impossibile nella situazione economica e lavorativa che vive il Paraguay, eppure quella stessa sera le arrivano due proposte di impiego. Il nuovo è addirittura migliore del precedente e più direttamente collegato con i suoi studi.

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