Il cammino del dogma
L’8 dicembre segna una tappa importante per definire l’identità di Maria. E’ frutto di un cammino, di una ricerca, durata secoli. «Il dogma – spiega il mariologo Stefano Cecchin – non è una legge che viene imposta dall’alto, ma è l’apice della maturità di fede che l’intera comunità cristiana è chiamata a raggiungere in una progressiva e comunitaria ricerca della verità». Nella Bibbia non ci sono tracce della “concezione immacolata” di Maria e per un millennio non si trovano tracce negli scritti degli autori cristiani. All’inizio di tutto il cammino storico-teologico che porterà alla proclamazione del dogma si trova la celebrazione della Concezione di Sant’Anna, madre della Theotokos. La festa è fissata per il 9 dicembre alla fine del VII secolo. Dalla Palestina si propaga in tutto l’Oriente basandosi sul Protovangelo di Giacomo che comincia a introdurre il dibattito sull’idea della lontananza di Maria dal peccato originale. In Occidente la festa della Concezione di Maria è documentata per la prima volta in Inghilterra nell’XI secolo in ben tre diversi calendari liturgici. Con l’introduzione della festa cominciano i problemi. San Bernardo di Chiaravalle, morto nel 1155, l’ultimo dei padri della Chiesa, una delle maggiori figure della cristianità occidentale, ritiene che in sintonia con la dottrina del tempo, non sia opportuno celebrare la festa di Maria che mai era stata santificata. Il peccato originale si trasmette a tutti gli uomini che nascono per generazione paterna, per cui Maria avrebbe ricevuto la liberazione in un momento successivo nel grembo materno. Solo Gesù ne sarebbe stato immune perché fu concepito e nacque da una vergine madre. Maria, invece, è nata per normale generazione e quindi, non può non avere il peccato originale. Alessandro di Hales, siamo già nella prima metà del XIII secolo, introduce l’idea che Maria, in vista della sua missione di diventare madre di Dio, fu santificata prima della sua nascita mentre era ancora nel grembo di Sant’Anna.
La soluzione la trova un francescano inglese, anche lui, come gli altri, insegnante alla Sorbona di Parigi che introduce il concetto di preservazione di Maria dal peccato originale per essere predestinata a diventare la madre di Gesù. Duns Scoto scrive: «Maria non contrasse il peccato originale proprio per l’eccellenza del suo Figlio come redentore, riconciliatore e mediatore. È infatti perfettissimo mediatore colui che è in grado di porre il più perfetto atto possibile di mediazione rispetto alla persona per la quale media. Perciò Cristo ebbe il più perfetto possibile potere di mediare a favore di colui per il quale mediava; e non ebbe tale titolo in grado più eccellente nei riguardi di nessuna persona come per Maria». Scoto non separa l’anima dal corpo per cui Maria nello stesso istante in cui fu concepita ricevette la grazia che la preserva dal contagio con il peccato originale. La teoria della “preservazione”, detta anche “l’opinione francescana” o “pia sentenza” accende la miccia delle dispute per anni nelle città e nei villaggi. Da una parte i seguaci di Scoto, gli “immacolisti”, dall’altra i seguaci di san Tommaso “i tomisti” o “maculisti” che seguono le teorie aristoteliche del tempo per cui l’anima subentra nel corpo solo quando sono sviluppate le membra principali. E il peccato originale ha per oggetto l’anima, non il corpo. Non essendoci contemporaneità tra anima e corpo, non c’è neanche contemporaneità tra peccato originale e grazia. San Tommaso crede che la cancellazione del peccato originale «sia avvenuto subito dopo la concezione e l’infusione dell’anima », ma non sa il momento esatto. Sono dispute che continuano per secoli.