I carismi parlano all’uomo e alla società

La storia documenta il significato che i carismi hanno avuto per la società. Un contributo ancora attuale e una presenza tutta da riscoprire.
Pentecoste

Sarà forse solo un dettaglio, per coloro che vi abitano è naturale, ma è molto interessante. A Santiago del Cile molte strade del centro città hanno un nome che evocano la storica presenza delle comunità religiose: agostiniane, gesuiti, mercedari, teatini, francescani, carmelitani…

Questi nomi si sono imposti sicuramente per l’uso popolare e per il significato che tali presenze hanno avuto per la cittadinanza. Eppure si può vedere in tutto ciò una metafora circa la natura e la missione delle comunità religiose nella città: essere come le arterie di un corpo, attraverso le quali circola quella vita e quell’alimento che Gesù è venuto a portare all’umanità, che la fa essere sempre più pienamente “umana” e fraterna e attraverso cui tutto l’organismo si nutre e cresce.

Cosa siano stati i carismi lungo la storia lo documenta il passato della vita consacrata, ma anche il presente. Basta spostarsi infatti nelle periferie delle grandi città, segnate spesso dal dramma dell’emarginazione e della povertà, per costatare come una comunità religiosa sia un punto di riferimento e un fattore importante per la promozione umana integrale, per la realizzazione di nuove iniziative sociali e culturali a favore dei più disagiati.

Questo servizio concreto dei consacrati a favore dell’umanità, specie di quella più bisognosa, produce sempre in tutti una grande stima e riconoscenza. Per la Chiesa essi danno una testimonianza fondamentale al mondo: attraverso di loro, Gesù continua ad essere presente sulla terra, beneficando tutti. Per la vita consacrata è un modo di vivere quella parola di Gesù per la quale ogni piccolo gesto di amore concreto verso i suoi fratelli più piccoli, egli lo ritiene fatto a sé.

Le nuove povertà del nostro tempo presentano delle sfide inedite alla missione delle comunità religiose, che sono chiamate a rispondere con lo stesso spirito creativo ed evangelico dei loro fondatori. Non è semplice, anche per una certa difficoltà interna della vita consacrata.

C’è un grande desiderio, specialmente nei giovani religiosi, di vivere con radicalità la chiamata di Gesù. Come c’è un gran bisogno di essenzialità, più forte dell’affidamento alle strutture e ai mezzi della missione.

L’essenziale per la vita consacrata è la persona di Cristo, il Risorto che ha assicurato di rimanere per sempre in mezzo ai suoi. Una presenza da riscoprire e riattualizzare ogni giorno, rimanendo uniti nel suo nome, cioè nel comandamento nuovo che Gesù ci ha lasciato. Vivendo così i consacrati saranno riconosciuti come suoi discepoli e irradieranno la sua pienezza di vita.

Sarà lui allora a suggerire i modi della missione, facendo fiorire una vita nuova attorno alle comunità religiose e infiammando di nuovo i cuori, come fece un giorno con i discepoli di Emmaus.

È quanto la Chiesa chiede in questo tempo a tutti, e specialmente ai consacrati e consacrate: riscoprire la spiritualità di comunione, per vivere più intensamente la vita fraterna ed essere testimoni credibili di quella fraternità di cui le città hanno tanto bisogno.

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