I pensieri dei Bach

Non capita spesso che una musica sia instancabile. Anche geni come Mozart o Beethoven a volte possono provocarci una certa saturazione. Ma con i Bach questo sembra impossibile. La conferma viene ascoltando, all’Accademia Filarmonica Romana, il complesso Musica Antiqua Köln, da trent’anni maestri di interpretazione filologica dei secoli ‘6 e ‘700. Clavicembalo, viola, violino, violoncello e flauto originali succhiano dalle pagine di questi grandi una linfa unica, dosandola con tempi vivaci ma non parossistici, andanti ma non legnosi, timbri lucenti come l’argento del clavicembalo. Se dei figli Johann Christian (Quartetto in do magg.) e Johann Christoph Friedrich (Sonata in sol magg.) stupisce il brio, la grazia di uno stile galante ma non lezioso, così che il concerto è dialogo fra voci e pensieri; con il padre Johann Sebastian nella meravigliosa Offerta musicale BWW1079 si entra in un’architettura gotica dai mille pinnacoli. Con lui, ma anche – in parte – coi figli, si assiste ad un fenomeno per cui non c’è diaframma o muro fra noi e l’artista, ma egli si comunica senza mediazioni. Ci si rivela il senso di un pensiero formidabile, dalle pro-fondità quasi insondabili sotteso ad ogni nota, di essa anzi radice. Questa è musica pensata, in cui fantasia e rigore, cioè intuizione ed intelletto, viaggiano in un unicum armonico che appare quasi un come in cielo così in terra. I 13 brani – canoni, sonate, ricercari – si aprono e si sviluppano come frasi amorose dai toni infiniti, costruite su un tema fondamentale scarno. Esso, nel suo dispiegarsi, esplora dissonanze metafisiche già novecentesche e raggi pre-mozartiani. La fantasia non esce scarnificata dalle variazioni contrappuntistiche, ma sublimata. Nell’ultimo Ricercare a sei per solo clavicemba- lo, ad esempio, sembra di assistere ad un gioco sonoro di specchi, che rifrangono una sola luce. Sarà una luce intellettual, piena d’amore? Forse è questo pensiero – che contiene secoli di civiltà e immensa capacità riflessiva – a muovere la grande architettura bachiana. Il pubblico istintivamente l’ha afferrato. Come qualcosa che non si vuol perdere. Christian Zacharias L’aspettavamo, il talentoso pianista, in Chopin e Liszt. E non ci ha deluso. Il Notturno in do min. op 48, la Polacca Fantasia in la b.magg. op. 61 e la Polacca in fa d.min. op. 44 sotto le dita di Zacharias vibrano di enfasi struggente, di carica emotiva e rompono schemi ordinati per una visione che è un cantare su tutti i toni: come vuole Chopin. Ma nella Sonata in si min. di Liszt, il pianista tocca sino in fondo il pensiero forte sotto a questa musica riflessiva ma pure intemperante (1853) nei tre temi attorcigliati sino ad un finale più che pianissimo di cui Zacharias evidenzia al massimo il mistero. Opera intensa, estesa, di grande concentrazione che seduce il pubblico all’Accademia Nazionale Santa Cecilia, perché collega filosofia fantasia e vita. Un lavoro da riascoltare subito a casa dopo questa grande interpretazione. CLASSICADISCHI Il mio Verdi. Cofanetto di 2 cd, edito da Great Opera Performances, 23 arie verdiane live interpretate dal soprano romano Gabriella Tucci, splendida cantante-attrice per chiarezza di dizione, estensione vocale, presenza scenica. Diretta da maestri come Abbado, Solti, Levine, Santi, Bernstein e così via, l’artista offre un ennesimo saggio di cosa significhi interpretare Verdi.

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