Il casinò finanziario in Borsa

Ad inizio 2016 stanno chiudendo per eccessivo ribasso le maggiori piazze finanziarie cinesi generando paura a livello mondiale. Dopo la corsa all’oro della finanza drogata, per invertire la rotta, occorre una ripresa economica fondata sugli investimenti. Intervista ad Andrea Baranes, di Banca etica 
cina

Nel primo giorno di apertura delle borse del 2016, in concomitanza con l’esordio dell’operazione Fca/Ferrari sulla piazza Affari di Milano, i listini europei hanno registrato l’effetto negativo della chiusura anticipata della quotazioni a Shanghai e Shenzen, in Cina, per eccessivo ribasso.

 

Un senso di timore segna da tempo l’attesa dei dati che arrivano dal colosso asiatico che, in qualche modo, ormai in tanti sanno quanto possa incidere nell’economia mondiale globale. Ne abbiamo parlato, allargando lo sguardo oltre il dato immediato, con Andrea Baranes, presidente della fondazione culturale di Banca etica.

 

 Come si spiega il calo record delle borse cinesi ad inizio 2016?

«Una prima spiegazione è legata al rallentamento dell’economia cinese: il Prodotto interno lordo dovrebbe crescere meno del previsto, il che potrebbe ridurre i profitti delle imprese cinesi, e quindi i rendimenti delle azioni. Le Borse calano, adeguandosi a queste minori aspettative. Una spiegazione “classica”, che da sola però difficilmente riesce a spiegare il crollo di questi giorni a fronte di un PIL che potrebbe crescere del 6,7% invece del 7%.

 

Se la spiegazione tradizionale non regge, come va letto questo segnale ormai ricorrente?  

«In realtà le Borse cinesi erano e sono enormemente sopravvalutate, con quotazioni totalmente scollegate dalla realtà economica. Più che domandarsi perché oggi assistiamo al crollo, dovremmo domandarci coma sia stato possibile assistere a crescite ininterrotte delle Borse per tre anni di fila e con guadagni superiori al 100% in un solo anno. E’ la classica bolla finanziaria: le Borse salgono più dell’economia, quindi conviene mettere i propri capitali in titoli finanziari. L’apporto di capitali fa gonfiare i prezzi, e l’aumento dei prezzi attira nuovi investitori o speculatori, in una spirale che si autoalimenta».

 

Con quale partecipazione degli investitori?

«In pratica anche i piccoli risparmiatori cinesi si sono indebitati per partecipare a questa corsa all’oro. Basta poi un evento in sé limitato, appunto una previsione leggermente al ribasso della crescita economica, per portare qualcuno a vendere. Con la vendita calano i prezzi delle azioni, il che spinge altri investitori a vendere a loro volta, e parte l’effetto palla di neve, con lo scoppio della bolla».

 

Cosa emerge dallo “scoppio” della bolla finanziaria?

«Immediatamente si si può domandare quale sia stata la scintilla: se le previsioni sul PIL, una mossa errata della Banca centrale cinese o altro, ma parliamo appunto della scintilla. Dovremmo interrogarci,invece, sull’incendio, ovvero su una finanza ipertrofica e autoreferenziale, e partire da qui per evitare che simili episodi si ripetano in tutto il mondo con una tale frequenza e gravità»

 

Quali sono le conseguenze a livello mondiale di questa finanza ipertrofica? 

«Il rischio reale è quello di assistere a un contagio a tutte le principali Borse mondiali, con cali più o meno repentini. Da un lato esiste ormai un unico mercato finanziario globale, con capitali che ruotano 24 ore su 24 alla ricerca di possibili profitti. Un collegamento sempre più stretto che fa sì che problemi locali si ripercuotano rapidamente in tutto il Pianeta. C’è però anche una seconda questione: la ripresa, in particolare in Europa, stenta. Soprattutto, a causa delle decisioni di politica economica di questi anni, parliamo di una ripresa che si fonda in massima parte sulle esportazioni. I piani di austerità e i tagli hanno depresso la domanda interna, mentre si è puntato tutto sulla competitività per esportare più del vicino».

 

(continua)

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