I valori di Genova

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Dal mare, dal cielo, dalla terra: la città sorprende da qualunque parte la si raggiunga. Stupisce per come si aggrappa ai contrafforti, per l’abitato che stende come un manto attorno alle tante insenature che tracciano il confine tra terra e mare, per la bellezza delle sue architetture. 700 mila abitanti, quasi la metà della Liguria, di cui è baricentro geografico, economico e culturale. Una storia ricchissima: l’indipendenza durata sette secoli, la repubblica marinara con colonie in tre mari, Tirreno, Egeo e Nero. Genova “la superba”: medievale, manierista e barocca, moderna o avveniristica. Un fascino multiforme. Nella sala del G8 Al cuore della città, nel Palazzo Ducale si riunirono in luglio i grandi di questo mondo. La sala del Maggior consiglio, luogo dell’incontro, anche stasera, 14 dicembre, brilla di marmi, lustri e pitture. Fuori infuria il Grecale: gli aerei non atterrano e le navi non attraccano. Eppure seicento impavidi, dinanzi ad un maxi schermo, lo sfidano. Dentro, invece, mille fortunati vivono un momento di calore umano e spirituale. Oggi la città aggiunge una scheda all’anagrafe: Chiara Lubich diviene cittadina di Genova. Una cerimonia informale e concreta: i discorsi, non di prammatica, vengono pronunciati ex abundantia cordis, come commenta un latinista. Il vicesindaco Montaldo – l’ideatore della cittadinanza fa gli onori di casa – va subito al sodo, ricordando come il 2001 sia stato per Genova «un anno di grandi temi e valori: giustizia, equità, fraternità». L’acme – nel bene e nel male – è stato raggiunto col G8; ma oggi «si conclude nel modo migliore, mostrando una città solidale». Il cardinale Tettamanzi, memore anche della cittadinanza a Riccardi, elogia la municipalità quando riconosce il valore «di persone che si distinguono come costruttrici di fraternità e pace». Sottolinea «quanto Chiara consumi energie per l’ideale del testamento di Gesù». E pare sicuro: «La città saprà accogliere il suo messaggio, sotto il segno della carità». Poi, inatteso, il discorso di Shahrzad Housmand, docente di cultura islamica a Roma III, iraniana, dottore sia in teologia islamica che cristiana. Alcuni anni fa ha incrociato le idee di Chiara, facendole proprie pur restando musulmana: al 100 per cento. Si chiede come una donna cattolicissima, occidentale, che parla sempre di Gesù, abbia toccato il cuore dei seguaci di Maometto. «Le sue parole – si risponde – entrano nel profondo delle anime, quelle anime che sono di Dio e tornano verso di lui». Ed è per questo, continua, «che lei parla per te cristiano, per me musulmana, per lui ebreo, per loro buddhisti e per loro non credenti». Si riprende fiato: la preside di Lettere e filosofia dell’Università di Genova, Angeli Bertinelli, consegna a Chiara Lubich la medaglia d’oro dell’ateneo genovese. Poi l’on. Gambale traccia un profilo di Chiara, anche lui da “discepolo”. Sottolinea tra l’altro «la sua capacità di coniugare il particolare e l’universale, la persona singola e i popoli» e la preminenza della vita sulla teoria. Ripete quindi un’affermazione forte della nuova genovese: «La politica è l’amore degli amori». Il sindaco Pericu si mostra toccato da tali parole. Si schermisce perché, dice, la cittadinanza, pur essendo il massimo riconoscimento della città, non potrà mai premiare adeguatamente «una personalità ricchissima e i valori che ha saputo esprimere». E conclude: «Vogliamo essere un piccolo megafono del suo messaggio». Consegna quindi il riconoscimento nell’ormai consueto (per chi segue Chiara in giro per il mondo) crepitare di flash e di applausi, che lei attraversa con la libertà di chi si considera solo strumento di un carisma. L’urgenza della solidarietà La neo cittadina si rivolge ai presenti elogiando la “genovesità” (vedi box a lato). Poi il presente riprende i