I funerali di Lucio

Dalla è di tutti, come gli artisti che riescono a esprimere qualcosa di quello che vive nel cuore di ognuno. Perché tirarlo per la giacchetta, quando non può più farsi presente?
Funerali Lucio Dalla

Lucio Dalla “è volato”, per dirla con un’espressione poetica che probabilmente gli sarebbe piaciuta. La sua città, Bologna – il popolo di Bologna – era accanto a lui, ieri, in Piazza Maggiore e dentro la cattedrale di San Petronio. Bisogna riandare ai funerali di Pavarotti per ritrovare un simile consenso popolare intorno a un grande artista. Perché Lucio è stato un “grande”, non solo nell’arte. Anche nella discrezione con cui aveva avvolto la sua vita privata. Un atteggiamento che da solo vale molto, in un tempo di sensazionalismo mediatico. Al quale non è purtroppo riuscita a sfuggire gran parte di giornali e televisioni, e neanche buona parte dei vip presenti al funerale.
 
È sembrato uno sbandierare gli spunti di fede e la sfera (privatissima) della sessualità, da diversi fronti, con una tale mancanza di sobrietà e con polemica inutile in questa situazione, che penso costituisca nei fatti un’offesa alla memoria di un uomo aperto, ma discreto sul suo privato, capace di trasformare l’interiorità in poesia. Una vera caduta di stile, purtroppo. Che dimostra un provincialismo duro a morire, una scarsa capacità di “volare più alto”. Perché di fronte agli artisti conta, in certi momenti, se non sempre, il silenzio. Sono infatti le loro opere a parlare.
 
 

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