I bambini ci guardano

Volo Az 1740. In ritorno da Catania a Roma per un breve fine settimana di vacanze, mio figlio Gabriele di cinque anni ha paura. L’aereo lo terrorizza. Mi stringe tutto il tempo la mano e gli tremano le gambe. Non so cosa fare per calmarlo. Mi ricordo che anch’io avevo paura dell’aereo. Gli racconto che, volando verso Istanbul, riuscii a superare la paura perché mi misi a parlare con il Cielo. Passa qualche minuto e si calma. Dopo un po’ mi racconta che ha parlato con Gesù sottovoce e gli ha riferito delle sue paure e che Gesù lo ha calmato. Racconto questo episodio perché mi ha fatto riflettere. Cosa c’è di più grande per un cristiano che donare ai propri figli la possibilità di avere un rapporto personale con Gesù? È la stessa eredità e il più grande dono, insieme a quello della vita, di cui sono immensamente grato, che ho ricevuto dai miei genitori. È la certezza di avere un papà celeste che ci ama di un amore infinito e personale che ci fa affrontare il viaggio della vita, pur in mezzo a prove e sofferenze, con una serenità d’animo che non si può comprare in nessun centro commerciale. Nemmeno in un discount. Abituati, come spesso siamo, ad una vita puramente consumistica, crediamo che basti soddisfare le esigenze materiali dei nostri figli per farli felici. L’orizzonte di senso che ci dà, invece, la fede nel Dio della vita eterna è il compito di una paternità e maternità pienamente responsabili. Sacre statistiche L’ultima ricerca apparsa in Italia, dell’Istituto Iard, su come i nostri ragazzi vivono il rapporto con la religione ci dice che è in atto un processo di indebolimento della dimensione religiosa, con una progressiva perdita di importanza da una generazione a quella successiva. In larga percentuale – disse il card. Camillo Ruini nel 2003 – quei percorsi di trasmissione della fede, la famiglia, le scuole, gli ospedali, le occasioni di festa, sono ormai impraticabili. In una società in cui siamo soggetti ogni giorno ad un bombardamento culturale che propone messaggi, modelli di comportamento, stili di vita in cui la dimensione del sacro è sostanzialmente assente, la trasmissione della fede avviene, nel 37 per cento dei casi, in famiglia per merito delle nonne e delle mamme. Se, dunque, Benedetto Croce all’inizio del Novecento affermava che non possiamo non dirci cristiani, oggi, invece, dovremmo dire che cristiani non si nasce più, lo si diventa. Come? Occorre riecheggiare fedelmente – ci dice Alba Sgariglia dei Focolari – la voce di Gesù, la sua parola, la sua vita, i suoi insegnamenti, per suscitare una risposta altrettanto fedele, genuina, autentica, in coloro ai quali è rivolta. E occorre farlo subito, anche nei bambini ancora in tenera età e in modo nuovo. Non con lo stile della serie che barba, che pizza!. Un nuovo stile Un utile strumento formativo sono i sussidi ai quattro catechismi ufficiali della Cei editi da Città Nuova. Si rivolgono soprattutto ai catechisti, ai sacerdoti e alle religiose, ma anche agli insegnanti e ai genitori. Nascono dall’esperienza della vita e dallo studio e dal confronto tra teologi, catechisti, mamme e bambini, perché l’iniziazione cristiana richiede sempre più un coinvolgimento e una formazione parallela dei genitori e delle famiglie. Sta nascendo una nuova comprensione – sostiene Christiane Heinsdorff, che segue i bambini dei Focolari – del ruolo del catechista; stiamo passando da uno stile scolastico, tipico di una lezione, ad uno stile dinamico-relazionale, declinato nell’autocoinvolgimento e nell’accompagnamento permanente. Non basta più tagliare il traguardo della prima comunione e della cresima, ma si dovrebbe consolidare sempre la fede nella vita di tutti i giorni, da grandi e da piccoli. Un viaggio a tappe Il progetto catechistico è strutturato come un viaggio alla scoperta della vera felicità, intesa come pienezza interiore, frutto dell’unione con Dio che nasce dall’amore del prossimo. I quaderni attivi, da dare in mano ai bambini sono articolati in un percorso di 15 tappe. Ogni tappa contiene un riferimento al capitolo del catechismo a cui si riferisce, un approfondimento e un motto da vivere ogni settimana. La prima tappa tratta il tema Dio è padre nostro, che si mette in pratica vivendo lo slogan siamo tutti fratelli, trattiamoci così. Ogni tappa contiene, raccontata a fumetti, un fatto vero di Vangelo vissuto dai bambini stessi. Il quaderno si utilizza come un album personale da comporre a puntate con foto, disegni, giochi. Ogni tappa si conclude con la preghiera, per imparare a parlare con Dio. In più, ecco il dado dell’amore da ritagliare e realizzare. Ognuna delle sei facce del dado contiene un invito a vivere ogni giorno un aspetto dell’amore evangelico. Ulteriore novità è lo studio dell’immagine, dei colori e dei disegni che corredano i sussidi: vedere per credere. Patente per la guida È stata preparata anche una guida per il catechista, come aiuto per il suo delicato compito formativo. Per ogni tappa ci sono utili suggerimenti sia contenutistici sia di attività da fare con i bambini. Si va dagli spunti per il dialogo con indicazioni su come favorire lo scambio di esperienze vissute sul motto da vivere, alla descrizione dei giochi di gruppo, a come aiutare i bambini a pregare esprimendosi liberamente. Nell’appendice si trovano delle proposte per i ritiri da svolgere durante l’anno e la partitura delle canzoni, a tematiche evangeliche, contenute nel cd La felicità di amare e composte in modo adatto al linguaggio dei bambini. L’obiettivo finale è far trovare ai bambini con semplicità e immediatezza un rapporto con Dio nel proprio cuore, attraverso l’amore al fratello, perché il bambino – disse nel 2000 il card. Joseph Ratzinger – non ha l’anima alterata da sovrastrutture culturali e ha integra la capacità interiore di percezione.

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