suoi diritti: «E la Genova di oggi? », si chiede. E ricorda come, avendo chiesto il vicesindaco dott. Montaldo, in vista del G8, di suscitare occasioni di dialogo sulla globalizzazione, con l’aiuto del comune e della diocesi il movimento aveva organizzato il congresso “per una globalizzazione solidale, verso un mondo unito”, con giovani di 27 nazioni. Ne nasceva il “Documento di Genova” che arrivava fino al tavolo del G8, ottenendo consensi (vedi Città nuova n.12/2001, e il libro appena uscito da Città Nuova editrice dal titolo: Per una globalizzazione solidale). Poi la città rinnovata, qualche passo avanti verso la costruzione di una nuova società, il pesante ritorno di violenza. Però «Genova non si è limitata a deplorare chi l’ha, in certo modo, sfigurata ed a smarrirsi in amari ricordi. Essa ha sufficienti risorse umane, politiche, imprenditoriali e culturali per sollevarsi in ogni oscura evenienza; ed ha soprattutto, a sua portata, la compagnia e l’ispirazione dei suoi santi. Essi stanno lì a ricordarle quella verità che emerge da ogni tragedia umana: e cioè che esiste un Dio Padre di noi uomini il quale, se non vuole opporsi alla libertà di cui ci ha dotati (anche quella di fare il male), sa trarre sempre un bene da ogni male». Persino dalla tragedia dell’11 settembre: «L’urgenza della solidarietà si sta facendo strada dovunque nel mondo. Perché è una verità che tutti noi siamo fratelli. E il realizzarsi della fraternità, non è che il piano di Dio sull’umanità. Genova non manca di questo anelito». Quindi, come regalo alla popolazione della città, Chiara offre «un dono che chiunque, se vi si sente attratto, può fare proprio»: il suo carisma, atto «a generare proprio la fratellanza ». Prima di lasciarsi, il sindaco accompagna Chiara a salutare la folla intirizzita nel cortile di Palazzo Ducale. «Faremo qualcosa per Genova», promette la nuova genovese, come aveva fatto nel gennaio 2000 in Campidoglio per la città di Roma. I progetti non mancano, e se ne riparlerà. Terminata la cerimonia, si scorgono consiglieri di opposte fazioni stringersi la mano dinanzi ai fotografi. Il cardinale commenta: «Vorrei sottolineare l’attenzione dei rappresentanti delle istituzioni genovesi che sono stati aiutati in modo mirabile, dolce ma forte, a capire che i problemi umani possono essere risolti in maniera positiva a partire dal cuore del cristianesimo, e cioè dal valore divino-umano dell’unità ». E il sindaco: «Le contraddizioni del mondo d’oggi possono essere superate solamente se il messaggio di pace, d’uguaglianza e di giustizia prosegue. Volevamo essere ancora il luogo da dove parte un messaggio di pace: Chiara Lubich ha consentito alla nostra città di far ciò». Gli ultimi degli ultimi Un passo indietro, 13 dicembre. Sulla collina di Carignano, il Palazzo della Regione si erge tutto vetro e cemento. Nella sala consiliare viene consegnata a Chiara Lubich la prima edizione del “Premio Regione Liguria per la cooperazione allo sviluppo, la sensibilizzazione alla solidarietà internazionale e alla pace”. Il conferimento, decretato all’unanimità, avviene mentre la maggioranza è passata al Polo delle libertà, quando invece la legge istitutrice del premio era stata varata dal centrosinistra. Unanimità che si è ripetuta proprio due giorni addietro, quando il Consorzio Tassano – legato all’Economia di Comunione – ha avuto un’audizione in queste stesse sale, in vista del finanziamento di strutture necessarie alle sue cooperative sociali. Ebbene, anche in quell’occasione la delibera è stata votata da tutti perché, si è detto, «la Tassano lavora nel sociale e non ha nessuna altra finalità che non sia quella del miglioramento delle condizioni di vita dell’uomo». Il presidente del Consiglio regionale, Gianni Plinio (An), ricorda quest’episodio introducendo la cerimonia che onora un movimento impegnato a «sanare violenze, odi e