Guerra d’Ucraina nel calcio: Stratton e la differenza di chi sceglie

Il 29 luglio si è tenuta una partita solidaria al Goodison Park di Liverpool tra l’Everton e la Dinamo Kiev. Il ricavato sarà destinato in beneficenza per aiutare l’Ucraina devastata dalla guerra.
Una famiglia di rifugiati ucraini canta l'inno prima di una partita di calcio di beneficenza. Foto: LaPresse/AP Martin Meissner

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ordinata dal presidente Putin, ha causato la morte di migliaia di civili e delle forze armate che difendono il Paese, mentre milioni di rifugiati sono fuggiti nelle nazioni vicine. Il 18 luglio le Nazioni Unite hanno dichiarato di aver registrato 5.110 morti tra i civili dall’inizio dell’attacco russo, il 24 febbraio, e altri 6.752 feriti. Un evento a dir poco drammatico che ha segnato e insanguinato questo 2022, senza lasciare inevitabilmente intonsi altri settori, come lo sport, che si ritrova spesso e volentieri a marcare posizioni, difendere scelte, giustificare azioni o commentare.

Una scena di rara intensità emotiva è stata registrata in proposito venerdì 29 luglio sera al Goodison Park di Liverpool, dove l’Everton ha ospitato la Dinamo Kiev nella sua ultima amichevole prestagionale prima dell’inizio della Premier League che vedrà i “Toffees” esordire in casa il 6 agosto contro il Chelsea. Un match organizzato prevedendo il ricavato in beneficenza in aiuto dell’Ucraina devastata dalla guerra condotta dalla Russia. Ebbene, i tifosi dell’Everton hanno risposto con entusiasmo, assiepando l’impianto in 30mila per partecipare alla causa, ma il momento più toccante della serata è arrivato nel finale di partita quando, sul punteggio di 3-0 per l’Everton, l’allenatore Frank Lampard ha chiamato a sé un giocatore dalla panchina per farlo entrare in campo e tirare un calcio di rigore.

Le immagini hanno indugiato a quel punto su un omaccione dal fisico ben poco atletico vicino al tecnico dei “Toffees”, pronto a ricevere qualche indicazione, prima di commuoversi. Di fatto, non era un calciatore della rosa, ma l’ex agente di polizia Paul Stratton, distintosi negli scorsi mesi per avere instancabilmente percorso avanti e indietro 2000 chilometri ripetutamente verso il confine tra Polonia e Ucraina, con la missione di portare rifornimenti a chi in quel momento aveva perso tutto, offrendo tutto l’aiuto possibile. Stratton, con la sua macchina, ha dato letteralmente tutto, volontariamente: grande tifoso dell’Everton, non poteva credere di essere premiato dal suo club venendo convocato per andare in panchina nella suddetta amichevole contro la squadra più titolata d’Ucraina. Come prevedibile, le sue emozioni sono sfociate in pianto commosso quando mister Lampard si è girato verso di lui e gli ha detto di entrare in campo per calciare il rigore, abbracciandolo prima che si incamminasse verso il dischetto.

Per la cronaca, Stratton ha realizzato il penalty, pur col portiere ucraino non esattamente reattivo, nel tripudio di Goodison Park, per un momento di gloria a dir poco meritato. Un gol per un segno di pace e di rispetto per Stratton, nuovo eroe di Liverpool, simbolo di una partita dai significati più grandi di lui. Era la prima partita sul suolo britannico giocata dal club ucraino dopo il conflitto che ha interrotto la stagione: l’accordo prevedeva che i tifosi devolvessero 1, 5 o 10 sterline a un fondo per il popolo ucraino. 44 anni, tifoso dei blues ma soprattutto volontario esemplare, Stratton è il simbolo di un’umanità sportiva che ha fatto una scelta precisa. Non contento di continuare a osservare da lontano la tragedia in Ucraina, a marzo era partito in auto con una sacca contenente qualche maglietta, un paio di mutande, lo spazzolino da denti ed un piccolo quaderno con gli appunti sulle città e le zone più a rischio.

Accompagnato da un interprete polacco e sfruttando una rete di ex colleghi della polizia e dell’esercito, con i quali aveva lavorato a Liverpool, aveva raggiunto Przemyl, in Polonia, incominciando ad aiutare i profughi di una guerra folle: altro che Brexit. Ora, è vero che il futuro dell’Everton è legato all’ambigua figura del proprietario Farhad Moshiri, di origine iraniana e domiciliato a Montecarlo, che ha un patrimonio personale di oltre due miliardi di euro ed è anche presidente e azionista di USM, un’azienda russa nel campo dei metalli e delle tecnologie. Ma il dato è che Moshiri ha teso la mano alla Dinamo e la gente di Kiev ha visto, laddove non bombardata, in diretta tv. E non sarà passato inosservato neanche questo, tra i calciatori del capoluogo ucraino allenati da Mircea Lucescu, bersagliati invece da orribili cori inneggianti a Vladimir Putin proprio mercoledì scorso 27 luglio, a Instanbul.

Perché c’è sempre una ragione e un momento storico diverso, per scegliere, ma in qualche modo si è sempre chiamati a farlo: non stupisce purtroppo che alcune decine di tifosi turchi del Fenerbahce abbiano infatti cantato il nome di Putin durante la gara di ritorno del secondo turno di qualificazione alla Champions League, in spregio ai ragazzi della Dinamo. I cori erano iniziati dopo che Oleksandr Karavayev aveva portato al vantaggio decisivo gli ucraini nella seconda frazione di gioco, al 114° minuto, nei supplementari, dopo che le squadre avevano chiuso i tempi regolamentari sull’1-1. Si continua a versare sangue: qualcuno sceglie di invadere e qualcuno è costretto a scappare o a difendersi, magari uccidendo per non essere ucciso. E si continua a riportare una triste cronaca: lo sport non fa eccezione e, come tale, sceglie ogni giorno da che parte stare, nel bene e nel male.

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