Ideologia, ninfa gentile

Purtroppo mi capita spesso di ripetere fra me, anzi di canticchiare, l’inizio modificato di una settecentesca canzonetta postarcadica di Ippolito Pindemonte: Melanconia/ ninfa gentile, la cui continuazione dice che non conosce il vero piacere chi non conosce quello della malinconia. Io modifico: Ideologia, ninfa gentile…. Dicono infatti che le ideologie sono morte. Magari. Sono vive, clonate, riprodotte sotto falsa identità, vivissime, anche se sono per il più ufficialmente defunti i riferimenti storici, gli ismi delle loro radici (liberalismo, marxismo, evoluzionismo…). Ed è un gran male, perché l’ideologia è un sistema, piccolo o grande, di pensiero chiuso, in cui tutto ciò che non collima con il già definito circuito di idee (riguardante tutto e tutti) viene modificato, reinterpretato, o espulso con disonore. L’ideologia non riconosce altro che se stessa come fonte di verità. Marx, scrivendo L’ideologia tedesca, chiamava ideologico, cioè falso, il pensiero (della sinistra hegeliana) incompatibile con il proprio, facendolo reo – ecco la specifica distorsione ideologica – di non lasciarsi ricondurre al suo. Faccio ora un esempio recente, a malincuore, perché riguarda una persona per tanti aspetti stimabile e a volte esemplare, un uomo ci cultura tormentato e lucido, Norberto Bobbio, recentemente scomparso. Il quale una volta giunse a dichiarare, con mio sgranamento d’occhi (e d’orecchi) che chi è contro sia la sinistra che la destra, è di destra. Questa è ideologia pura, veleno puro che ti intossica senza che tu te ne renda conto. Altro esempio: al tempo del concitato dibattito referendario sull’aborto, ricordo episodi di aspra intolleranza nei confronti dei contrari alla legge, che proiettavano documentari di aborto, definiti dagli avversari terroristici: era terroristico farlo vedere, l’aborto, non farlo, secondo quella logica perfettamente ideologica. Sono andato a vedere La Passione di Mel Gibson, e nella sostanza il film mi è piaciuto molto, anche se avrei alcuni rilievi storici e teologici da fargli, importanti ma per me non delegittimanti (a prescindere dalla discussione sul presunto antisemitismo, di cui non vedo traccia). Ciò che mi lascia sorpreso è la violenta ripulsa e il disprezzo di chi non critica (legittimamente) ma demonizza e delegittima l’opera non accorgendosi di stare ideologicamente respingendo, con il film, il fatto storico stesso: come ideologicamente ha fatto un intellettuale affermando che nessuno studioso laico potrebbe accettare la storicità dei Vangeli. A questo siamo? E perché mascherare ideologicamente il proprio (legittimo) rifiuto del cristianesimo, e del Cristo stesso, dietro critiche cinematografiche o presunzioni scientifiche? Perché non essere onesti con sé stessi e con gli altri? Ma l’ideologia è potente, è una ninfa gentile o meglio una insidiosa sirena che negli stretti passaggi della modernità disorientata insinua il suo canto mortale di negazione o deprezzamento di ogni verità (Pilato era buon ideologo: Che cos’è la verità?), con l’arma esclusiva della propria verità sterminatrice di verità. Così, nel circuito di presunzione inclusiva o premeditazione espulsiva, viene reso impossibile ogni ripensamento (bloccato dal pre-pensiero), ogni atto di apertura della mente e di disponibilità – disponibilità! – dal cuore, nell’accezione biblica, cioè del centro profondo dell’uomo.

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