Ho perdonato l’assassino

Un giovane sceglie di non vendicarsi dell’uccisione del fratello e coinvolge la famiglia in un gesto evangelico che sorprende l’intero paese    
Perdono

Questa storia arrivata dalla Calabria e ha per protagonista un giovane padre di due bambini e con un terzo in arrivo. Per la delicatezza dell’argomento non metteremo il suo nome, ma lasciamo a lui raccontare cosa può provocare il Vangelo vissuto in famiglia e nella comunità cittadina.

 

«Sono nato in un piccolo paese della Calabria, dove si crede che la vera legge è quella del più forte. Anch’io credevo che fosse così e che questo mi aiutasse a farmi rispettare.

Così è stato fino all’età di 15 anni, quando ho conosciuto dei giovani che facevano parte del Movimento dei Focolari. Questi giovani mi accettavano e mi amavano per quello che ero, non per quello che avevo, quello che facevo o perché avevano paura di me o della mia famiglia. Sono rimasto affascinato da questo modo di vivere, coerente con il Vangelo e controcorrente e ho voluto provarci anch’io.

 

Uno dei miei fratelli, invece, era stato attratto in un giro malavitoso. A 18 anni si era sposato ed a 21, già padre di due figli piccoli, è stato ucciso in un conflitto a fuoco. Quel giorno stavo tornando da scuola, quando un amico me lo ha detto. Arrivato a casa, vedendo i miei familiari in lacrime, abbracciai quel dolore e subito sentivo che l’amore concreto per mio padre, mia madre, gli altri miei fratelli potevano in qualche modo consolare questa ferita.

 

Da noi non esiste la rassegnazione e la vendetta poteva essere un pericolo imminente. Rimasi, quindi, con mio padre per paura che combinasse qualche sciocchezza. E io avevo perdonato come chiedeva il Vangelo? Nel mio cuore la risposta era sì, come aveva fatto Gesù in croce, ma certo non sono stati mesi facili. In paese si aspettava la vendetta. Tanti mi portavano rispetto per paura, altri mi isolavano. Ma io ripetevo dentro di me a Gesù: Questo dolore sei tu, è un tuo volto! E non mollavo nella mia decisione di continuare ad amare.

 

I rapporti tra la mia famiglia e mia cognata sono diventati sempre più freddi ed io ero l’unico che invece facevo qualche lavoretto per lei o compravo un vestito o un paio di scarpe per i miei nipotini. Queste piccole cose hanno aperto anche il suo cuore al perdono, anche se c’è voluto un bel po’ di tempo. Sospettavo da alcuni segni che mio padre stava preparando la vendetta, pur con timore ho deciso di parlargli della mia scelta di continuare ad amare e gli ho proposto di dimenticare. Ho visto mio padre sciogliersi in lacrime: era la prima volta che qualcuno gli parlava di questo tipo di vita e di questo amore che sa vedere oltre le faide.

 

Quello stesso anno, i miei genitori hanno deciso di trasferirsi a Milano per motivi di lavoro e mi hanno chiesto di seguirli. L’idea di lasciare la mia terra mi addolorava molto. Pensavo: se tutti partono, chi resterà, chi cambierà qualcosa? Sono rimasto nonostante le pressioni da parte di parenti e familiari: ora c’era il degrado morale del mio paese da cambiare.

Ho cominciato a guardarmi attorno. Molti ragazzi, nella mia realtà sono a rischio e chiunque può incappare in cattive compagnie e finire in brutte acque. Ho organizzato una squadra di calcio, fondata sul rispetto reciproco delle persone e delle regole: oggi la maggior parte di loro ha fatto una scelta cristiana.

 

Sono stato eletto consigliere del mio comune che ha una situazione finanziaria disastrosa: non c’erano soldi ma i tombini delle acque piovane andavano puliti per evitare rischi di allagamenti. Ho proposto ai consiglieri di farlo noi e così provvisti di pale e picconi, davanti agli occhi increduli della popolazione siamo riusciti a sbloccare i canali e i tombini. Da lì tante sono state le scelte diverse che ho fatto e ho proposto di fare sfidando lo stupore e, a volte, il risentimento di quei concittadini abituati ad una condotta civica illegale o priva di qualsiasi moralità e la sorpresa poi cresceva perché nonostante la mia situazione finanziariamente precaria, non sono mai sceso a compromessi e non fatto di tutto per tutelare i miei interessi.

 

Tornando alla situazione della mia famiglia, ultimamente ho avuto una discussione con un mio cugino che non capiva come io avessi potuto perdonare chi aveva ucciso mio fratello. Mi ha detto che non ero degno del cognome che porto  e questo nella mia cultura locale equivale ad un’offesa gravissima. Il dolore è stato fortissimo, tante ferite si sono riaperte e io mi sono ritrovato a ripensare la mia scelta, ma anche stavolta ha prevalso la ragione dell’amore e ha convinto anche lui a cambiare atteggiamento, mentre a me ha riempito la vita di una gioia e una pace indescrivibili

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