pregiudizi, aiutando gli ultimi degli ultimi». Per Sandro Biasotti (Forza Italia), presidente della Regione, la premiata è donna da possedere la rara capacità «di adattare la sua azione al cambiamento dei tempi, con un flusso intensissimo di spiritualità». Il ringraziamento di Chiara gioca sul filo della concretezza (vedi box qui sotto): racconta quanto i Focolari hanno fatto per la solidarietà e la cooperazione. Quindi annuncia di voler destinare la somma del premio ad un complesso scolastico a Dalwal, in Pakistan (affidato, guarda caso, una giovane genovese), comprendente anche la costruzione di un centro per il dialogo cristiano-musulmano, reso possibile dall’azione del movimento lì presente da vent’anni. Giancarlo Mori, ex presidente della Regione, popolare, commenta: «Oggi conciliare carità e giustizia un impegno molto pesante: tutti noi sentiamo la necessità che ci sia un impegno per la soluzione dei problemi tra i popoli, delle diseguaglianze sociali. Quella di Chiara è una risposta vera». Michele Zanzucchi GENOVA LA CONCRETA Dal discorso di Chiara Lubich al Palazzo della Regione. Risale al ’69 il primo incontro della popolazione della Liguria con le attività di cooperazione dei Focolari. Eravamo stati interpellati per aiutare il popolo bangwa, nella foresta camerunese. Una volta superata l’emergenza della mortalità infantile, abbiamo sentito di doverli aiutare a svilupparsi anche economicamente. La prima necessità era assicurare l’energia elettrica. Era necessario collegare il fiume alla turbina con una lunga canalizzazione ben costruita. Un impiegato di uno stabilimento genovese decideva di diffondere queste notizie tra le maestranze dell’azienda. In breve tempo si rendeva effettiva la decisione di 550 su 700 lavoratori dell’azienda, di farsi trattenere, per nove mesi, l’equivalente di un’ora di lavoro al mese. Una volta acquistate le lamiere di acciaio, gli stessi operai, ed anche i loro dirigenti, fuori dell’orario di lavoro, hanno provveduto alla loro piegatura con una calandra, alla loro foratura e pittura. In questo frangente veniva in particolare luce l’inventiva e la voglia di solidarietà dei genovesi, non solo in quest’azienda, ma nell’intero ambito produttivo cittadino: l’incaricato di acquistare le lamiere, le otteneva da una azienda siderurgica, in consegna immediata e con prezzo scontato. Le vernici necessarie venivano offerte da un imprenditore del settore, e uno spedizioniere predisponeva gratuitamente le complesse pratiche doganali. Un armatore offriva il trasporto gratuito del materiale fino a Duala. Ed infine, pur essendo in sciopero, i lavoratori del porto decidevano di sospenderlo per caricare su un pontone l’automezzo e tutto il materiale. Tra i lavoratori dell’azienda che si erano dichiarati disponibili, venivano scelti due saldatori specializzati, per una missione di un mese a Fontem per il montaggio della canalizzazione. Ancora negli anni Settanta, su iniziativa dello scultore Valdieri Pestelli, si è lanciato il progetto “Genova per il Nord Est del Brasile”: grazie a 150 opere offerte dai pittori e scultori genovesi, vendute in varie manifestazioni con il patrocinio della Regione Liguria, si sono raccolte le risorse per creare a Recife, accanto ad una grande favela, una moderna falegnameria. Negli anni Ottanta è nata, secondo il nostro spirito, una azienda dedicata alla cooperazione allo sviluppo: il suo scopo non era il lucro, ma un “investimento in rapporti” con i popoli che si sarebbero aiutati. Tramite quell’azienda si sono dotati di pozzi di acqua potabile 25 villaggi dell’area predesertica del Benin. Infine quest’anno i nostri Giovani per un mondo unito hanno esposto il loro “Progetto Africa”, che prevede tra l’altro di dotare l’ospedale di Fontem di nuovi padiglioni per la maternità e per il trattamento dell’Aids.

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