I valori dimenticati dell’Occidente

Intervista al professor Giovanni Reale, pubblicata sul numero 11 del 2005 della rivista Città Nuova. L’attualità della scelta “reazionaria” nella ricerca delle ragioni profonde della filosofia
Giovanni Reale

In antitesi con la corrente del pensiero debole e del relativismo, Giovanni Reale, nella raccolta di saggi intitolata “Valori  dimenticati dell’ Occidente”, tracciaunaricerca rivolta alle ragioni profonde della filosofia.

L’immensa crescita del potere tecnico dell’umanità ha incrinato la fede nelle verità immutabili, eppure proprio questa situazione richiede una nuova coscienza dei valori ultimi slegati da valutazioni di tipo utilitaristico: la metafisica esige che si abbia la forza di credere in una “Verità inutile”, una verità non economicamente produttiva.

Giovanni  Reale,  “ricercatore del vero”, attinge alle sorgenti del pensiero antico per richiamare alla memoria ciò che il contemporaneo avrebbe invece voluto dimenticare o dichiarare inconsistente. Riprende un’ istanza del filosofo neoplatonico Beierwaltes : “Cercare di sradicare alcune idee distruttive dell’ uomo d’ oggi attraverso il passato è un compito centrale della filosofia”. Fa proprio il significato di “reazionario”  individuato da Nicòlas Gòmez Dàvila, il cui pensiero aforistico fa da filo conduttore alle diverse parti del testo : “Il vero filosofo, dunque, non è mai un portavoce della sua epoca ma è un angelo prigioniero del suo tempo”.

Chiediamo al professor Giovanni Reale : in che senso, con Nicòlas Goòmez Dàvila, il termine “reazionario” assume un significato positivo?

La parola “reazionario”  è di solito considerata in senso negativo, cioè contro il progresso. Può esserci un’ altra faccia della medaglia in cui “reazionario” èpositivo. Nicòlas Gòmez Dàvila diceva addirittura che ogni autentico uomo che crede nei valori è un reazionario, e che Platone è più di tutto un reazionario : reazione contro la negazione.

Oggi si chiama nichilismo, cioè “l’ uomo è misura di tutte le cose”. Siccome non ci sono valori, tutte le teorie sono uguali nello zero. Albert Camus diceva che la vita di Napoleone e la vita di uno scaricabarile sono uguali. L’ una vale zero come l’ altra. “Reazionario” dunque indica il reagire contro questo sistema distruttivo, per recuperare valori solidi.

In Grecia ha vinto Platone nella battaglia contro i sofisti. Nelle Leggi afferma che “misura di tutte le cose è Dio”, e “amico di Dio è colui che cerca di imitarlo nella giusta misura”. La giusta misura greca è, appunto, quella che l’ uomo di oggi ha assolutamente dimenticato. Il volere sempre di più non ha limiti. Ha ragione dunque Gòmez Dàvila nel dire che reazionario è colui che rimane saldo su principi che non possono assolutamente essere distrutti.

In che misura recuperando la metafisica platonica è possibile una rinascita della filosofia e un ripristino dei valori?

Platone, con la scoperta della metafisica, ha rivoluzionato la storia del mondo. La teoria delle idee è la scoperta che esiste una dimensione dell’essere, che non è confinabile entro il dominio dei cinque sensi. Il meta-sensibile per la prima volta è recuperato a livello di pura ragione. Platone ne ha dato la dimostrazione, e questa è la sua grandezza.

Il fatto che Socrate si trovi in carcere non lo puoi spiegare con delle cause fisiche, ma per una scelta e un valore morale. Per quanto riguarda le dottrine non scritte, Platone ha spiegato che tutta la realtà è fatta di due principi, l’Uno e la Diade. Oggi Platone rimarrebbe esterefatto, e direbbe che in questo momento prevale il principio diadico, perché tutto si divide: marito, moglie, padre, madre, figli, maschio e femmina, partiti, correnti, sottocorrenti. Nella Repubblica Platone osserva che il bene della città è una città capace di fare unità, ordine nel disordine, numero nel caos. Oggi la psicoterapia riscopre la stessa risposta: tu hai il caos dentro di te, vediamo di fare ordine nel caos. La terapia dei malesseri di oggi è rifare unità in questa scissione diadica. Questo è quello che fa il demiurgo nel  Timeo :creare il kòsmos  dal caos. Questa è la posizione platonica.

Nel panorama della filosofia contemporanea quale filosofo ha quest’ istanza?

Hans Georg Gadamer è molto platonico. Nell’ ultima intervista che gli ho fatto ha affermato di amare Platone più di Hegel e di Heidegger, perché è l’ unico ad avere insegnato a comunicare, a interpretare e a porre domande nel modo corretto. Oggi, nell’ epoca delle e-mail e dei cellulari, si è perduta questa capacità di rapporto, perché l’ uomo scava il vuoto dentro sé e il vuoto non sa parlare.

Bisognerebbe recuperare il dialogo nell’ accezione antica del dialegein  nel confronto ad personam?

Si tratta certamente del dialegein dei dialoghi platonici, ma anche del recupero del ruolo significativo dell’arte come espressione del vero. Gadamer e Heidegger dicevano che il poeta esprime il vero.

Dall’ illuminismo in poi è sfumata la credenza nell’ escatologia trascendente e in quella immanente, e ne è derivata la disperazione, il non senso, l’angoscia. Se il vero per l’uomo di oggi è solo l’ angoscia espressa, ad esempio, nel capolavoro di Munch, allora non può derivare che quello. Ma se il vero è quello che Papa Giovanni Paolo II ha visto con la sua fede e con la sua ragione, cioè la verità vista poetando, pensata filosofando, vissuta e creduta nella fede, allora sono potuti nascere splendidi versi…il concetto vissuto e visto come immagine, come è avvenuto per Dante.

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