I grandi del concerto & Un Barbiere elettrico

Roma, Accademia Nazionale Santa Cecilia. Gaio, ironico, sfacciato. A 27 anni S?ostakovic? si diverte nel Concerto n.1 in do min. per piano, tromba e archi citando passato e presente con la ricchezza di idee dei giovani (stupendi Mikhail Rudy, piano e Andrea Lucchi, tromba). Ma quando Mstislav Rostropovic? attacca la Sinfonia n. 8, anno 1943, tutto cambia. Una discesa-ascesa dantesca nell’oltretomba fra terribilità esplosive, ascese difficili, attimi di burla crassa ed un Finale evaporante dopo oltre un’ora di agitazioni. S?ostakovic ? seziona frammenti, li mescola con il turgore strumentale, fra tragedia ed elegia. Rostropovic? guida con polso ferreo l’ottima orchestra tra stridori e sospiri filamentosi dei violini e bassi spaventosi: una energia indomita e gioiosa. Altra cosa il pianismo di Grigory Sokolov, temperato in Bach, tempestoso in Beethoven (Sonata in re min.), vaporoso nella Sonata in fa d.min. di Schumann. Sokolov vive di concentrazione assoluta, è ogni volta la musica che suona: un tocco senza eguali, una potenza sentimentale tutta e solo anima: egli genera da sé il silenzio assoluto, il fascino dell’amore per la musica. Poteva l’anno mozartiano ceciliano dimenticare lo storico Quartetto Alban Berg? I quattro meravigliosi solisti gareggiano tra loro in Mozart (Quartetto in re min. k 421 e in do magg. k.465 le Dissonanze) e in Bartòk (Quartetto per archi n.6). La comunicativa, l’eleganza del fraseggio sono uniche. Il Mozart delle dissonanze è così lontano dall’Amadeus estatico, con quegli strascichi sentimentali e la voglia di evadere dagli schemi. Ma è in Bartòk che forse si dà il meglio: si scava la malinconica tristezza dell’esule sottesa all’ironia. Ma è la burla di chi dentro sanguina. Sconvolgente la bellezza musicale. UN BARBIERE ELETTRICO G. Rossini, Il Barbiere di Siviglia. Bologna, Teatro Comunale. Corre scintillante il bel suono ora voluttuoso ora aereo dell’orchestra bolognese, spinta da Daniele Gatti quasi a precipizio durante la commedia rossiniana riproposta nell’allestimento del Rof pesarese con la regia di Ronconi, le scene di Gae Aulenti e i costumi di Giovanna Buzzi: una rivisitazione ironica degli allestimenti anni Quaranta-Cinquanta, fantasiosa com’è di Ronconi e amici; a cui il direttore crede, vista l’impostazione elettrica della sua direzione. Certo, i cantanti-attori, per quanto bravi (Bruno Praticò ormai è don Bartolo) sembrano talora faticare a seguirlo, ma ce la fanno, e bene: penso al don Basilio del giovane Alex Esposito, voce preziosa dal futuro assicurato, al contralto Marianna Pizzolato, debuttante nel ruolo di Rosina, cui la verve naturale di attrice – sempre misurata – e le doti di freschezza timbrica, estensione vocale, bellezza di fraseggio ne fanno una protagonista ormai sicura del ruolo. Con voci del genere – e italiane, una volta tanto – l’Opera del Belpaese può sperare. Puntuale il coro, nei suoi momenti della vulcanica messinscena. Rossini fa furore e l’en-tusiasmo del pubblico bolognese non è da meno.

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