Il cardinale nella borgata

In attesa dell'elezione del nuovo papa, gli elettori hanno celebrato messa nelle parrocchie romane. Parlando del prossimo appuntamento e chiedendo preghiere, perché lo Spirito Santo intervenga. Abbiamo partecipato ad una di queste celebrazioni, al Pigneto
Roma

 

Ogni cardinale, in preparazione del conclave, ha partecipato in questa domenica alla celebrazione eucaristica nella Chiesa romana di cui è titolare, e grazie alla quale partecipa all'elezione del vescovo di Roma. Le televisioni e i siti ne hanno dato notizia, dando spazio soprattutto, per comodità, a quelli che sono titolari delle parrocchie del centro della città. Invece noi abbiamo voluto andare più in periferia.

Una parrocchia semplice, in fondo povera, è quella del Pigneto, verso la Casilina, una delle borgate romane più popolari. Qui c'è la chiesa di Sant'Elena a Porta Prenestina, il cui titolare è il cardinale brasiliano Joao Braz de Aviz, attualmente prefetto della Congregazione per i religiosi e le religiose.

La messa è quella delle 10.30, per i bambini. Ed è perciò con linguaggio adatto a loro che si esprime uno dei 115 grandi elettori del futuro pontefice, chiedendo ai più piccoli il loro commento sulla parabola del figliol prodigo: «Il papa prossimo sarà un papà buono, che sa essere padre, un papa del Vangelo. Che Dio scelga la persona giusta per questo momento. Un uomo per tutta la Chiesa, e per la Chiesa di Roma in particolare». Auspica un conclave breve, e che lo Spirito Santo intervenga. Chiede a un bambino chi sia questo misterioso Spirito Santo. «È Dio», risponde il piccolo. E il cardinale: «È Dio che ci ama molto».

Dice poi, rivolgendosi all'intera assemblea, che nelle congregazioni il clima è molto più positivo di quanto non dicano televisione e giornali: «Ci si ascolta e c'è una grande libertà di parola. E sappiamo che in tutto il mondo si prega per noi, perché venga lo Spirito Santo e noi cardinali facciamo la scelta giusta. Questo ci è di grandissimo aiuto e conforto». E conclude: «Abbiamo sentito che siamo una grande famiglia, la famiglia della Chiesa». Il cardinale per testimoniare questa certezza trova pure il tempo di raccontare un episodio che l'ha visto protagonista con un confratello, col quale si sono chiesti scusa per un equivoco che li aveva divisi.

Il popolo che affolla la chiesa è fatto di gente semplice, qualcuno chiede addirittura al cardinale se sia la televisione a decidere chi sarà il nuovo papa. Ma la maggior parte dei presenti ha ben chiaro, invece, che «il nuovo papa deve essere un uomo di Dio, un uomo del Vangelo», come mi spiega una parrocchiana madre di tre figli. E mi viene da pensare che è proprio questa gente semplice, questo popolo romano, con tutte le sue debolezze, che seppur non direttamente elegge il proprio vescovo. «Che lo si voglia o no, la Chiesa è innanzitutto “popolo di Dio”, non centro di potere, non luogo di lotte intestine, non un posto dove l'amore manca. Io ho fiducia», mi dice un uomo sulla quarantina.

Poi tutta la parrocchia prende un caffè assieme, nel baretto che don Stefano, il parroco, ha voluto costruire nel cortile. Una festa di popolo.

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