Il detective dei santi

Cristoforo Bove, francescano, ha indagato per anni sulle vite dei futuri beati: da Padre Pio a Chiara Luce Badano.
Padre Cristoforo Bove

Il suo ufficio è zeppo di cassetti, su cui è affisso, in modo artigianale, un foglio bianco con un nome, la data di morte e talvolta una sbiadita foto d’epoca. Dentro ci sono le storie di laici e religiosi, prossimi santi. Siamo in Vaticano, palazzo della congregazione delle cause dei santi, davanti a padre Cristoforo Bove, francescano conventuale, che da trent’anni studia e indaga sulla vita dei futuri beati. Nel suo curriculum ci sono nomi importanti: padre Pio, i coniugi Beltrame Quattrocchi, Gianna Beretta Molla e Chiara Luce Badano. In attesa ci sono i politici: Giorgio La Pira e Igino Giordani. Padre Bove, però, non potrà portare a termine questi lavori, perché lo scorso ottobre è morto improvvisamente. Pochi giorni prima lo avevamo incontrato perché ci spiegasse come funziona quella che, impropriamente, viene definita la “fabbrica di santi”. Riportiamo stralci dell’intervista, la sua ultima intervista, una testimonianza sul fascino e non sulla burocrazia della santità.

 

 Padre Bove, chi decide della santità di una persona?

«Decide il popolo. Quando muore una persona in fama di santità, il popolo si rivolge al vescovo e lui comincia un’indagine, si esaminano gli scritti, la vita, si raccolgono testimonianze favorevoli e contrarie. Dopo si chiede alla Santa Sede di aprire il processo di canonizzazione».

 

Un iter piuttosto lungo…

«Dopo questa prima fase due teologi esaminano gli scritti assieme a dei periti storici. Quando il fascicolo arriva in Vaticano, c’è un relatore che lo studia e nove teologi esaminano le virtù. Alla fine è il collegio cardinalizio a decidere, previo accertamento del miracolo, studiato da una commissione mista di medici, scienziati, teologi. La firma del papa decreta la beatificazione». 

 

Perché solo alcuni sono proclamati santi, quando tanti vivono eroicamente?

«La santità è sempre la meraviglia di Dio nella storia della pochezza umana. I santi non sono uomini o donne straordinari, Dio li ha scelti come testimoni della sua meraviglia. Perché alcuni sì e altri no, non lo so. La santità proclamata dal papa è la punta di un iceberg. La Chiesa, comunque, ha fatto dei passi lungo i secoli: partita dall’idea greca dell’eroe, ha canonizzato chierici e religiosi prima del concilio di Trento; poi ci sono stati gli educatori, oggi c’è la santità coniugale, come provano i coniugi Beltrame Quattrocchi, o quella sociale di madre Teresa. Oggi la santità è più ordinaria e i santi sono proposte pastorali».

 

Padre Pio e La Pira, un religioso e un laico. Cosa l’ha incuriosita delle loro vite?

«La santità non è un mistero: è vocazione comune di ogni essere umano e di quanti vivono onestamente e lealmente dinanzi al mistero del trascendente. Padre Pio non è santo per le stimmate o gli odori o la bilocazione: sono rumori di contorno, perché la vita mistica è un’esperienza umana all’interno della quale ci sono tremori, sudori: espressioni che hanno del mirabolante e ci colpiscono. A me, invece, ha meravigliato la sua capacità di stare ore di fronte all’Eucarestia, il bisogno di tenersi legato al mistero.

«La Pira fa il sindaco, conosce la macchina amministrativa e lì porta dentro non la testimonianza di un cristiano bigotto ma le sue convinzioni morali: non le predica, le vive».

 

Sotto Giovanni Paolo II, il suo ufficio veniva chiamato la “fabbrica dei santi”. Non erano un po’ troppi?

«Prima dei suoi viaggi apostolici, Wojtyla chiedeva sempre se c’erano figure rappresentative di un’etnia o di una nazione. Lui ha voluto dare a ciascun popolo i suoi modelli, ma soprattutto ha aperto gli occhi della Chiesa su tabù quali i martiri dei regimi comunisti e nazisti, i martiri spagnoli, quelli delle rivoluzioni sociali. La Chiesa non ha conosciuto tanti santi come nel XX secolo. Il nostro ufficio non è una fabbrica. Siamo al servizio del magistero di Pietro».

 

Una domanda interessata. Cosa pensa di Chiara Lubich, anche lei testimone carismatica di questo secolo?

«Chiara non è la fondatrice del Movimento dei focolari, è più di una fondatrice. Ha un carisma nella Chiesa che non appartiene al movimento: il richiamo all’unità, a Gesù abbandonato sono due cardini spirituali che non esistevano nella storia della cristianità, quindi ridurla a fondatrice di un movimento mi sembra poco. I seguaci fanno fatica a staccarsi da lei, invece bisogna restituirla alla Chiesa. La santità di Chiara non sta nell’eroismo. È una donna tutta presa dalla continua meditazione del mistero di Dio e degli uomini e lo vive come è lei: una donna che cura la sua persona, i rapporti umani, i dettagli; e poi c’è una schiera che la segue, e questo la rende grande, la rende profeta».

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