Ho fatto una promessa

Nicola Legrottaglie - Piemme
Legrottaglie

«Noi Legrottaglie vivevamo in una casa affacciata sulla piazzetta della Collina di Mottola, Dentro ci stavamo io, mia sorella Celeste, più grande di me di due anni e mezzo, mio padre, mia madre e mio nonno materno, Giovanni. A ripensarli oggi, quegli anni, col tempo che è passato, il primo ricordo che mi riaffiora alla mente è proprio quella casa in cui sono cresciuto, quella che fuori aveva la piazzetta dove tutti i ragazzini del quartiere venivano a giocare a pallone».

 

È l’incipit del libro testimonianza del calciatore juventino Nicola Legrottaglie Ho fatto una promessa, edito dalla Piemme e curato da Matteo Orsucci. Una famiglia, quella di Nicola, come tante, dove però pulsa un cuore religioso, quello della madre Lucia, donna di profonda e radicata fede cristiana di tradizione evangelica.

 

La passione per il calcio si manifesta in Nicola fin da bambino proprio nella piazzetta davanti alla sua casa, sostenuta però dal papà che segretamente sogna una carriera sportiva per il suo ragazzo. A dieci anni, in quinta elementare, inaspettata arriva in classe una circolare che invita i ragazzi del paese ad un provino calcistico sul campo sportivo, per un futuro campionato nella categoria dei pulcini Juventus Club. Nicola vi partecipa e viene scelto fra tanti, ma la mamma non esita a manifestare con forza la sua perplessità, intravedendo nel calcio una strada che avrebbe potuto portare il ragazzo lontano dalla famiglia.

 

Qualche anno dopo spunta all’orizzonte la possibilità di rivivere la stessa esperienza nel Bari, a pochi chilometri da casa. «Furono anni davvero pesanti, tra studi e allenamenti. A scuola mi mantenevo sul filo della sufficienza… ma sarei crollato di lì a poco per i troppi impegni sportivi». Tuttavia è esaltante l’esperienza che lo vede tutte le domeniche sul campo di calcio per la gioia del papà e del nonno materno, con il quale Nicola divide la cameretta, che sogna di vedere il nipote grande calciatore in serie A.

 

Fu proprio una sera, dopo aver dato la buona notte al nonno, che Nicola, appena quindicenne fece una promessa. «Pregando Dio, quel Dio che mia madre avrebbe voluto che avessi sempre dentro di me, io pregai più forte: “Signore che dici di esistere, il mio sogno è diventare un calciatore di serie A. Se farai che un giorno lo diventi, sarò per te un missionario nel mondo”».

 

La sua fede che fino a quel momento era stata una sorta di pratica abitudinaria, quella notte si risveglia in quella preghiera. E da quel giorno la carriera di Nicola è tutta in ascesa. Si diploma perito tecnico e, dopo l’esperienza della C1 con Pistoiese e Prato, viene acquistato dal Chievo nel 1998 a soli 22 anni, esordendo proprio in serie A nel 2001. Nel 2002 poi la prima convocazione in nazionale e nel 2003 il passaggio alla Juventus, dove tuttora gioca.

 

Quella promessa di tanti anni prima è però del tutto dimenticata: la vita di Nicola scorre tra campi sportivi, lusso e donne, proiettata sempre più in una sfolgorante carriera, dove però non tardano a manifestarsi le prime frenate, i contraccolpi imprevisti e gli incidenti di percorso.

Non poche volte affiora un senso di smarrimento e non completo appagamento. «Nicola, ma che stai facendo? Tu stai avendo molto e devi ringraziare il Signore… ma tu per Lui cosa stai facendo?». Inizia un periodo durissimo dal punto di vista calcistico: il rendimento è sempre più scarso: i tifosi cominciano a fischialo e i giornalisti a denigrarlo. Ormai «Nicola Legroittaglie è un giocatore finito!».

 

La Juve, intanto lo cede al Siena e nel Siena avviene l’incontro con il giocatore Tomas Guzman. È uno di quegli incontri che capovolgono la vita. Guzman, che vive con impegno la sua fede, aiuta Nicola a superare quel momento di sconforto e a rimettere Dio al primo posto nella sua vita. Così Nicola ridiventa quel ragazzo di tanti anni prima, riprende tra le mani la Bibbia e riscopre la forza segreta di quelle parole che cerca con tutto se stesso di vivere.

 

È l’inizio di una trasformazione interiore ed umana, che ridarà a Nicola lo slancio interiore necessario per vivere il suo sport con entusiasmo rinnovato, nel forte desiderio di vedere un giorno il mondo trasformato dall’amore, da quell’amore che Gesù è venuto a portare sulla terra per renderci felici.

 

Nicola non esita a dichiarare, nelle interviste per stampa e televisione, la sua nuova scelta di vita, a parlarne agli amici, ai giovani che incontra nelle trasferte, ai fans sportivi che gli chiedono con insistenza il perché di questo deciso cambiamento.

 

E sempre nel racconto egli torna a quella casa in Puglia, all’esperienza di quell’infanzia felice: «C’è una cameretta e c’è un bambino che pregò Dio con cuore sincero di essere un calciatore. C’è quella promessa che è stata mantenuta, seppure con mille ricadute… Quel bambino oggi è qui. Non ha molte cose da dire. Se non che fa il calciatore e cerca di essere un buon cristiano. E questa è solo la sua testimonianza».

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